La founder di Pannalù ha un unico obiettivo per il suo brand: che non smetta mai di raccontare la sua storia
Susanna Testa vive in un mondo sospeso tra sogno e realtà. L’inconscio e il pensiero laterale hanno per lei un ruolo privilegiato. Ideatrice del brand di gioielli Pannalù, abbiamo fatto quattro chiacchiere con lei per capire come sia possibile avere una visione così romantica della vita.
Susanna, chi sono le Dairy Fairies protagoniste della prima collezione Pannalù?
Talismani contemporanei, sono creature gioiello. Dairy Fairies significa fatine del latte. Mimosa Fairy, la prima, racconta un mondo lattiginoso e prezioso fatto di smalti e pietre in tonalità delicate e forme e volumi morbidi in argento e in oro.
Cosa fanno?
Nelle fiabe, la fata ricopre tradizionalmente il ruolo di donatore o aiutante. Allo stesso modo le Dairy Fairies sono fatine-gioiello che, nella vita vera e grazie al loro potere apotropaico, supportano e aiutano metaforicamente le persone nel convivere con le proprie fragilità contemporanee.
Come nascono?
Da scarabocchi che ingannavano l’attesa durante i miei viaggi. Sono una grande sostenitrice del valore della noia all’interno del processo creativo. La creatività, per germogliare, spesso ha bisogno di un tempo vuoto, in cui le idee nascono proprio perché non le si cerca.
E poi?
Dopo due anni ho deciso di dar spazio alla mia creatività all’interno di un progetto con un valore prima di tutto molto personale, liberamente creativo, e poi anche commerciale. Il gioiello si è rivelato lo strumento perfetto per iniziare questo percorso.
Ti definisci una designer?
Lo sono. Per vocazione e per formazione.
Quindi con Pannalù hai realizzato il tuo sogno.
Il mio sogno era quello di avere la possibilità di lavorare a un progetto creativo personale. Concretamente lo faccio attraverso il gioiello, che è lo strumento che sento vicino. Anche se non è l’unico. Nell’universo Pannalù, esistono foulard-gioco, skateboard, tatuaggi…
Quindi Pannalù non è solo un business.
Possiamo dire che non è un business che nasce a tavolino, ma qualcosa di più. Ha a che fare con la creazione di significati unici ma universali e il legame con la storia di tutte le persone che possono riconoscersi nei miei stessi valori.
Parlami del nome.
Pannalù è il nome che mi ha dato un’amica. Viene da una libera interpretazione di “Susanna Tutta Panna”. Ho pensato fosse perfetto, proprio per il suono onomatopeico, per intitolare qualcosa di accogliente, morbido, innocente e anche fragile.
Come comunichi Pannalù?
C’è un lavoro minuzioso dietro lo storytelling del progetto, la comunicazione è essenziale. L’intenzione è quella di raccontare sempre un mondo in bilico tra le incertezze del quotidiano e il rifugio dell’immaginario. Quello che ruota attorno al gioiello assume la stessa importanza del gioiello stesso.
Ti senti bambina?
Per certi aspetti sì. Emotività e leggerezza, spontaneità e a volte timidezza. Lo stesso vale per Pannalù.
In che termini?
Per ispirazioni ed estetica sicuramente. Anche se il messaggio che voglio lanciare si slega volutamente per contrasto dall’estetica fanciullesca, parlando di temi meno infantili.
Tipo?
Accettazione o coraggio di scegliere. Si tratta sempre di oggetti che raccontano, per le loro forme rassicuranti e il loro valore simbolico, come trovare soluzioni semplici a problemi complessi.
È possibile scoprire il mondo Pannalù cliccando qui.
Foto di Pannalù