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Dal laboratorio di ricerca al Sudamerica: vi spiego perché cambio vita

Fabio, 33 anni, è un ricercatore alla Sapienza di Roma. Stanchi della precarietà cui sono costretti, lui e la sua ragazza hanno deciso di andarsene. Per mettersi alla prova e ripartire da zero

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Stando ai dati della Fondazione Migrantes, nel 2022 il 44% degli 82 mila italiani all'estero ha tra i 18 e i 34 anni. Sono aumentati del 2% rispetto al 2021. Capita spesso di sentire storie di cervelli in fuga, meno spesso di cervelli che rientrano. Se la legge di bilancio verrà approvata è probabile che i rientri diminuiranno ancora. La nuova proposta prevede, infatti, il passaggio dal pagamento dell'Irpef solo sul 30% del reddito imponibile, al 50%, eliminando inoltre la tassazione al 10% per chi trasferisce la propria residenza al Sud.

Fabio Desideri, romano del quartiere San Lorenzo, è un altro cervello che se ne va. Dopo 8 anni passati nello stesso laboratorio di ricerca di Biologia alla Sapienza, ha preso la decisione delle decisioni: mollare tutto. L’idea è nata con un contratto in scadenza, poca stabilità e l’unione di intenti con la storica fidanzata Eleonora. Senza di lei non avrebbe mai avuto il coraggio di andarsene. 

Quando ti è venuto in mente di partire?

Non c’è stato un momento preciso. C’è voluto un po’ ma alla fine ho preso coraggio. Io e la mia fidanzata lavoriamo nello stesso laboratorio di ricerca, entrambi avevamo un contratto in scadenza. Ci siamo guardati e abbiamo pensato “se non lo facciamo ora, quando?”

Cosa fate?

Siamo ricercatori biologi. Abbiamo fatto un dottorato, dopo è cominciato un percorso post doc con un contratto di 3 anni. Avremmo potuto rinnovarlo per un altro anno, ma con che prospettiva? Nel nostro lavoro non c’è stabilità. L’iter vincente è fare esperienza all’estero e tornare, solo così si può avere la speranza di ottenere un posto fisso. 

Quali sono i motivi principali che ti spingono ad andartene?

La precarietà. Rimanere nello stesso laboratorio significa instabilità e non fare salti di carriera. È arrivato il momento di staccare. 

Ti adatterai facilmente?

Abbiamo scelto il Sudamerica non a caso: la cultura è molto simile alla nostra. In Asia sarebbe stato molto più difficile. Dopo un paio di mesi a Medellin, mi immagino cittadino colombiano. Studiando il territorio abbiamo scoperto che è sconsigliato parlare inglese. Il rischio è di essere associati a una parte di America promotrice del turismo sessuale.

Qual è l’itinerario?

Cominceremo con 2 mesi in Colombia. Dopo sarà il momento della Foresta Amazzonica e del Perù. Poi Bolivia, Patagonia Cilena, da sempre il mio grande sogno, e infine Argentina. Il Brasile lo faremo un’altra volta, è troppo grande. L’idea è di prendere meno voli interni possibile per un duplice tema: etico e economico. 

 
 
 
 
 
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Quanti soldi servono per fare un viaggio del genere?

30/40 euro a testa al giorno. Tutto compreso. 

Bella sfida…

Hardcore? Noi ci proviamo.

Hai tenuto in considerazione l’ipotesi che questo cambiamento possa deluderti?

No. Abbiamo finito di lavorare il 15 settembre e onestamente non ne potevamo più. Ora come ora non riesco a pensare cose negative.

Non hai nemmeno paura?

No. Stiamo andando dall’altra parte del mondo ma sono certo che sapremo entrare in contatto con le persone.

 
 
 
 
 
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Prima o poi tornerai a casa?

Se casa è Europa sì. Quasi sicuramente andremo in Spagna e cercheremo lavoro lì. È un buon compromesso tra qualità della vita e possibilità di crescita professionale. 

Parti perché ti ha ispirato qualche travel blogger sui social?

Sembrerà strano ma ho solo Facebook e non lo uso nemmeno con grande entusiasmo.

Lavorerai lì?

La ricerca in Sudamerica è molto indietro. Aspetto la Spagna.

Saresti mai partito da solo?

Il fatto di condividere l’esperienza con la mia ragazza mi ha aiutato tantissimo. No, da solo non l’avrei fatto.

 

 

Illustrazione di Gloria Dozio - Acrimònia Studios