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Un passo verso la sostenibilità, indossando ID.EIGHT

Tempo di lettura: 7 min.

Dagli scarti dell’industria alimentare possono nascere sneakers di design: l’idea rivoluzionaria di ID.EIGHT, all’insegna della sostenibilità e del made in Italy

Una da Napoli, l’altro da Seoul. La Toscana, il luogo che li fa incontrare per realizzare un progetto senza precedenti. Abbiamo intervistato Giuliana Borzillo, product manager di ID.EIGHT che, assieme al designer Dong Seon Lee, ci racconta come hanno dato vita a questo progetto.

È nata prima la passione per la sostenibilità o per la moda? Quali sono i percorsi che vi hanno portato a Firenze?

A essere precisi il luogo che ci ha fatto conoscere nel 2017 è stato un altro, significativo allo stesso modo: parlo del MICAM a Milano, una delle fiere leader a livello internazionale nel settore delle calzature. Cominciando a chiacchierare, scoprimmo di avere molte cose in comune: per un certo periodo avevamo persino vissuto a pochi isolati di distanza, senza esserci mai incontrati!

 
 
 
 
 
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Prima la moda o la sostenibilità? Beh, il concetto di sostenibilità è diventato di dominio pubblico da pochissimo, mentre la passione per la moda come forma espressiva era presente in entrambi sin da bambini. Uno dei nostri passatempi preferiti era il disegno!

Dong, dopo la laurea alla Kookmin University di Seoul, su consiglio dei docenti si trasferì in Italia nel 2007, per completare la sua formazione in Design della calzatura al Polimoda di Firenze. Io invece, dopo una laurea in Architettura a Napoli, nel 2010 mi iscrissi a un master, sempre nel capoluogo toscano: da quel momento ho accumulato esperienze come assistente di prodotto e product manager per diverse aziende. La scoperta della sostenibilità è stata l’occasione per ripensare il nostro rapporto con la moda e la creatività, per metterci alla prova con un progetto interamente nostro, che ci rispecchiasse nell’estetica e nei principi.

 
 
 
 
 
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Il simbolo del riciclo composto da tre frecce in senso orario, scomposto diventa logo; non può rappresentare al meglio l’idea di ID.EIGHT: come è venuta quest’idea così d’impatto e cosa si cela dietro al nome del vostro progetto?

ID.EIGHT deriva dall’unione delle parole inglesi identity ed eight. Abbiamo scelto di inserire il concetto di identità in riferimento agli interrogativi da porsi per comprendere il rapporto tra ciò che siamo e quello che indossiamo, ma anche per ricordare l’importanza di mantenersi coerenti con quell’identità ritrovata. L’identità assume un significato anche dal punto di vista estetico: esprime infatti la volontà di irrompere nel panorama della moda italiana con un’immagine distintiva, che rendesse il prodotto riconoscibile attraverso l’originalità del design.

 
 
 
 
 
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Il numero 8 è usato in matematica per rappresentare l’infinito e simboleggia i valori di circolarità e rigenerazione, su cui è fondata la filosofia produttiva del brand. Per questo motivo abbiamo scelto di farlo diventare anche l’elemento centrale del logo.

AppleSkin (bucce di mela), Vegea (vinacce), oltre che lycra, mesh e gomma riciclata: sembra proprio il caso di parlare di “ingredienti” per le vostre sneakers! Come sono prodotti questi materiali innovativi? Come scegliete i vostri fornitori? Avete mai trovato difficoltà nel reperimento delle materie prime?

Siamo andati alla ricerca di fornitori presenti sul territorio italiano, che potessero offrirci materiali provenienti dal riciclo dei rifiuti post-consumo o delle materie prime seconde, con l’obiettivo di ridurre l’impatto legato all’impiego di nuove risorse, e di contribuire allo smaltimento dei sottoprodotti di altre aziende. Se per i tessili in poliestere riciclato (ad esempio Lycra) il processo di trasformazione dagli oggetti di plastica al filato è già noto, alla formazione dei tessili derivanti dagli scarti della frutta si è arrivati circa dieci anni fa, dopo investimenti e ricerche universitarie. La tecnologia produttiva alla base di AppleSkin e Vegea è la stessa: un processo di polimerizzazione di lignina e cellulosa, presenti nella parte non commestibile della frutta, che crea polimeri plastici. Da questi poi si ricavano resine di origine non petrolchimica, che vengono spalmate su supporti di cotone o poliestere riciclato.

 
 
 
 
 
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Essendo già addentro al mondo delle calzature casual e avendo frequentato diverse fiere di settore negli anni precedenti, avevamo un quadro di partenza abbastanza chiaro e completo in cui muoverci. Tutto sommato non abbiamo avuto grosse difficoltà nell’individuare i fornitori per progettare i primi modelli, una volta stabiliti i criteri guida. Gli ostacoli da superare sono arrivati nella fase successiva, quando abbiamo dovuto testare la resistenza e la funzionalità dei materiali innovativi in tutte le fasi di assemblaggio delle sneakers. Fu una grande gioia quando riuscimmo a vedere i primi prototipi, realizzati da un piccolo calzaturificio marchigiano che accettò la scommessa e che tuttora produce per noi.

 
 
 
 
 
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Packaging prodotto con cartone riciclato e consegne con corrieri dotati di certificazioni ambientali ISO-14001: una filiera green dall’approvvigionamento alla consegna! Ho sempre l’impressione che l’Italia sia un passo indietro in materia di sensibilità e normative ambientali. Impressione sbagliata o effettivamente è stato difficile creare qui un progetto come ID.EIGHT?

Le difficoltà, almeno per quanto riguarda la nostra esperienza specifica, non derivano tanto dal contesto legislativo quanto dai fattori esterni ostacolanti tipici di questo settore. Il mercato delle sneakers è ricco di concorrenti internazionali, rappresentati da nomi storici e consolidati, che operano secondo logiche radicalmente opposte rispetto a quella del nostro brand slow. Hanno prezzi più popolari e competitivi perché delocalizzano tutto nei paesi con manodopera di basso costo, possono contare su un’offerta produttiva più ampia e al passo con ogni tendenza, hanno ovviamente i margini più alti possibili da spendere in campagne pubblicitarie. Riescono a rimanere in prima linea anche quando si tratta di presentare nuovi modelli di sneakers sostenibili, perché quasi sempre accedono in maniera prioritaria alle forniture di tessuti e filati ecologici che vengono sviluppati e possono permettersi il rischio di sperimentare. Il problema di partenza, dunque, rimane quello di sapersi ritagliare il proprio target, costruendo un’identità precisa (torniamo al significato del logo), sotto l’aspetto estetico e comunicativo.

 
 
 
 
 
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L’innovazione e la sostenibilità non sacrificano il design! Una più sportiva, l’altra perfetto connubio tra smart e casual: le linee Duri e Hana sono nate insieme o una è figlia dell’altra? Come sono nate forme, colori e linee? A cosa vi ispirate?

La sneaker Hana, nella variante di colore fluo, è stato il primo modello disegnato da Dong ed è stata la sua risposta alla mia sfida: “non trovo sneakers sostenibili che mi piacciano, me ne disegni tu un paio?” Indubbiamente racchiude al massimo il suo vissuto biografico e la sua creatività: il gioco di inserti fluo sulla tomaia richiama il dinamismo della città di origine Seoul; la suola curvilinea simboleggia l’arrivo dell’onda rivoluzionaria green e il design complessivamente si ispira alle sneakers anni ’90, la decade in cui trascorse la sua adolescenza e prima giovinezza. 

 
 
 
 
 
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Dopo Hana (uno in coreano), è arrivata la Duri (che significa appunto due), una calzatura che accontenta il gusto più classico e minimal. La Corea del Sud rappresenta una grande fonte di ispirazione per Dong, tanto che spesso le sneakers diventano un omaggio, seppur non immediatamente visibile, alla cultura e alla geografia del paese natale. In particolare, i dolci colori dei fiori di ciliegio del parco di Yeouido a Seoul sono confluiti nelle tonalità pastellose del modello Hana Light Mix Square; il tocco fluo di Hana White Crinkle è un richiamo al soju, la bevanda alcolica nazionale (compare spesso anche nel film Parasite); la coloratissima livrea di un robot guerriero, protagonista di una serie di film che lui guardava da bambino, ha rivestito le Hana Dark Mix Square.

 
 
 
 
 
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I numeri sui social confermano che state crescendo molto, nonostante siate una piccola realtà! Quanto vi hanno aiutato per farvi conoscere? Si è creata una community attorno a ID.EIGHT che vi supporta?

I social, in particolar modo Instagram, hanno avuto un ruolo di prim’ordine nel farci emergere a livello comunicativo e nell’aiutarci a costruire una community di follower e clienti, tuttora molto affezionata al brand e al suo micromondo. Anche l’arrivo dei primi clienti e sostenitori ha visto come protagonista il passaparola generato sulle reti social: poco prima dello scoppio della pandemia, avevamo lanciato la campagna di finanziamento dal basso su Kickstarter. Fu grazie a una notizia pubblicata sul magazine GreenMe che riuscimmo a raggiungere trecento persone interessate al nostro progetto, triplicando la somma-obiettivo in quarantott’ore. 

 
 
 
 
 
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Ricordiamo in maniera vivida il delicato periodo di smarrimento successivo, così decidemmo di usare le storie Instagram per aprire delle finestre sulla nostra vita quotidiana, abbandonando l’idea di esclusività generalmente associata ai brand di moda e restituendo la parte più autentica e talvolta caotica del dietro le quinte. I follower hanno apprezzato molto questo approccio ironico e anticonvenzionale! Successivamente abbiamo diversificato i contenuti delle nostre storie Instagram, offrendo spesso contenuti di carattere informativo e divulgativo legati al mondo della sostenibilità: notizie su materiali innovativi e soluzioni ecologiche, consigli su libri, mostre ed eventi culturali. Nei prossimi mesi ci piacerebbe trasportare nel mondo fisico i legami che abbiamo creato nel mondo virtuale, organizzando appuntamenti dal vivo con i clienti più affezionato nelle principali città italiane.

 
 
 
 
 
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Un’ultima domanda che, alle porte del nuovo anno non posso non farvi: è in fase di progettazione una nuova linea per il 2023? Nel futuro di ID.EIGHT vedete prevalentemente scarpe o sono in cantiere altri accessori?

Domanda azzeccata! Il 2023 sarà un anno ancora ricco di incognite per molte piccole imprese come la nostra. Ci piacerebbe realizzare una piccola linea di accessori o di capi di abbigliamento. Vedremo cosa ci riserverà il futuro!

Images: ID.EIGHT Press Office

2560 1703 Federico Ingemi
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