domenica, 06 Ottobre 2024
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domenica, 06 Ottobre 2024

In vacanza riusciamo davvero a staccare?

Tempo di lettura: 3 min.

Passiamo 11 mesi all’anno ad aspettare di partire per allontanarci dalle noie quotidiane e dalle grane lavorative. Poi però ce le portiamo dietro: con occhi e orecchie sul telefono e controllo compulsivo della mail…

“Sono in ferie a Castiglione della Pescaia, oggi c’è un sole stupendo e l’acqua è perfetta. Ma dimmi pure quali problemi ci sono al lavoro, non aspettavo altro”. Capita spesso di sentire questo tipo di frase, come risposta ad una telefonata più o meno inattesa, anche se a volte il nome della località può variare.

E quando capita, succede di domandarsi, soprattutto a chi non è direttamente coinvolto nella comunicazione telefonica, per quale ragione comunicare tutti quei dettagli – che sembrerebbero essere l’introduzione ad un cortese turpiloquio – per poi invece accettare la seccatura lavorativa facendosi magari anche carico della sua risoluzione.

 
 
 
 
 
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Si sa che per molti staccare dal lavoro non è facile, sia per esigenze oggettive che per il fascino di poter dimostrare agli altri villeggianti di essere persona indispensabile e molto impegnata, talmente tanto da non poter recidere il cordone ombelicale con la propria azienda neppure per 7-10 giorni all’anno.

Un approccio che solitamente non è graditissimo da amici e familiari, che si ritrovano ad essere messi in attesa, a dover congelare qualunque discorso ed attività balneare fino al momento in cui la mai breve comunicazione telefonica giunge al suo epilogo. Epilogo temporaneo, perché di solito il nostalgico del lavoro subisce incursioni continue da parte dei colleghi, del capo e dei collaboratori di grado inferiore, con i quali tenderà peraltro ad essere meno loquace e accondiscendente.

Torna alla mente un vecchio ma celeberrimo film di Carlo Verdone in cui l’attore romano interpreta il medico Raniero Cotti Borroni. Il Borroni, anche durante il viaggio di nozze, non riesce a spegnere o silenziare il cellulare – non ancora smartphone, quindi almeno privo di internet, email e chat – e non può evitare di rispondere “Non mi disturba affatto” ad ogni paziente che lo chiama, esponendo poi ad alta voce e con un certo compiacimento malattie, effetti collaterali e disagi fisici vari, con l’enorme soddisfazione di tutti gli altri viaggiatori.

 
 
 
 
 
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Fortunatamente non tutti lavorano in ambito sanitario e quindi molto più spesso le telefonate fronte mare riguardano ritardi nelle consegne, errori in qualche progetto, inaffidabilità generale di colleghi e dirigenti che di solito, complice la disinvoltura verbale che lo smartphone pare donare a tutti, vengo appellati con insulti e giudizi molto taglienti, che mettono in imbarazzo quasi più chi involontariamente li ascolta che non chi li formula.

Che poi alcuni lavoratori si rendono conto di non riuscire ad allontanarsi davvero dall’ufficio, dallo studio, dalla clinica o dall’antro male illuminato dove trascorrono solitamente le mattinate. Ed allora preferiscono prenotare direttamente un soggiorno con i colleghi, con la scusa di rinforzare il legame all’interno del gruppo di lavoro.

Oppure mettere le mani avanti e scegliere fin da subito un luogo in cui ci siano connessione ad alta velocità, postazioni di lavoro e stanze apposite per call e colloqui, lasciando intendere quale sarà il trend del viaggio.

Resta il grande mistero del motivo che ci porta a non staccare mai davvero dal lavoro, portandoci in spiaggia, sui sentieri o sulle rive del Garda tutti i pensieri, le rogne e le ansie da cui avremmo dovuto fuggire, pagandoci pure sopra.

 

 

Illustrazione di Gloria Dozio – Acrimònia Studios

2560 2560 Marco Squadroni
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