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venerdì, 11 Ottobre 2024

Dinosauri: il nuovo album di Tommaso Di Giulio

Tempo di lettura: 4 min.

Una fitta chiacchierata che passa da Roma, al metal, al tempo, ai dinosauri e agli squali

Tommaso Di Giulio è un cantautore romano che da poco ha lanciato un nuovo album dal titolo Dinosauri. Mi risponde al telefono per l’intervista, in una mattinata piovosa, sull’uscio di una porta di un appartamento, appunto a Roma, città che con grande stupore rivela di non amare poi così tanto.

Pioverà pure Tommaso, però almeno sei a Roma.

Quindi, peggio ancora!

Beh Roma è Roma.

Vero. Roma è Roma, ma è una città molto faticosa. A volte, per insofferenza, mi capita di parafrasare il tipico detto, trasformandolo in: “la cosa più bella di Roma è il treno per Milano”.

Posizione strana per un romano.

Sì, ma credo che, presto o tardi, sia fisiologico e sano avere questo rapporto di amore odio con la propria città.

Passiamo alla musica che ne dici?

Partiamo.

Domanda banale ma: raccontami come hai cominciato?

Quanto tempo hai?

Abbastanza.

Sono sempre stato un vorace ascoltatore e grazie ad un critico musicale che girava per casa ho imparato a conoscere e approfondire generi diversi. Pensa che all’inizio volevo fare il critico anche io, fondamentalmente perché avevo capito che ti mandavano i dischi gratis.

E poi?

Ad un certo punto sono stato folgorato dal suono del basso elettrico. È il primo strumento che mi ha conquistato, da piccolo avevo cominciato con il pianoforte e la chitarra ma senza grandi risultati. L’intro di Disorder dei Joy Division è stata un’epifania.

Andiamo avanti.

Un genere in particolare mi ha aperto la mente e fatto scoprire altri mondi musicali di cui non avevo idea: il metal.

Il metal?

So che sembra bizzarro, detto da un cantautore. Il pubblico metallaro resta il migliore. Si tratta di persone che vanno ai concerti realmente per vivere un’esperienza trascendentale e non solo per tirare fuori il cellulare e postare su Instagram. Sanno di partecipare ad un rituale, ad uno scambio energetico. Sono meno presenzialisti.

Interessante.

Credo che quando sali su un palco e suoni per delle persone si faccia teatro e i metallari sembra conoscano meglio la responsabilità del fare spettacolo, curano anche tutto il resto della performance, senza la pretesa di dare lezioni, salvo poi farlo davvero in modo molto naturale.

E il pubblico pop?

Più che pubblico pop ti direi che trovo meno interessante la proposta del mondo trap e dintorni. Lo dico a costo di sembrare un boomer, ma forse è solo una questione generazionale. Il pop, invece, sa essere estremo. Spesso più del metal. E a volte mi esalta.

Però tu non fai metal.

Vero, purtroppo, però grazie al metal ho scoperto generi musicali che mai avrei incontrato altrimenti. Continuo a raccontare: nei primissimi anni del liceo ho sentito l’esigenza di scrivere, quindi ho cominciato a lavorare ai miei primi brani. Prima in inglese e in un secondo momento in italiano.

Di cosa parla la tua musica?

Temo che ci vorrebbero giorni per rispondere a questa domanda. Ti direi: d’amore. Ma rischierei di essere frainteso.

Vuoi che ti chieda qual è il tuo colore preferito?

No, provo a riassumere. Cerco di non ripetermi troppo, ma se c’è un tema che ritorna spesso è quello dell’eterna lotta degli esseri umani con il tempo.

Filosofico. E poi?

Le contraddizioni, l’essere sopraffatti dai sensi e il cinema.

Dinosauri è il tuo ultimo disco.

È album che racconta della lotta impari tra esseri umani e tempo che passa.

Visione apocalittica?

No, riguarda un insieme di valori, di modi di essere o di pensare che stanno per estinguersi o sono già obsoleti. Lavorare a questo disco per me ha significato anche esorcizzare la paura per la fine di un mondo che sta scomparendo e capire come provare a vivere in quello dopo.

L’eterna lotta contro il tempo.

Alcune persone vivono fuori dal tempo per attitudine o per vissuto. È comunque sempre più difficile muoversi in una realtà così veloce come quella di oggi. Quelle persone, tra cui mi inserisco anche io, sono i dinosauri che danno il titolo all’album. Creature leggendarie e pesanti che pensavano di dominare il mondo per sempre e invece si ritrovano sull’orlo dell’estinzione. 

Cosa ti fa paura della società?

Mi fanno paura la dipendenza ormai dilagante dagli algoritmi e dall’intelligenza artificiale. So che il progresso non si può fermare e che il turbocapitalismo ha già vinto, però credo che  in troppi ne pagheranno le conseguenze, non solo chi lavora nel mondo della creatività.

Hai trovato, realizzando l’album, delle soluzioni per chi ha il tuo stesso timore?

Purtroppo no. Ma io non offro soluzioni, ho solo tante domande. Però mi auguro che in alcune delle mie canzoni qualcuno possa riconoscersi o trovare uno spunto di riflessione.

I giovani devono essere pronti a gestire il tempo e tutti i suoi cambiamenti?

Non lo so, io ho da poco compiuto 38 anni, non sono mica più tanto giovane.

Pensati giovane.

Il problema è che abbiamo preso in faccia un cambiamento epocale e questo divide le persone, non le unisce nel segno di una rivoluzione. Fisiologicamente molti rimangono indietro non riuscendo a stare al passo. E sembra che nessuno abbia più tanta voglia di venirti a salvare.

Ma qual è quindi il vero problema?

Eh. Tanti. Uno tra tutti il bombardamento di stimoli effimeri. L’offerta è enorme ed è votata ad un consumo rapido che poco si presta all’approfondimento. Ho la sensazione che siamo meno in grado di scandire la nostra vita e di avere contezza degli snodi che la compongono e che ci rendono partecipi e coscienti di determinate cose. A volte è come se tutto scorresse e basta.

I tuoi prossimi anni?

Devo provare a buttare giù un po di pancia.

Solo questo?

No, scherzo. Ma credo che preferirò continuare a lamentarmi delle troppe cose da fare e cercare di fare come gli squali che sono sempre iperattivi.

Prima i dinosauri e ora gli squali?

Sì. Sai com’è: gli squali se si fermano muoiono.

Illustrazione di Gloria Dozio – Acrimònia Studios
2560 1440 Fabiola Graziosi
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