Perché festeggiare l’infesteggiabile significa fare propaganda e niente di più
Sarebbe più facile indicare mille motivi per cui è svilente nascere donna piuttosto che cercare di dare un senso all’8 marzo in questo 2024. Nel 2024 come negli anni precedenti, d’altronde: magari facendo un’eccezione, ad esempio, per il 1978, l’anno della legge sull’aborto, un diritto che avrebbe senso festeggiare.
Il governo di destra, insediatosi nell’ottobre 2023, ha dato un’evidente frenata alla rincorsa di una parità di genere ancora molto lontana. È vero: ha vinto le elezioni Giorgia Meloni, prima donna a ricoprire il ruolo di presidente del consiglio in Italia. Una vittoria alla quale non corrisponde però alcuna azione che faccia sperare in un cambiamento della condizione femminile. Anzi.
Lo smantellamento del reddito di cittadinanza, la dichiarata contrarietà al salario minimo, tracciano una rotta che di fatto accentua il divario tra ricchi e poveri. Ed è immediato il nesso, se non lo fosse teniamo a sottolinearlo, con le inique condizioni culturali, sociali e professionali con cui ogni donna deve fare i conti.
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Impossibile scindere la violenza fisica, ripugnante ed esplicita, dalla violenza economica che passa più in sordina ma che risulta altrettanto penalizzante. Secondo i dati Ipsos (2023), almeno il 49% delle donne dichiara di aver subito violenza economica almeno una volta nella vita.
Ma che cosa si intende per violenza economica?
Nel 2019, meno del 40% di donne in Italia aveva un proprio conto corrente e la percentuale cresceva fino al 100% per chi ha un livello di istruzione basso. La condizione di disparità e la dipendenza economica dal proprio compagno o marito implicano l’evidente difficoltà a ricostruire se stessi, a ricominciare, dopo aver subito violenza fisica. E a staccarsi dall’uomo nonostante la violenza subita. E ancora il primato dei licenziamenti detenuto dalle donne, poi i part time obbligatori. A questo proposito è stato aperto lo sportello nazionale online di Mia Economia, dedicato alle vittime di violenza economica, per aiutare le donne indebitate o in difficoltà lavorative a causa di una relazione violenta.
Saltando di palo in frasca, perché troppe sarebbero le tematiche da affrontare in vista della riprovevole giornata di “festa”, abbiamo, noi donne, intenzione di avere dei figli?
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Chi puo’ dirlo, forse sì, forse no. Basterebbe essere libere di sceglierlo e nel caso in cui rimanessimo incinte non dover fare i conti con circa il 70% di medici obiettori. Basterebbe.
Lo scorso anno l’USB, Unione Sindacale di Base, ha risposto all’appello lanciato da “Non Una di Meno” proclamando lo sciopero contro ogni violenza di genere, da quella fisica, economica a quella istituzionale. Non ci resta altro, per tenere accesa la fiammella della speranza e coltivare un piglio rivoluzionario di cui abbiamo assoluta necessità, che continuare a scendere in piazza. L’insegnamento arriva da un racconto su Repubblica di Concita de Gregorio: “[…] quando vuoi fare qualcosa, intanto falla.”
E dunque gridiamolo forte: “viva le donne”, anche solo per il coraggio di esserlo.
Qui per avere maggiori informazioni sul corteo del 2024.
Illustrazione di Gloria Dozio – Acrimònia Studios