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lunedì, 07 Ottobre 2024

I sogni di un giovane liberale europeista

Tempo di lettura: 4 min.

Mosche bianche. Giovani storie di politica attiva.

Episodio 1

Se 1 italiano su 3 non è andato a votare alle elezioni politiche del 2022 è colpa dei giovani, che non si interessano più della politica. Giustificazione o questione di percezione, entrambe sono distanti dalla realtà se non si coglie che oggi fare politica non corrisponde unicamente all’avere una tessera di partito in tasca. Se è vero che l’attivismo si è adattato a nuove forme di comunicazione e a un nuovo tipo di elettore, più fluido e meno spaventato all’idea di cambiare simbolo su cui tracciare la X, è altrettanto vero che esiste e resiste la militanza più tradizionale. Tra i Millennial e la Gen Z, chi tiene in vita la tanto rimpianta politica attiva, considerata in via d’estinzione?

Roberto, 29 anni, una laurea umanistica, un podcast e tante collaborazioni con testate online. Parallela, una passione per la politica di area liberale e radicale, con l’approccio e l’entusiasmo di un “sognatore”.

 

 
 
 
 
 
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Che cosa sogni?

Sogno una politica che forse non è ancora stata costruita, una politica che si fa facendosi.

Quando hai incontrato la politica?

Ho incrociato l’universo liberale già in adolescenza. Ricordo Pannella e la sua idea di mondo libero: mi stregarono le sue parole piene di “libertà liberarale”, della concezione fortemente illuminista. Ho flirtato con la Storia, con l’idea di un mercato predominante sullo Stato, stile Regan-thatcheriano, prendendo atto dei lati positivi e negativi. Ho stimato l’idea di politica nuova di Renzi, oggi mi riconosco nel progetto di +Europa.

Raccontami l’esperienza da militante più importante per te.

A 24 anni mi sono candidato come consigliere comunale nella mia città: in tasca avevo sia la tessera di +Europa che quella dei Radicali. Fare campagna elettorale nei mercati, tra la gente è stato importante: ho capito che convincere la gente fa male. Viviamo nel mondo del consumo, qualcuno compra e qualcuno vende, anche le idee: spesso il politico diventa un commerciale d’azienda e non va bene. Quell’esperienza mi è servita a capire cosa non voglio essere.

 

 
 
 
 
 
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L’idea di un’Europa unita non sta però passando uno dei suoi momenti migliori.

Il progetto di Spinelli, De Gasperi, Adenauer, Schuman non è lontano dalla vita quotidiana di ognuno di noi. Oggi possiamo circolare senza passaporti, senza cambiare moneta; possiamo andare in Erasmus, comprare merci da ogni angolo del continente senza problemi; richiedere un rimborso se il nostro aereo ritarda. Sembrano piccole cose, che diamo per scontate: se si ha bisogno di tutele più grandi, l’Europa c’è, ogni giorno.

In +Europa sono confluite tante personalità del mondo radicale: un nome su tutti, Emma Bonino. Lei, e Pannella citato prima, rappresentano un modo di fare politica oggi estinto?

Nessuno ha vissuto la politica come loro; sono un’ispirazione, anche se so che non si sta simpatici agendo in quel modo. Mi diverte: mi sento libero dal concetto di politico-commerciale. Come diceva Marco Pannella: “Bisogna essere impopolari per non essere  antipopolari”.

Eppure sembra che l’area radicale non riesca ad imporsi in modi diversi, su temi diversi, che non sia la disobbedienza civile.

La disobbedienza civile non è inutile, però non basta: serve per avere visibilità, poi è necessario costruire qualcosa in più. Mi sono allontanato da quell’esperienza perché percepivo un modo di fare politica vecchio: si è perso l’ideale ed è rimasta l’ideologia.

 

 
 
 
 
 
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+Europa ad oggi non ha ancora avuto grandi risultati elettorali: hai paura possa rimanere ai margini?

Non mi sento ai margini, ovvio che mi piacerebbe che +Europa prendesse il 40% alle prossime elezioni! Qualsiasi minoranza, in maggioranza o all’opposizione, può fare cose importanti. Un container d’acqua può essere contaminato da poche gocce d’inchiostro.

Come si convive con lo stereotipo del radical chic?

Ma cosa vuol dire essere radical chic?! Cerchiamo su Wikipedia: “…appartenente alla borghesia medio-alta… tendenza politica affine alla sinistra radicale o comunque opposta al vero ceto di appartenenza”. Chi usa questa espressione non è liberale, non riesce a slegare idee e apparenza. Ci convivo benissimo, davvero! È una contraddizione solo nella testa di chi lo dice.

Fammi una top 3 dei pregiudizi con cui un giovane liberale si scontra spesso.

Me ne viene in mente uno solo, gigante: “Sei liberale? Sei di destra”.

E una top 3 dei must have?

Ovviamente il vero giovane liberal deve avere almeno una cravatta regimental nell’armadio! Scherzi a parte: Deve credere nel grande contenitore della libertà e della tolleranza, applicato ad ogni aspetto della vita. Come recita il motto dello stato del New Hampshire: Live Free or Die, vivi libero o muori.

 
 
 
 
 
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Ti ritieni una mosca bianca, in quanto giovane impegnato in politica?

Mi riconosco in questa categoria: ovunque voli trovo solo mosche nere.

Per te cosa vuol dire fare politica?

Combattere affinché non solo il proprio paese ma l’umanità tutta possa progredire. Vuol dire sognare una collettività migliore in cui vivere.

 

 

Illustrazione di Gloria Dozio – Acrimònia Studios

2560 1440 Federico Ingemi
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