“Quando ti sposi?”, “Perché non ci regali un nipotino?”, “Ma alla fine siete più andati a vivere insieme?”. La visione tradizionale della cena di Natale con zii e nonni pressanti non è “roba da film”. Almeno non solo da film.
Tra pandori e panettoni, canditi e tortellini la domanda che gela anche i ribelli arriva spesso come un fulmine a ciel sereno, con un tortellino in gola. Di solito è lo/a zio/a di turno che dopo un inverno passato davanti a Myrta Merlino su Pomeriggio Cinque muore dalla voglia di sparare una cartuccia delle sue.
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Coinvolgendo l’amico ChatGPT nella ricerca dei motivi che portano i poveri 30enni, già costretti a gestire eco-ansia, polveri sottili, sfighe economiche, pensioni che sfumano in cielo e governo nero, al senso di vergogna, si elencano:
- Aspettative culturali: in alcune culture, inclusa quella italiana, può esserci una forte enfasi sulla famiglia, il matrimonio e la procreazione. Questo porta alla percezione che il successo nella vita includa la creazione di una famiglia. La mancanza di un partner o la scelta di essere single potrebbero essere percepite come una deviazione da queste aspettative culturali.
- Pressioni sociali: gli individui possono subire pressioni sociali da amici, familiari e colleghi. Queste pressioni portano a sentirsi inadeguati o a vergognarsi di essere single.
- Media e pubblicità: i media e la pubblicità spesso promuovono stereotipi romantici e familiari che possono influenzare le aspettative delle persone sulla loro vita personale (n.d.r. Lo spot di Esselunga ricorda qualcosa?).
- Autorappresentazione: alcuni si sentono giudicati negativamente a causa della loro situazione sentimentale. Queste sensazioni possono suscitare vergogna.
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Anche se ChatGPT ha sempre ragione, abbiamo cercato di umanizzare - non ce ne voglia il nostro fido complice - i punti di vista dei ragazzi in questione e intervistato direttamente qualcuno di loro.
Lorenzo (nome di fantasia), 29 anni chiude, non per sua volontà, una storia dopo 5 anni. “Non sono triste, più che altro confuso…”. Aveva in mente un progetto e ora si ritrova, improvvisamente, da solo. “Chi avrà mai più la voglia di impegnarsi e soprattutto chi glielo dice a mamma?”.
Elena (nome di fantasia), 27 anni è più razionale. Come tutte le donne. “Quando una storia è finita, non bisogna cercare di salvarla. Bisogna chiuderla”.
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Ma non è mai o bianco o nero e Gaia (nome di fantasia), 32 anni ne è la dimostrazione. “Il problema più difficile è accettare la fine di una storia, di un matrimonio, di un’amicizia come evento parte della vita. Normalizzare e non farsi sopraffare da pressioni socio-culturali che hanno stancato tutti. Anche i nostri genitori.”
Illustrazione di Gloria Dozio - Acrimònia Studios