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Il fascino indiscreto del mistero

Quando all’indomani della dipartita di Silvio Berlusconi arrivò la notizia che l’apertura del testamento sarebbe stata questione di ore, si capì subito che qual cosa non quadrava

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Qui ha inizio il mistero, perché la notizia non è certo partita dalla famiglia; pensare al contenuto di un lascito prima ancora aver dato sacra sepoltura ad un proprio caro non solo va contro al senso dovuto all’umana pietas ma è degno delle remote tribù tribali, residue nella Nuova Ghinea francese. Konrad Lorenz, padre dell’etologia umana, ne svelò l’attitudine al cannibalismo; la morbosità voyeuristica del contorno, prosaicamente si può definire sciacallaggio! 

La sera arrivò una telefonata: “Mettiti comodo e prepara i popcorn, sarà lunga!”

I ricordi, in realtà offuscati, andarono ai tempi del divorzio tra Berlusconi e la signora Veronica, la quale voleva la divisione dell’impero in quota parte tra i cinque figli, alla fine ottenne la divisione al 50% tra i suoi tre e i due della signora Dall’Oglio, la prima moglie. 

 
 
 
 
 
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Poi esiste la Legittima di legge e tutto dovrebbe essere molto chiaro e semplice; si se ti chiami Rossi o Bianchi, ma se sei proprietario di un impero quello che veramente conta non è ciò che sta alla luce del sole ma tutto il sommerso, che spesso è molto, ma molto più di un semplice residuo. Vedi casa Agnelli.

La casa sabauda ebbe Suni, la sorella prediletta dell’Avvocato, che seppe mediare gli appetiti delle varie famiglie ereditarie e soprattutto diede, in parte, a “Cesare quel che avrebbe dovuto essere di Cesare”, promuovendo e proteggendo finché rimase in vita, Luca Cordero di Montezemolo.

La vedova dell’Avvocato, Mirella, ebbe il suo bel daffare per tenere a bada le rimostranze della figlia Margherita, proprio sul tema del sommerso. Una querelle, che dopo vent’anni e la scomparsa di donna Caracciolo, non è ancora finita.

Bisogna tener conto che l’impero di Silvio Berlusconi è formato dal patrimonio economico e da quello politico. Si fa fatica a pensare che cinque ragazzi baciati da tanta agiatezza, possano litigare sui decimali di un’eredità e non è affatto detto che sarà così, a dispetto del voyeurismo di cui sopra. Ma in tal caso Paolo Berlusconi, fratello di Silvio e personaggio tutto da scoprire, è l’unico che può interpretare il ruolo che fu di Suni per casa Agnelli.

 
 
 
 
 
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Per quel che riguarda il patrimonio politico, il ruolo di grande mediatore spetta per lignaggio a Gianni Letta e qui torniamo al mistero dei testamenti e al loro contenuto. Perché Berlusconi avrebbe lasciato un riconoscimento al fratello, che di certo non ne aveva bisogno; alla signora Fascina, che di certo ne ha bisogno e per gratitudine a Marcello dell’Utri, senza lasciare nulla al suo più leale e silenzioso braccio destro, Gianni Letta per appunto? 

Per inciso, Adriano Galliani, l’altro braccio operativo di Berlusconi, ebbe già una favolosa liquidazione di circa 40 milioni di euro quando lasciò il Milan e a breve correrà alle elezioni supplettive a Monza per il seggio in Senato, in sostituzione del Cavaliere.

Addentrarsi sulla tempistica e sulla consegna del terzo testamento e sul perché non viene citato il figlio Luigi significa inventarsi novelli Sherlock Holmes o improbabili freudiani e non è pratica che ci appartiene.

 
 
 
 
 
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Più interessante notare come tanti avvoltoi stiano girando in tondo a un presunto tesoro di circa 24.000 opere d’arte, di cui 2.500 acquistate tramite televendita presso la galleria Orlando, per ammissione dello stesso titolare.  Fiutando un grosso affare si tenta di far passare Berlusconi per un tonto che ha acquisito una maggior parte di “croste”, al fine di ridurne il prezzo in caso di vendita da parte degli eredi. Una pratica in voga negli anni settanta e ottanta.  Oggi non c’è nessuna stima da fare, in barba a tutti critici che sperano in una consulenza ben retribuita: basta fare l’addizione di tutte le fatture, accompagnate per legge dall’autentica delle varie Fondazioni e il valore del capitale è subito svelato.  Ci penserà il ragionier Spinelli a far di conto, altro depositario di tanti silenzi privato di un dovuto lascito.

E qui ci si ferma, riponendo i popcorn e ripensando alle recenti parole di Gianni Letta: “Ho scelto il silenzio perché sembrava che molti celebravano Silvio solo per celebrare se stessi”.

Sipario!

 

 

Illustrazione di Gloria Dozio - Acrimònia Studios