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Non un Happy Meal: l’infelice caso Burgez

Dalle stelle alle stalle

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Burgez nasce come una catena di hamburger, con punti vendita distribuiti in tutta Milano. Ma se i panini riscuotono un certo successo, non si può dire lo stesso della loro infelice campagna social, fatta di slogan misogini e sessisti. 

Già lo scorso marzo il brand di panini destò la perplessità di molti, postando per la festa della donna la foto di una loro maglietta brandizzata con istruzioni d’uso per una, secondo loro, impeccabile posizione sessuale. Le raffinate pagine del Kamasutra sono un lontano miraggio, sic. 

La pubblicità, completamente fuori contesto, lasciò tuttavia il tempo che trovò, e Burgez ha continuato imperterrito a sfornare panini nel centro meneghino. 

La situazione è precipitata ieri, quando una ragazza, rivolgendosi alla customer care nei DM di Instagram, si è prima vista rivolgere risposte supponenti e sgarbate, per poi scoprire che la pagina stessa, @instaburgez (oscurata poi in serata magicamente), era un ricettacolo di post offensivi

I responsabili della comunicazione di Burgez usavano il feed per lanciare pesanti messaggi razzisti, misogini, indecenti

Oltre ad uno squallidissimo post in cui s’invita il consumatore a scegliere fra la pace nel mondo e un hamburger handmade, con annessa foto di un bimbo munito di mitra e giubbotto antiproiettile, colpiscono anche i ripetuti insulti sessisti ai danni delle loro clienti donne. Accusate di fare le preziose, pardon, le “fighe di legno”, di non voler fare le cassiere perché costrette a dei sacrifici che invece le donne filippine farebbero volentieri (e qui c’è la combo misogino-razzista che amici satiristi scansatevi), di essere un po' porche (testuali parole), vengono invitate a ordinare un hamburger, che forse porterà loro fortuna nel matchare il ragazzo giusto su Tinder, tipo Harvey Weinstein, come suggerisce l’ennesimo post da segnalazione istantanea. 

Questa comunicazione pessima e distorta, che dipingerebbe tutti i potenziali clienti di Burgez come degli orchi incastrati in un Medioevo 2.0, è molto subdola, perché non presente sulle insegne dei negozi o sul packaging dei panini, ma soltanto sul loro IG, una specie di terra franca in cui il prodotto sembra quasi passare in secondo piano, per lasciare spazio a delle parole in libertà. 

La potente rete di Instagram ha fatto sì che fra follower si diffondesse in poche ore la scandalosa realtà di Burgez, che ha portato alla chiusura della pagina social

La cosa più sorprendente e piuttosto disturbante di questa vicenda è come il potere di un messaggio possa velocemente cambiare le sorti di un’attività o le opinioni dei consumatori. È bastato un pessimo social media manager, guidato certamente dai piani alti, per portare Burgez, che a detta dei clienti confezionava ottimi panini, dalle stelle alle stalle, mettendo, in una situazione già precaria, ancora più a rischio tutti i dipendenti che ci lavorano. 

La comunicazione, che oggi più che mai è al centro di tutto, specialmente di un buon successo commerciale, è un territorio delicato e insidioso che non può essere lasciato nelle mani di chiunque. 

Ci auguriamo che Burgez non chiuda, ma che cambi radicalmente il suo approccio social, partendo da un doveroso post di scuse