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La pubblicità necessita della prevaricazione di un sesso rispetto ad un altro?

Tempo di lettura: 3 min.

La donna da vittima a carnefice, da oggetto a soggetto. Quando la controtendenza diventa l’unica via di riscatto. 

E’ curioso come il mondo graviti intorno alla pubblicità, come l’universo dell’informazione dipenda strettamente e visceralmente da quest’ultima. Come il pensiero comune, l’opinione pubblica, l’immaginario collettivo si costruiscano proprio sui messaggi, gli atteggiamenti, i valori, le convinzioni che il mondo pubblicitario veicola. Allora, analizzando ciò che ci viene propinato e ciò che in primis offriamo al prossimo, altrettanto curioso risulta l’atteggiamento che si adotta nei confronti del sesso femminile.

 

La domanda sorge spontanea: la pubblicità penalizza le donne? Propone stereotipi che assorbiamo e facciamo sì che divengano nostri? Sì, è molto probabile che questo accada.
Quanto più è desiderabile, seducente, fuori portata l’offerta, tanto più le richieste si accavallano. E’ una legge, e il risultato è che il sesso, nel significato più lato del termine, è  il modo migliore per promuovere un qualsiasi tipo di prodotto. Tanto più è attraente, quanto più è desiderabile. Nonostante, spesso, anche l’universo maschile sia vittima di sessismo, è piuttosto palese lo sbilanciamento negativo della pubblicità rispetto alla donna. Quasi a sottolineare come il mondo femminile esista e ruoti intorno all’apparenza, alla sfrenata, quasi violenta ricerca della bellezza, alla necessità di soddisfare l’appetito maschile.

Presentata come oggetto sessuale, come insignificante dal punto di vista della personalità e delle competenze, per liberarsi da quest’alone avvilente la donna è costretta ad “indossare i pantaloni”. Ebbene sì, la liberazione dallo stereotipo per eccellenza, dallo status di sottomissione, dal ruolo di merce sessuale, accade quando la donna ruba la parte, il palco, il ruolo all’uomo. Quando apre gli occhi, si alza, e decide di indossare un tailleur dal taglio maschile, di legare i capelli, di prendere nelle proprie mani il potere di riscatto che le spetta. Questo accade nella campagna di SuitStudio, dove la donna da donna diventa, in un lampo, uomo. E si mostra fiera, nello sguardo, di esserlo. 

O ancora l’editoriale Vogue Italia, datato Ottobre 2017, che vede protagonista Lauren Hutton nei panni dell’uomo medio, ignorante e bigotto. Lauren viene ritratta mentre bacchetta la governante, mentre si pone violentemente nei confronti del compagno, mentre fuma dall’atteggiamento tipicamente mascolino.

     

L’immagine appare, invece, più semplice e diretta nel caso della campagna Dolce & Gabbana FW07/08. La carnalità è espressa senza mezze vie. I ruoli sono ribaltati. Le donne hanno il potere.

Se il passo da vittima a carnefice è così breve, altrettanto breve il significato che gli si attribuisce. 

 

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