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lunedì, 07 Ottobre 2024

Già la chiamano generazione Covid-19

Tempo di lettura: 3 min.

Che ne sarà di loro?

Se Dagospia ha una funzione, questa è quella di essere un’ottima rassegna stampa tale da sopperire alla consueta lettura “della mazzetta” giornaliera.

Qui si trova un articolo, tratto dal sito internet del “Mattino”, che già dal titolo lascia attoniti: “A Roma come a Parigi, i pischelli si menano per noia (e per sfogare la rabbia) – nelle banlieue, è scoppiata la guerra tra bande di ragazzini: uccisi a coltellate un 13enne e una 14enne – il coprifuoco anti-covid invece di frenare gli scontri li ha resi ancora più cruenti – una quarantina di ragazzini, tutti fra i 13 e i 16 anni, si sono dati appuntamento per una mega rissa ed e’ stata uccisa una ragazzina che provava a dividere due litiganti…”

Segue la narrazione di tutta la vicenda, partendo dalla morte della piccola Lilibelle, pugnalata all’addome.

Roma e Milano hanno fatto scuola. Le risse al Pincio e le scazzottate a San Babila e di chissà quanti altri fatti minori sparsi per il territorio, altro non sono che spie di un dramma si poteva prevedere con almeno sei mesi di anticipo e per ben due motivi: il primo è che come la maggior parte di quella generazione ormai anziana, che nella sua adolescenza ha “vissuto la strada”, sa bene quanto basti poco a far scoppiare una scintilla.

Il secondo motivo è quello che da mesi va ripetendo in tutti i Talk Show il professor Paolo Crepet, ovvero che oltre alla crisi sanitaria e a quella economica, bisognava stare attenti alla depressione che le varie restrizioni di libertà individuale, a lungo andare, avrebbero causato un disagio comportamentale.

I prodromi si erano già visti nel primo Lockdown, quando un uomo correva nudo sui ponti di Roma, in pieno giorno e un altro con un machete minacciava i passanti spaventati, a Milano. Episodi isolati, circoscritti e poco allarmanti.

Nei mesi successivi proteste davanti ai supermercati, a Palermo e a Napoli, dovute alle condizioni di indigenza, accompagnate da qualche tafferuglio. Anche qui poca cosa, ma comunque episodi spia di un disagio, non solo economico, che stava lentamente crescendo.

L’allarme più grave che denunciava il professor Crepet, fin da Marzo/Aprile 2020, era nella scarsa considerazione verso i giovani e i danni che questi avrebbero subito dalla pandemia. Nemo profeta in Patria.

A questi ragazzi è stata tolta la scuola e lo sport, gli è stato delimitato il rapporto sociale e sono stati privati dell’affettività in una fase dove il testosterone comincia a farsi predominante. E ci si indigna per una rissa collettiva?

Ma meno male che una sana scazzottata sopperisca a singoli gesti estremi, di ben più drammatiche conseguenze. La vera cosa drammatica, soprattutto dopo il tragico episodio di Parigi è che le autorità e l’informazione derubrichino queste vicende come “fatti di microcriminalità”.

La tragedia della piccola Lilibelle può sembrare diversa dagli episodi italiani e nella sostanza lo è di certo, ma le Banlieue, non sono il Pincio o San Babila, i ragazzi dei sobborghi parigini hanno condizioni di vita ben diverse e problemi più atavici da quelli della borghesia delle zone ZTL italiane; eppure l’attuale situazione ha livellato il tutto, rendendo la paura del presente e l’incertezza o peggio l’incubo del domani, uguale per tutti.

Questo è il disagio giovanile e presentarlo come contesto criminale è a dir poco…criminale!

Oggi più di sei milioni di studenti si ritrovano a casa e si rischia la Dad per nove su dieci. E’ necessario? Non è questo il luogo per discuterne, non avendo gli strumenti per esaminare i documenti scientifici, ma se questa è la soluzione scelta allora deve essere accompagnata da provvedimenti di sostegno ai giovani, che sopperiscano in modo mirato al loro disagio.

Garantire loro la possibilità di fare sport in sicurezza, creare le condizioni per permettere quel minimo di socialità e non farli sentire isolati; prestargli quel minimo o tanto di considerazione per potersi esprimere, senza giudizi e pregiudizi.

Dal dopo-guerra in poi non si era mai assistito a proteste per voler andare a scuola, si protestava proprio per non andarci. E poi li si chiama immaturi. Non un politico di questo e soprattutto del passato governo si è mai preso il disturbo di parlare con gli studenti e ascoltare le loro parole. Non uno!

Ora l’informazione si sta rendendo conto che esiste il disagio giovanile, quando per mesi ha inseguito solo le polemiche politiche; peccato che “i buoi siano già scappati dalla stalla”. Altro che noia come titolava il “Mattino”!

Il costo di tutta questa cecità lo si valuterà nel tempo e la paura che sia molto alto è concreta. Intanto le numerose varianti del Covid-19 ci dicono che mirano proprio i più giovani. Ci manca solo che vengano declinati come i nuovi untori, dopo le balle raccontate sul Paziente Uno, quando fin da Ottobre/Novembre 2019, tanti medici di famiglia sparsi per il territorio, denunciavano la gravità di polmoniti anomale. 

 
 
 
 
 
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1920 1080 Gianfranco Gatta
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