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Gli Usa e l’aborto, perché il 2023 può essere cruciale

Dopo la sospensione del diritto all’interruzione della gravidanza, negli Stati Uniti la battaglia va avanti. La corrispondente da New York di Acrimonia ci spiega qual è la situazione attuale e perché, nell’arco di 12 mesi, può cambiare radicalmente

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L’aborto ha segnato la politica americana per tutto il 2022 e possiamo aspettarci lo stesso anche nel 2023. Dopo la sospensione di Roe v. Wade lo scorso giugno, milioni di donne in America hanno visto il loro diritto di abortire, fino ad allora garantito a livello federale, passare nelle mani del singolo stato. Il risultato? L’interruzione della gravidanza è presto diventata illegale in 13 degli Stati Uniti, e in altrettanti è ora molto difficile farvi ricorso anche dopo poche settimane dalla concezione. In Georgia ad esempio, l’aborto è possibile solo entro le 6 settimane, mentre l’Arizona arriva a 15. Nonostante il 65% degli adulti in America sia contrario a questa decisione della Corte Suprema, la battaglia per ripristinare Roe v. Wade è ancora lunga, e il 2023 sarà un momento cruciale per deciderne l’esito.

 
 
 
 
 
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Come si è arrivati alla sospensione di Roe v. Wade:

Nel 1973, la Corte Suprema aveva deciso che l’aborto era un diritto costituzionale, votando a favore di Norma McCorvey, conosciuta con lo pseudonimo legale di Jane Roe. Roe fece causa all’avvocato Henry Wade, dichiarando che la legge del Texas che le impediva di abortire quella che era la sua terza gravidanza era anti-costituzionale. Rientrando nel diritto alla privacy sancito dal Quattordicesimo Emendamento, la terminazione della gravidanza è cosi stata garantita per le donne americane. Fino allo scorso giugno, quando la Corte ha deciso in favore del governo Dobbs contro la Jackson Women’s Health Organization, sostenendo che il diritto all’aborto non è “radicato nella storia e neppure nella tradizione di questa Nazione”.

L’onda è iniziata in Mississippi. In uno stato dove la popolazione sfiora i 3 milioni di abitanti, di cui il 51% sono donne, la Jackson Women’s Health Organization è rimasta l’unica clinica a praticare l’aborto. Le complicazioni legali che ne sono derivate l’hanno portata cosi a scontrarsi con il governo per continuare ad aiutare le donne del Mississippi a terminare le gravidanze non volute, la scorsa estate. A supportarla anche il Center for Reproductive Rights, l’organizzazione più attiva a livello nazionale per proteggere i diritti delle donne nella riproduzione. 

Chiaro sin da subito che questo caso avrebbe avuto conseguenze a livello federale qualunque fosse stato l’esito, l’appello del Mississippi l’ha fatto arrivare nelle mani della Corte Suprema. In un verdetto inaspettato, la Corte si è schierata a favore del governo Dobbs, di fatto di terminando Roe v. Wade dopo quasi 50 anni. 

 
 
 
 
 
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Cosa è successo dopo:

La reazione del paese è stata un’ondata di stupore, paura e proteste. Il Center for Reproductive Rights non ha mai smesso di lottare per restituire ad ogni donna americana il diritto all’aborto, sfidando legalmente tutti i divieti imposti a livello statale. Il risultato è stata la sospensione dei divieti in almeno 10 stati, anche se alcuni sono poi tornati in vigore poco dopo.

L’effetto più visibile è che nella seconda parte del 2022 migliaia di cliniche sono state chiuse o spostate in stati considerati più abortion-friendly, lasciando Mississippi, Louisiana e West Virginia, tra gli altri, completamente senza. Ma sopratutto mettendo migliaia di donne nella condizione di dover viaggiare per sospendere la propria gravidanza indesiderata, aumentando i problemi socio-economici legati a questa pratica. 

Un’altra problematica conseguenza della sospensione di Roe v. Wade è l’aumento esponenziale della richiesta negli stati abortion-friendly. Molti degli stati che permettono la l’aborto a e proteggono i medici praticanti sono infatti stati assaliti dai non-residenti in cerca di qualcuno che potesse aiutarli ad abortire. In Illinois, solo due mesi dopo la scelta della Corte Suprema,  l’86% dei pazienti proveniva da altri stati e l’attesa era salita a tre settimane. Un periodo di tempo che non tutte le pazienti, talvolta ad elevato rischio di salute, possono permettersi di aspettare.

 
 
 
 
 
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“Il modo più veloce di ripristinare Roe è votare per i Democratici alle elezioni di metà termine”, aveva detto all’alba della decisione il Presidente Biden. Criticato per non aver fatto abbastanza, bisogna tuttavia riconoscere che Biden aveva ragione. Effettivamente, l’aborto è stato un tema chiave per le Midterm Elections di novembre, tanto da portare alcuni esperti a credere che sia stato l’unico deterrente della “ondata rossa” che era prevista a favore dei Repubblicani. Nonostante questi ultimi abbiano comunque vinto, lo hanno fatto con un margine troppo piccolo per lasciargli il controllo assoluto della House. In Congresso sarà infatti scontro per (quasi) ogni nuova legislatura, almeno fino alle presidenziali del 2024.

Cosa succederà?

Insomma, la battaglia a Washington, nei tribunali e nelle piazze di tutto il paese continua e continuerà per tutto il 2023, un anno cruciale per decidere i diritti riproduttivi delle donne americane. Ma cosa possiamo aspettarci che succeda prossimamente?

Gli attivisti stanno portando avanti la protesta su diversi fronti e con diversi messi. In primis sul fronte legale, continuando a citare gli stati o le organizzazioni che impediscono l’aborto. Sebbene non sempre un successo, questa strategia mantiene l’aborto costantemente al centro del dibattito publico, sensibilizzando cosi la popolazione ma sopratutto rallentando o mettendo in pausa i divieti.

 
 
 
 
 
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Allo stesso tempo, le numerose raccolte fondi in corso aiutano le donne in condizioni socio-economiche svantaggiose a portare avanti il loro aborto, pagando ad esempio le spese di viaggio in stati abortion-friendly. Lo sgomento per la decisione è stato tale da mobilitare risorse enormi in tutto il paese (e non solo) per far si che le donne che provengono da stati dove verrebbero perseguitate legalmente siano invece protette e supportate durante tutto il percorso e anche dopo.

L’ultima novità risale a pochi giorni fa e potrebbe essere una prima vittoria per i sostenitori dei diritti riproduttivi delle donne nel nuovo anno. La Food and Drug Administration (FDA) sembrerebbe infatti disposta ad un cambio al regolamento che permetterebbe di acquistare delle pillole per abortire in farmacia. Fino ad oggi, queste pillole da usare nelle prime 10 settimane di gravidanza, potevano essere distribuite solo dai dottori di persona o per posta. Con questo cambio invece, potrebbero essere le stesse farmacie a distribuirle senza ulteriori prescrizioni, aumentando incredibilmente l’accesso.

 
 
 
 
 
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Nonostante ciò, migliaia di donne restano a rischio, vulnerabili alle complicazioni legate alla gravidanza. La University of Colorado Boulder ha rilasciato uno studio che dimostra che le morti in maternità aumenterebbero del 24%, se venisse imposto un divieto a livello nazionale.

In un mosaico di legislature e battaglie, ancora una volta gli Stati Uniti dovranno fare i conti con la polarizzazione interna che li contraddistingue.

 

Images Manny Becerra on Unsplash