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Fake new: perché nascono e chi le diffonde

Bufale e notizie false, create a bella posta o semplice frutto della cialtroneria, muovono il mondo delle condivisioni online e si riflettono sui quotidiani. Amplificando l’inquinamento dell’ecosistema multimediale.

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La prima fake new è stata pubblicata il 15 maggio 1973 su un giornale della Facoltà di Scienze politiche della University of Utah e riguardava l’avvistamento da parte del pastore di capre John Cunningam di un cavallo con due teste tra le distese di pietre del Great Salt Lake Desert. Il capo dei Ranger del Parco, Henry Loyd, su richiesta del pastore, trascorse l’intero pomeriggio alla ricerca dello strano animale ma poi perse l’orientamento e venne ritrovato moto alcuni giorni dopo, con degli strani morsi sul corpo.

Questo è un esempio di bufala, di quelle che trovate a mucchi sui social e in rete. Gli ingredienti sono più o meno sempre gli stessi: un fatto eclatante ma con delle parvenze di verosimiglianza, un ente/istituzione di un paese che esiste ma di cui si parla poco, una strizzatina d’occhio ad un qualche tipo di teoria complottista e un nome orecchiabile a caso, per rendere il tutto più realistico possibile. L’ecosistema multimediale è ormai talmente inquinato e invaso da questo tipo di spazzatura, da aver perso buona parte del suo ruolo di fonte informativa diretta, non mediata e genuina.

 
 
 
 
 
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Una situazione così infetta da aver generato, giocoforza, la nascita di alcuni templari della buona informazione che, sotto la bandiera del debunking, si espongono all’odio social e alle minacce di varia gravità per svelare tutte le fake news che ogni giorno pervadono timeline, pagine e sistemi vari di messaggistica. Lo sanno bene quelli di Bufale Un Tanto Al Chilo e Bufale.net, ma non solo, che dedicato tempo, energie e pazienza a filtrare tutto il percolato del web per dimostrare quanto c’è di fasullo e di falso le i milioni di lanci e “notizie” che invadono ogni giorno la rete. 

Ma poi, quale sarà la prolifica fonte di tanta dis-informazione?

Interrogativo opportuno ma la cui risposta non è semplice. Infatti non si tratta semplicemente di attivisti che utilizzano il web e i social per fare proselitismo e influenzare l’opinione pubblica rispetto a tematiche sociali o politiche. Succede spesso che le varie bestie di partito vengano colte in fallo nel propagandare foto ritoccate, notizie molto addomesticate o dati palesemente fasulli. Molto più spesso però dietro ai diffusori di notizie indifferenziate, quelle da sacco nero insomma, ci sono interessi e operatori interessati soltanto ad un ritorno economico, di visibilità e di fama. Questo rende ancora più mefitico l’inquinamento del web perché qualunque materia diventa spunto e terreno per inventare avvenimenti, tragedie, presunti illeciti, col solo scopo di stimolare le coscienze di coloro che spesso leggono solo la prima riga, non aprono il link e poi condividono e commentano con frasi da codice penale. Una legge dello Stato italiano che poi spesso si trovano a dover consultare con attenzione, insieme ad un buon avvocato, quando con somma sorpresa vengono chiamati a rispondere di accuse, minacce e diffamazioni varie.

 
 
 
 
 
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Le strategie che portano alla nascita delle fake new e le fake stesse potrebbero anche essere archiviate nella cartella “chissene” se non fosse che tutto quel pattume contribuisce in maniera importante a determinare orientamenti e opinioni, oltre a portare spesso gli internauti meno accorti nelle braccia di truffatori di varia natura. Strategie che pescano nel mucchio, lanciando ami con esche più o meno velenose a cui una certa quota di navigatori abbocca. Se ti rifilano per la millesima volta che a Vigevano hanno trovato in soffitta 100milioni di lire ma la banca, crudele, si rifiuta di convertirli in euro al limite ci fai una risata sopra. Ma a volte la sfida è più subdola e ci si trova con delle notizie più serie, magari corredate da immagini molto ben fatte anche grazie all’intelligenza artificiale. In quel caso servono tempo libero e nervi saldi per verificare ogni cosa prima di condividerla e di crederci, per evitare di inquinare ulteriormente i social ed anche la nostra coscienza. 

In tutto questo i media giocano un ruolo spesso non positivo ed anche grandi testate si bevono fake talmente evidenti e spudorate da sorprendere anche il più strenuo difensore della stampa tradizionale. Il rumore di fondo delle bufale viene poi amplificato a dismisura da comunicatori, presentatori ed anche giornalisti che in tv ed alla radio rilanciano baggianate evidenti senza farsi troppe domande.

Il risultato è l’assimilazione abbastanza inconsapevole di una quantità di notizie inutili, fasulle, fuorvianti che poi si depositano e condensano, creando false convinzioni e opinioni orientate ad arte.

 

 

Illustrazione di Gloria Dozio - Acrimònia Studios