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Arabia Saudita, il calcio che inquina

Cosa c’è dietro i contratti faraonici di Mancini, Ronaldo, Benzema e Neymar? Perché i sauditi stanno investendo fiumi di miliardi nel pallone? La ragione è semplice: aumentare la produzione di petrolio. A dispetto dell’allarme climatico

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Ha messo sul piatto del mercato calcistico una massa di denaro impressionante: nel giro di pochi mesi l’Arabia Saudita ha strappato ai principali club del vecchio continente alcuni tra i campioni più amati e, soprattutto, più seguiti sui social. Il primo è stato Cristiano Ronaldo, l’ultimo Neymar. In mezzo fuoriclasse del calibro di Koulibaly, Benzema, Kanté, Dembelé, Brozovic, Milinkovic Savic. Senza dimenticare il team nazionale: i sauditi non hanno avuto scrupoli nell’offrire a Roberto Mancini un contratto impossibile da rifiutare. E infatti il ct azzurro, nel pieno di un Ferragosto bollente - e a soli 20 giorni da un doppio impegno decisivo per la squadra italiana - ha firmato: 70 milioni  più bonus fino al 2027, anno in cui è in calendario la Coppa d’Asia. Con buona pace di chi gli aveva cucito addosso la divisa di patriota dopo la vittoria ai campionati europei, perdonandogli pure la mancata qualificazione al mondiale, seconda consecutiva dopo quella firmata Giampiero Ventura. 

 
 
 
 
 
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La domanda è perché? Cosa c’è dietro questo prepotente ingresso sul palcoscenico del pallone del secondo maggior produttore di greggio al mondo dopo gli Stati Uniti? Proviamo capire. 

Il nuovo corso politico è guidato dal giovane principe Mohammed bin Salman, detto MbS che nel settembre 2022 ha assunto, su nomina del padre Salman Bin ‛Abd al-‘Azīz, la carica di premier. Da quel momento il principe, che vuole fare di Riad un ponte tra Oriente e Occidente, non ha perso tempo. E ha messo in campo una strategia d’immagine basata su tre punti cardine.

Uno: promuovere l’idea di un paese all’avanguardia rafforzando il progetto di sviluppo delle energie rinnovabili.

Due: annacquare il ricordo del brutale assassinio del giornalista Jamal Khashoggi, avvenuta nel consolato saudita di Istanbul, compiendo passi significativi sul campo dei diritti delle donne e recidendo il cordone ombelicale con il clero wahabita che aveva rafforzato le versioni più fanatiche dell’Islam e nutrito terroristi jiadisti come Osama Bin Laden e 15 dei dirottatori dell’11 settembre.

Tre: collocare lo sport, e soprattutto il calcio, al centro del processo sfruttando la forza comunicativa dei campioni che ha messo sotto contratto, trasformandoli, di fatto, in influencer. Poco importa se ogni tanto ci scappa il disguido. Come quello capitato a Ronaldo che rischia 90 frustate per avere abbracciato una tifosa in Iran commettendo, lui sposato con Georgina, il reato di adulterio. Ciò che conta è che Cristiano ha 109 milioni di follower e appena sbarcato a Riad l'ha indicata come la città con i migliori ristoranti del mondo: “Ho scelto l’Arabia Saudita perché qui si costruisce il futuro”. Già, ma quale futuro?

 
 
 
 
 
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Mentre l’allarme sul riscaldamento globale supera i livelli di guardia - il Copernicus Climate Change Service dell’Unione Europee e la Nasa, l’agenzia spaziale degli Stati Uniti, hanno appena denunciato che il mese di luglio è stato il più caldo mai registrato - Riad aumenta la produzione di petrolio toccando nuovi record. E il pianeta continua a far man bassa di energia fossile come se il problema ambientale non lo riguardasse: nel 2023 la domanda mondiale è destinata a crescere di 2,2 milioni barili al giorno. 

In questo scenario l’Arabia Saudita è una delle roccaforti dell'oro nero. La Saudi Aramco, la società che paga lo stipendio a Roberto Mancini, è al primo posto nella classifica delle 25 aziende che determinano la metà del rischio di crisi climatica. L’obiettivo dell’azienda di stato è di continuare a aumentare la capacità estrattiva fino al 2027, guarda caso lo stesso anno in cui scade l’accordo con l’ex ct della nazionale italiana. Obiettivo 13 milioni di barili al giorno.

Contemporaneamente a Riad si lavora per dare un’immagine d’avanguardia. Non a caso al recente forum Italo-Saudita tenutosi a Milano all’inizio di settembre, il ministro degli investimenti Khalid Al Falih ha annunciato che il turismo raggiungerà i 100 milioni di visitatori nel 2030, ricordando come il paese sia impegnato nella ricerca sull’idrogeno verde e nelle tecnologie di desalinizzazione e riciclaggio delle acque. E come sia già in stato avanzato un grande progetto di produzione di batterie elettriche per auto.

Un’operazione di maquillage in grande stile sotto la quale continua incessante l’estrazione del greggio che, secondo  stime recenti, può andare avanti per altri 60 anni. Il piano ha nello sport uno dei suoi punti di forza: è dell’ottobre 2022 la notizia che l’Arabia Saudita ospiterà i Giochi Invernali asiatici del 2029 in un futuristico impianto della nuova città di Neom per dimostrare che sì, è possibile sciare anche nel deserto. Una gustosa anteprima, insieme con la Coppa d’Asia, del mondiale di calcio che MbS conta di organizzare nel 2030 o, al più tardi, nel 2034.

 
 
 
 
 
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D’altra parte il calcio è una lingua globale: indirizza le opinioni nei riguardi di un paese molto più che la politica. E fornisce legittimità. Poco importa che il pallone galleggi in una mare di petrolio, poco importa che il tempo per ridurre i gas serra stia ormai finendo. Quel che conta è lo spettacolo. Gli anglosassoni, che in quanto a sintesi non sono secondi a nessuno, racchiudono tutto in una parola che rende perfettamente l’idea: sportwashing. 

I campioni ingaggiati dai club sauditi:

  • Karim Benzema: parametro zero (dal Real all’Al Ittihad)
  • Bono: 21 milioni (dal Siviglia all’Al-Hilal)
  • Marcelo Brozovic: 18 milioni (dall’Inter all’Al-Nassr)
  • Yannick Carrasco: 15 milioni (dall’Atletico all’Al-Shabab)
  • Moussa Dembélé: parametro zero (dal Lione all’Al-Ettifaq)
  • Merih Demiral: 20 milioni (dall’Atalanta all’Al-Ahli)
  • Hanin Diallo: 18 milioni (dallo Strasburgo all’Al-Shabab)
  • Fabinho: 46,70 milioni (dal Liverpool all’Al Ittihad)
  • Luiz Felipe: 22 milioni (dal Real Betis all’Al Ittihad)
  • Roberto Firmino: parametro zero (dal Liverpool all’Al-Ahli)
  • Seko Fofana: 25 milioni (dal Lens all’Al-Nassr)
  • Demarai Gray: 9,30 milioni (dall’Everton all’Al-Etiffaq)
  • Jack Hendry: 6,90 milioni (dal Bruges all’Al-Ettifaq)
  • Jordan Henderson: 14 milioni (dal Liverpool all’Al-Ettifaq)
  • Roger Ibanez: 30 milioni (dalla Roma all’Al-Ahli)
  • Jota: 29.10 milioni (dal Celtic all’Al Ittihad)
  • N’Golo Kante: parametro zero (dal Chelsea all’Al Ittihad)
  • Franck Kessie: 12,5 milioni (dal Barcellona all’Al-Ahli)
  • Kalidou Koulibaly: 23 milioni (dal Chelsea all’Al-Hilal)
  • Aymeric Laporte: 27.50 milioni (dal City all’Al-Nassr)
  • Riyad Mahrez: 35 milioni (dal City all’Al-Ahli) 
  • Malcom: 45 milioni (dallo Zenit all’Al-Hilal)
  • Sadio Mané: 30 milioni (dal Bayern Monaco all’Al-Nassr)
  • Edouard Mendy: 18.5 milioni (dal Chelsea all’Al-Ahli)
  • Sergej Milinkovic-Savic: 40 milioni (dalla Lazio all’Al-Hilal)
  • Aleksandar Mitrovic: 52,60 milioni (dal Fulham all’Al-Hilal)
  • Neymar Jr: 90 milioni (dal Psg all’Al-Hilal)
  • Otavio: 60 milioni (dal Porto al Al-Nassr)
  • Ruben Neves: 55 milioni (dal Wolverhampton allAl-Hilal)
  • Allan Saint-Maximin: 27,2 milioni (dal Newcastle all’Al-Ahli)
  • Alex Telles: 7 milioni (dal Manchester United all’Al-Nassr)
  • Gabri Veiga: 40 milioni (dal Celta Vigo all’Al-Ahli)
  • Georginio Wijnaldum: 8 milioni (dal Psg all’Al-Etiffaq)

 

 

 

Illustrazione di Gloria Dozio - Acrimònia Studios