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Italia in attesa

Passaporti, carte d'identità elettroniche, visite mediche. Per quanto sia bello, il nostro paese aspetta

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Le file sono spesso luoghi di socializzazione, soprattutto se sono animate e composte in prevalenza da persone che per motivi generazionali non passano tutto il tempo incollate allo smartphone ma preferiscono tentare di attaccare bottone o di sobillare la folla con affermazioni apocalittiche contro gli operatori dello sportello o le cassiere del supermercato.

E il modo di fare la fila è uno di quegli aspetti che caratterizza il nostro Bel Paese, spesso come pietra di paragone – negativa – rispetto ad altre realtà europee in cui non è necessario mettere l’elimina code e il numeretto in ogni luogo in cui si trovino riunite in attesa più di due persone, quale sistema di autotutela per evitare che scoppino risse e tafferugli.

L’allergia italica all’attesa è una dote innata che solo raramente viene messa da parte in favore di un atteggiamento comprensivo e rispettose delle regole. E l’allergia diventa un vero e proprio sfogo quando la fila non è reale ma virtuale e quindi non ci sono modi per saltarla, aggirarla o sveltirla ricorrendo a mezzucci e sotterfugi.

Come quando si tratta di richiedere il rilascio o il rinnovo del passaporto in vista di una partenza imminente per un bel viaggio di piacere alla scoperta delle bellezze del lontano Oriente. In quel caso c’è poco da sobillare, urlare o tentare sortite laterali: le regole sono precise, le procedure codificate, i tempi incomprimibili. Bisogna solo predisporre marche da bollo, certificati e foto tessera (che siano fatte bene, sennò si ricomincia tutto da capo) per poi attendere il proprio momento.

C’è stato un periodo, alcuni mesi fa, in cui sembrava che tutti i circa 60 milioni di abitanti dell’Italia dovessero assolutamente rinnovare il passaporto per una esigenza lavorativa all’estero o per il matrimonio thailandese del proprio migliore amico. Il sistema, per motivi mai chiariti del tutto, si era inceppato e le questure non erano in condizione di fissare appuntamenti in tempi rapidi, con lamentele e interrogazioni parlamentari.

 
 
 
 
 
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Fortunatamente la situazione nel frattempo pare migliorata e l’emergenza sembra rientrata: la questura di Vibo Valentia comunica che i tempi per il rilascio dei passaporti sono stati “abbattuti”; ad Avellino sono scesi al di sotto dei 10 giorni lavorativi; ad Ancona ne bastano 3; a Perugia si riesce in 1. E la notizia degli ultimi tempi è che Poste Italiane comincerà a rilasciare i passaporti negli uffici postali di Bologna, Verona e Cagliari e in tutto il loro territorio provinciale, quindi non più soltanto nei piccoli Comuni. Da metà settembre il servizio partirà anche a Milano, Roma e Napoli.

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Altro documento, altra storie di attese e promesse più o meno mancate. La carta di identità elettronica (CIE) viene rilasciata dai Comuni e dovrebbe essere la chiave magica per una serie infinita di agevolazioni e servizi, essendo dotata di chip e altri elementi modernissimi di identificazione. Non perdete tanto tempo a farvi belli per la foto tessera: quella che stamperanno sulla Cie sarà minuscola, in toni di grigio e ci vorrà una lente di ingrandimento per notare qualsiasi imperfezione o disarmonia nel vostro sguardo.

La richiesta deve essere inoltrata all’Ufficio anagrafe del proprio Comune di residenza ma poi la pratica viene gestita dal Ministero dell’Interno. In alcune zone vengono ancora organizzati degli Open Day e aperture straordinarie per consentire a tutti di prenotare il nuovo documento, segno che forse la filiera non è ancora del tutto rodata. In ogni caso anche per la carta di identità il caos registrato nei primi mesi del 2024 sembra solo un ricordo e per vedere di nuove file e persone incolonnate in attesa bisognerà probabilmente aspettare la primavera.

Ma, come si usa dice, quando c’è la salute… Il problema infatti è proprio quando questo elemento intangibile ma vitale risulta un po' carente. Ed allora bisogna ingegnarsi tra medici di famiglia, ticket e prenotazioni per dedicarsi alle verifiche del caso. E in questo caso l’attesa diventa davvero snervante anche a causa di un blackout incredibile che ha colpito l’Italia in modo particolare: abbiamo finito i medici.

Già, perché Covid a parte – facile a dirsi – il sistema sanitario pubblico italiano soffre di una carenza quasi cronica di personale, tanto che in alcune regioni vengono richiamati in servizio i pensionati ed in altre sono i medici cubani (sì, da Cuba) ad assicurare un servizio essenziale.

Durante la pandemia le visite ritenute “non urgenti” o incompatibili con le restrizioni del periodo sono state rinviate, con il risultato che ancora oggi ci sono liste di attesa di svariate decine di migliaia di prestazioni da smaltire. Facili da sopportare se la sospetta patologia è lieve ma ben più dure da digerire in caso contrario. Anche perché in questo settore, a differenza della richiesta di documenti, non ci sono tempi uguali per tutti e burocrazia democratica: coloro che possono mettere mano alla carta di credito trovano una struttura sanitaria privata e d’eccellenza che li tranquillizzi o li curi. Tutti gli altri possono mettersi in lista di attesa.

 

Illustrazione di Gloria Dozio - Acrimònia Studios