Arriva da San Francisco il termine McMindfulness. Coniata dal professore Ronald Purser, la parola mette in discussione l’autenticità e l’integrità della meditazione in Occidente.
La pratica meditativa, oggi diffusa in modo capillare, ha radici profonde nelle tradizioni spirituali e filosofiche orientali, come il buddismo, e sul dizionario Treccani viene definita “concentrazione della mente nella speculazione e contemplazione di verità religiose, o di problemi filosofici o morali”. Tra big corporate, social media, applicazioni e libri dalla credibilità precaria è improbabile non averne mai sentito parlare.
Visualizza questo post su Instagram
Ma di che cosa si tratta? La parola meditazione deriva dal latino “meditatio”, e il suo significato è riflessione, pensiero, pratica, esercizio.
È di fatto un modo per esercitare la mente. L’obiettivo è rilassarsi e raggiungere una maggiore consapevolezza di sé.
Ecco però che viene messa a nudo la spregiudicatezza dell’approccio occidentale. Purser inventa la parola McMindfulness. Un termine che richiama l’associazione con l’azienda McDonald’s e suggerisce l’idea di qualcosa di veloce e superficiale. La McMindfulness mette l’attenzione sulla potenziale ed effettiva commercializzazione della pratica della consapevolezza.
Secondo il pensiero più critico, la McMindfulness riduce la Mindfulness a un esercizio superficiale di benessere personale che promuove soluzioni rapide e semplicistiche, anziché un’autentica comprensione e pratica della consapevolezza.
Questo rischio di commercializzazione porta quindi a svuotare la Mindfulness del suo significato più profondo. Il risultato: un prodotto da consumare piuttosto che uno stile di vita.
Uno dei punti fondamentali su cui si fonda la critica è la semplificazione. L’eccessiva approssimazione con cui viene approcciata la pratica porta alla perdita del reale significato.
L’analisi di Purser esorta quindi a una maggiore conoscenza della portata della meditazione. Con l’aria che tira, specie in questa parte del mondo bombardata da violente raffiche di superficialità, non è neanche così banale.
Illustrazione di Gloria Dozio - Acrimònia Studios