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La paura di uccidere

Questa intervista è parte della serie (NON) ho paura

Di

Leonardo è un medico specializzando in anestesia, ha da poco compiuto 32 anni e all’entusiasmo alterna una buona dose di disillusione. Principalmente per le condizioni in cui si trova oggi il Sistema Sanitario Nazionale. 

Abbiamo cercato di capire le paure che si nascondono dietro un lavoro come il suo, un lavoro carico di pesanti responsabilità.

Quando hai scelto di diventare medico?

Non ho un ricordo specifico, è sempre stato nei miei pensieri. Era un tema presente in famiglia. Mi piaceva andare in ospedale persino da piccolo. Quando i miei genitori andavano a trovare qualcuno che stava male io ero sempre in prima fila. 

Perché anestesista? 

Ho deciso dopo il primo turno in ambulanza. Ero laureato da poco. Nel Lazio vige la regola che in ambulanza ci siano solo i medici. L’anestesista arriva dall’alto sull’elicottero: interviene solo se necessario. 

Quel giorno ricordo che, una volta arrivati sul posto, abbiamo trovato un motociclista in fin di vita. Nonostante i tentativi di salvataggio, nessun riscontro. 

A un certo punto l’infermiera mi guarda e dice: “L’ha chiamato Pegaso?”. Intendeva l’elicottero con dentro l’anestesista. Una volta sceso Pegaso la situazione si è stabilizzata. 

Ecco lì ho deciso che avrei voluto essere un eroe anche io

Essere anestesista durante un intervento chirurgico programmato ed esserlo in una condizione di emergenza: cosa cambia?

Quando compi un intervento di routine, il paziente è pronto. In una condizione di urgenza, invece, cambia tutto. 

Paradossalmente, però, il rischio è più alto quando l’anestesista non lavora in emergenza. In emergenza non puoi fare altro che aiutare chi hai davanti. In una situazione programmata puoi rischiare di peggiorare drasticamente la situazione. 

Qual è la paura più grande che ti assale nel momento in cui addormenti un paziente?

La paura di non riuscire a gestire le vie aeree. Addormentare un paziente significa togliergli il respiro. L’ossigeno nel cervello dell’uomo dura in autonomia 2 o 3 minuti. Se non riesci a ossigenare in tempo il paziente addormentato, puoi farlo morire. 

Hai mai avuto paura di uccidere un paziente?

Sì, perché il rischio è nascosto dietro qualsiasi operazione. Per questo si cerca di automatizzare tutte le dinamiche che riguardano gli anestesisti. Persino la posizione dei farmaci in sala operatoria. 

Quali sono le responsabilità di cui un medico anestesista si deve far carico?

Appena arriva in blocco operatorio, ti fai carico del paziente e della sua vita. Qualunque cosa possa succedergli puoi intervenire con manovre salva vita. Non è detto, però, che sia sempre in tuo potere farle. Per semplificare: l’anestesista fa in modo che i parametri vitali rimangano stabili

Come è percepito il tuo lavoro dai pazienti? Si fidano o hanno paura?

Lavoriamo nell’ombra. Spesso il paziente non sa nemmeno chi io sia. Il nostro campo di azione è concentrato e al tempo stesso limitato. Non a caso siamo definiti medici che prestano servizi. 

Complice anche il fatto che molta gente pensa che l’anestesista non sia un medico?

È più facile morire per un errore dell’anestesista che per un errore del chirurgo. 

Immagino sia necessario sangue freddo: hai qualche segreto?

La gestione dell’ansia è fondamentale. Non vado nel pallone, non mi agito durante un evento inaspettato in sala operatoria. L’anestesista è il team leader della sala. L’ansia bisogna saperla governare. 

Come si lavora nel Sistema Sanitario pubblico in Italia?

Il pubblico andrebbe salvaguardato più di qualsiasi altro settore. La salute è la cosa più importante al mondo. Ogni tanto sfugge questo assioma. Gli ospedali sono sotto organico, si lavora male, il personale sanitario è sottopagato. Purtroppo anche tra i giovani il sogno di lavorare negli ospedali statali è sempre più sfumato. 

La paura si può superare?

No. La paura si può gestire. Più fai esperienza e più sai come controllarla. Ma rimane sempre. Il trucco è trasformarla in efficienza. La paura nel regno animale è uno stimolo che costringe ad agire.

 

 

Illustrazione di Gloria Dozio - Acrimònia Studios