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Ursula von der Leyen: il sofagate e la teoria della parità

Tempo di lettura: 3 min.

Una (triste) dimostrazione di come la strada per raggiungere l’uguaglianza di genere sia ancora molto lunga, a ogni livello (ma non per questo ci fermiamo)

Sembra una scena tratta da una bizzarra commedia degli errori d’autore, uno di quei film che trasmettono ai cineforum scolastici, dove dietro ogni scena surreale si nasconde una qualche strana riflessione. Il contesto però è decisamente serio: siamo ad Ankara, in Turchia, durante un incontro ufficiale tra la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, il presidente del Consiglio europeo Charles Michel e il premier della Turchia Recep Tayyip Erdogan.

I due delegati UE entrano in una stanza del palazzo presidenziale riccamente decorata, posano per le foto di rito, pare tutto nella norma, ma poi scatta la situazione bizzarra. Se i protagonisti della scena sono tre, le sedie predisposte sono soltanto due, dove si accomodano Erdogan e Michel lasciando una von der Leyen decisamente perplessa, che non sa bene come comportarsi e sembra nascondere dietro la mascherina un ehm di disappunto, ma che alla fine si accomoda su un divano a circa tre metri dai due uomini.

Se questa fosse davvero la scena di un film e la doveste analizzare, quale sarebbe il messaggio? Pare proprio una traduzione quasi letterale dell’idea di un potere stabilito che mette le donne da parte, così letterale che fa quasi ridere. E infatti i media hanno prontamente e con una certa ironia ribattezzato la vicenda #sofagate.

 
 
 
 
 
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Eric Mamer, portavoce della Commissione europea, ha commentato così la reazione della von der Leyen: “Era sorpresa ma ha preferito dare la priorità alla sostanza delle questioni affrontate rispetto al protocollo e alle forme”. Ma davvero stiamo parlando semplicemente di protocollo e forma?

Non serve avere una conoscenza profonda del mondo delle istituzioni e della politica per sapere ogni azione pubblica può essere caricata di significato. Non stiamo parlando di un allegro incontro tra amici al bar ma di un’occasione ufficiale con valenze diplomatiche dove tutto, dall’abbigliamento alla gestualità, è focalizzato ad “essere fotografato” e comunicare qualcosa.

Seguire le regole, l’etichetta è fondamentale e se il team di Michel sostiene che comunque il protocollo sia stato rispettato, poiché l’incontro ufficiale era tra il Presidente del Consiglio europeo ed Erdogan. Eppure, come fanno notare diverse fonti, questo episodio è decisamente anomalo e in passato a tutti i presidenti sono state riservate sedute equivalenti.

 
 
 
 
 
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Dunque tutto meno che forma, anzi proprio perché così visibile, questa vicenda appare ancora più palese ed esplicita. Non basta arrivare a ricoprire posizioni di potere e prestigio come quella di Ursula von der Leyen: se sei donna comunque a un certo punto qualcuno cercherà di metterti da parte e perché? Perché sei semplicemente donna. Logico.

Ed è un problema che trascende i contesti: potremmo spendere pagine a parlare di come in certi paesi la condizione femminile sia ancora fortemente problematica, a come la Turchia sia un paese per tanti versi proiettato nel futuro e con una ricca storia di movimenti femministi ma allo stesso tempo ancorato a una visione della società fortemente patriarcale, con un Erdogan che elogia le donne come madri ma allo stesso tempo ammette esplicitamente che non le ritiene uguali agli uomini; allo stesso tempo anche le reazioni della comunità europea e di Charles Michel, che si è detto “dispiaciuto” per l’accaduto, appaiono goffe e tiepide.

Secondo il Global gender gap report 2020 del World economic forum potrebbero volerci ancora 100 anni per colmare il divario di genere. Questo ovviamente da un punto di vista economico, ma abbiamo capito che si tratta di un problema molto più profondo, che ha radici sociali e culturali.

La strada è dunque ancora lunga, ma la risonanza di questo #sofagate ci fa riflettere su come la mentalità stia cambiando e si inizi a richiedere un’idea di parità che trascenda aspetti diversi, tutti importanti, nella sostanza e nella forma. Sperando che per arrivarci ci vogliano meno di 100 anni.

 
 
 
 
 
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150 150 Francesca Parravicini
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