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Il calcio, il peccato e le scommesse

Fagioli, Tonali e Zaniolo sotto la lente della Procura di Torino: fioccano le squalifiche. E potrebbero non essere i soli. Perché la tentazione delle puntate è così forte nei giovani campioni? Cerchiamo di capirlo.

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Ultimo aggiornamento 6 Novembre 2023

 

Nicolò Fagioli ha 22 anni, Sandro Tonali 23, Nicolò Zaniolo 24. Il primo gioca nella Juve, gli altri due in Inghilterra, Newcastle e Aston Villa. Con il pallone ci sanno fare e per questo guadagnano una montagna di soldi. Hanno tutto quello che i bambini sognano: vivono giocando. Il problema è che a forza di giocare si sono trovati invischiati in un gioco sporco: quello delle scommesse. Clandestine. E sono finiti nella rete della Procura di Torino. Su Fagioli e Tonali la sentenza della giustizia sportiva è già stata pronunciata: 7 mesi senza calcio, 5 di pene alternative per il primo, 10 mesi più 8 per il secondo su cui però è stata aperta anche un'indagine della federcalcio inglese che potrebbe inasprire la pena. Grazie al patteggiamento hanno evitato i 3 anni previsti dal codice. Zaniolo è in attesa di giudizio.

 
 
 
 
 
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I tesserati di un club calcistico possono scommettere come ciascuno di noi, ma non sul calcio. Ai giudici il compito di fare luce. In ogni caso la notizia ha scatenato un putiferio. Primo perché, se un giocatore scommette è chiaro che mette in crisi l’integrità morale dell’intero sistema calcio, che di morale ha storicamente poco, ma che rinnova incessantemente il guardaroba per esibire per ogni dove la sua veste pulita.

 
 
 
 
 
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Secondo perché a far esplodere il bubbone è stato il re dei paparazzi, Fabrizio Corona, che ha fatto nomi e cognomi anche di altri calciatori che al momento pare non siano coinvolti nelle indagini. Terzo perché, tanto per dare un po’ di sostanza alla sceneggiatura, Tonali e Zaniolo sono stati interrogati dalla polizia nel ritiro dell’Italia e sono stati costretti ad allontanarsi immediatamente da Coverciano, lasciando a bocca aperta Spalletti e i compagni azzurri. Evidentemente ci voleva: la Nazionale, impegnata nella difficile qualificazione agli Europei, sta regalando ultimamente più mal di stomaco che brividi.

 
 
 
 
 
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Individuati i mostri, il grande circo dei moralisti ha potuto dare il meglio di sé con tanto di pipponi e pipponi e pipponi su questi giovani disgraziati che guadagnano come nababbi ma non riescono a togliersi i vizi e si rovinano la vita. E allora via a invocare  punizioni durissime, condanne esemplari, squalifiche eterne. Per la felicità di chi, trovato il bersaglio, ha risolto il problema.
Ma la soluzione del problema, purtroppo, non è così semplice, perché affonda le radici nel tempo e sorge dalla fonte di una cultura malata. Quella che mette i soldi e il pallone davanti a tutto, riempie le tasche dei ragazzini più bravi e più fortunati illudendoli che non serva altro. Quella che stordisce i genitori a colpi d’assegni. Quella che ai giovani su cui i club puntano compra gli esami nei diplomifici per dare loro anche il pezzo di carta che cancella ogni peccato.

 
 
 
 
 
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Un post condiviso da SURFASPORT (@surfasport)

Ma se i ragazzi vengono cresciuti a pane, bonifici e pallone, se l’esempio dei college americani o delle scuole calcio del nord Europa non viene preso in considerazione, se si azzera lo studio, la comprensione di sé stessi, la capacità di mettere insieme un ragionamento che non sia finalizzato al tackle scivolato o all’assist sul filo del fuorigioco, se non li si aiuta a usare il cervello è abbastanza scontato che il peccato prima o poi rientri pesantemente in gioco. E che il rischio che in campo scendano squadre di peccatori aumenti a dismisura.

 

Illustrazione di Gloria Dozio - Acrimònia Studios