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Dal G20 di Roma al Cop26 di Glasgow

I Paesi sviluppati dovrebbero mantenere la loro promessa di mobilitare almeno 100 miliardi di dollari l’anno in finanziamenti per il clima entro il 2020

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Per gli esperti era necessario almeno l’intento di superare gli accordi di Parigi, 2015, per mantenere viva la speranza di contenere l’aumento della temperatura a 1,5. La COP26 doveva essere decisiva.

Per raggiungere questi obiettivi ambiziosi, ciascun Paese avrebbe dovuto:

Azzerare le emissioni nette a livello globale entro il 2050 e puntare a limitare l’aumento delle temperature a 1,5°C tramite un’accelerazione del processo di fuoriuscita dal carbone. ridurre la deforestazione, accelerare la transizione verso i veicoli elettrici, incoraggiare gli investimenti nelle rinnovabili. Inoltre, adattarsi per la salvaguardia delle comunità e degli habitat naturali. proteggere e ripristinare gli ecosistemi, costruire difese, sistemi di allerta, infrastrutture e agricolture più resilienti per contrastare la perdita di abitazioni e persino di vite umane. 

Per raggiungere questi obiettivi, i Paesi sviluppati dovrebbero mantenere la loro promessa di mobilitare almeno 100 miliardi di dollari l’anno in finanziamenti per il clima entro il 2020. 

Altro mantra, per gli esperti è che solo lavorando tutti assieme potremmo affrontare le sfide della crisi climatica quindi “Agire subito!”. Ma Cina e India, Russia e Australia frenano come hanno già fatto a Parigi e al G20 di Roma.

Solo parole, come dice Greta Thunberg o qualche risultato si è raggiunto? A sentire il Presidente Draghi qualche segno di incoraggiamento c’è: “Nel G20 ci sono stati spostamenti delle posizioni precedentemente assunti da Russia a Cina verso maggiore vicinanza al tema clima. Sul piano degli obiettivi, delle ambizioni, non ci sono molte differenze. Sulla velocità con cui affrontare le sfide ancora ci sono divergenze. Che sia stato per la prima volta accettato da tutti che i gradi necessari siano un grado e mezzo e non due è molto importante. Questo impegna questi Paesi ad azioni coerenti di fronte all'opinione pubblica. Non è che facendo pressione su Paesi come l'India che si ottengono risultati: occorre la pressione dell'opinione pubblica e degli attivisti del clima che non smettiamo mai di ringraziare. E poi l'India al G20 ha molto aiutato ad esempio sull'obiettivo di metà secolo. Con la diplomazia dello scontro non si arriva a niente. 

 
 
 
 
 
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Queste parole, per quanto distensive, bastano per rassicurarci? Ovviamente no.

Per Greta e tutti gli attivisti la COP26 è stato un totale fallimento mentre per molti esperti ci sono le basi che possono limitare i danni futuri, pur essendo ben lontani dalla soluzione ottimale, quella di ridurre di due gradi, entro il 2050, l’emissione di CO2.

Qualcuno ha proposto la soluzione di piantare almeno mille miliardi di alberi, da qui al 2030, il che vuol dire piantarne 240 milioni al giorno; parole in libertà!

Un fine analista, Ottavio Cappellani, che dell’ironia ha fatto la propria cifra, scrive ne “La Sicilia”: “Greta ha ragione ma è ingenua, quasi una “utile idiota”. La verità, semplicemente è che il “terzo mondo” è destinato ad allargarsi, sempre di più. Che il mondo sia destinato a bruciare è inevitabile. Resteranno isole di benessere, protette. Con il climatizzatore attaccato direttamente alla giugulare di altri esseri umani. Benvenuti nella distopia dei vampiri”.

E intanto l’orologio scorre. Il 4 novembre gli scienziati hanno aggiornato con gli ultimi dati scientifici disponibili il “Climate Clock”, l’orologio che ci indica con precisione di quanto abbiamo superato la temperatura media rispetto all’epoca preindustriale, quanta anidride carbonica abbiamo immesso in atmosfera e soprattutto quanto tempo ci resta prima di superare la temperatura critica fissata dagli esperti. Mancano 10 anni, 5 mesi e qualche giorno per superare la soglia di 1,5° C, cosa che accadrà attorno al 20 aprile del 2032. Poi, a sentire gli esperti e non Greta, ci sarà una catastrofe climatica.

Auguri a tutti!