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Croce e delizia dell’essere figli d’arte in Italia

“Ereditare” notorietà ha i suoi svantaggi. Lo sa bene Pietro Castellitto, al cinema con la sua seconda pellicola e con gli occhi di tutti puntati addosso

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Grimaldello per molti portoni, lucchetto per altrettante porte: il cognome si sa, è cosa ingombrante. Dalla scuola, passando per le piccole celebrità di paese, fino alle very important person del cinema e dello sport, chi porta un cognome già noto nell’ambiente sa di vivere con lo sguardo di tutti puntato addosso. Così un semplice A chi sei figlio? si fa portatore di aspettative immani, che il pubblico, sadicamente, non vede l'ora vengano disattese.

 
 
 
 
 
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Quanto pesi quella domanda lo sa bene Pietro Castellitto, che dall’11 gennaio è al cinema con Enea, nella triplice veste di regista, sceneggiatore e attore. Classe 1991, figlio dell’attore e regista Sergio Castellitto (L’ultimo bacio, Una famiglia perfetta, Non ti muovere) e di Margaret Mazzantini, scrittrice e sceneggiatrice (Venuto al mondo, Nessuno si salva da solo). Molte le collaborazioni di coppia: il primo adatta al cinema i libri scritti dalla seconda.

Pietro Castellitto inizia a recitare, giovanissimo, nelle pellicole del padre, ma sono altri i ruoli che lo consacrano al grande pubblico: prima quello di Secco ne La profezia dell’armadillo, adattamento dell’omonimo fumetto di Zerocalcare, poi quello di Francesco Totti nella serie Sky Speravo de morì prima. 

Conquistati i fan, è la volta delle giurie dei premi: con I predatori, pellicola d’esordio di Castellitto, nel 2021 vince la categoria miglior regista esordiente ai David di Donatello e ai Nastro d’argento per il miglior regista esordiente.

 
 
 
 
 
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Un successo che pesa, assieme al suo cognome, su Enea: sarà all’altezza dell’esordio? Mentre l’opera prima vede la classe medio-borghese romana, di professionisti radical chic e nostalgici del Ventennio, protagonista di un intreccio di esistenze a dir poco grottesco, nella seconda pellicola i protagonisti sono i “figli” di quella classe.

Enea (Pietro Castellitto) e Valentino (Giorgio Quarzo Guarascio, vero nome del rapper romano Tutti Fenomeni) sono due amici uniti dallo spaccio e dall’amore per i festini della capitale. Figlio di una famiglia per bene ma infelice, vivrà un’avventura criminale più grande di lui. La sfida per Castellitto è di riuscire a raccontare la (mala) Roma bene, ostaggio ormai della narrazione onirico-sorrentiniana de La grande bellezza; di uscire da una rappresentazione del crimine capitolino monopolizzata da Romanzo criminale e Suburra. Queste le due grandi sfide del regista millennial.

 
 
 
 
 
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Ma la domanda che serpeggia tra cineasti navigati e pubblico pagante è: sarà all’altezza del padre? Una croce, quella della discendenza, che colpisce non solo il mondo del cinema.

I praticanti dell’unica e vera religione (sferica) italiana ricorderanno che “gli scudetti dei padri ricadono sui figli”: la storia della serie A è piena di dinastie tacchettate, fonte inesauribile di chiacchiere da bar. Ieri la stirpe dei Mazzola e dei Maldini, oggi quella di Federico Chiesa e Cristian Totti, sulle cui spalle grava il compito di dare un senso al ruolo di “giocatore bandiera” dei club italiani. E guai a sbagliare un cross: un “tuo padre calciava meglio” è sempre pronto ad alzarsi dagli spalti.

 
 
 
 
 
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Indissolubile anche il legame tra mondo della musica, figli di e tribunale popolare; uno e trino quando si parla di Sanremo. Tanti i cognomi noti che negli anni si sono cimentati con il palco più difficile della Rai. L’anno scorso è toccato a Luca d’Alessio, in arte LDA, figlio del cantautore partenopeo: un cognome simbolo della musica d’autore napoletana, dal quale il giovane artista si è notevolmente distinto. Quest’anno invece toccherà ad Angelina Mango, figlia del celebre cantante potentino: genere completamente diverso dal padre, l’artista classe 2001 mira a diventare la futura regina del tormentone estivo.

 
 
 
 
 
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Il paradosso si ripete per ogni astro nascente, in ogni ambito; i rumors si alternano ciclicamente, a seconda dell’andamento della stella e del nostro umore. Siamo frustrati per i nostri insuccessi e il baby-vip ha un periodo buono? “Ha successo solo perché ha quel cognome: chissà chi l’ha messo lì…. La neocelebrità sbaglia qualcosa e noi abbiamo avuto la nostra piccola soddisfazione quotidiana? “Visto?! Non potrà mai fare meglio dei suoi genitori!”.

Quanto è terribile, quanto avvilente per noi e loro… ma quanto ci piace parlarne! Parlarne male possibilmente.

 

 

Illustrazione di Gloria Dozio - Acrimònia Studios