Claudine Rollandin è una product manager. Un giorno rimane incinta e la sua vita cambia radicalmente. L’obiettivo non è più riprendere in mano il suo lavoro ma semplificare la vita delle neo mamme in carriera.
Più dell’80% dei genitori dichiara che quello che cercano in un lavoro è radicalmente cambiato da quando hanno avuto figli. A svelarlo è Promama, spazio web fondato dalla product manager, ex Everli, Claudine Rollandin, che ha la missione di rivoluzionare il paradigma delle mamme in carriera.
Claudine diventa madre nel 2022 e improvvisamente capisce che gli obiettivi di ritorno in azienda che si era prefissata durante la gravidanza non sono più reali. Dopo mesi passati a studiare i dati di occupazione delle donne con figli in Italia (1 donna su 2 con figli sotto i 6 anni non lavora), un giorno si sveglia e cambia vita. Così nasce Promama.
Quando siete nati cosa eravate?
Sono partita da sola, ho fondato Promama alla fine di maggio. Eravamo e siamo una piattaforma web che mette in contatto aziende e genitori. Vogliamo ricostruire il paradigma delle mamme in carriera. Aiutare i neo genitori a reinserirsi nel mondo del lavoro o a trovare ruoli più in linea con le nuove esigenze, evidenziando il vantaggio di avere un padre o una madre come dipendente e collega.
Oggi in piattaforma cosa offrite?
Siamo un punto di contatto tra aziende e genitori. Da un lato verifichiamo le aziende che entrano sulla piattaforma attraverso il Family Friendly Index, una metrica che ci permette di ottenere una loro valutazione. Se sono idonee, possono aver accesso allo spazio e ottenere una pagina vetrina che le racconti, postare offerte lavorative ed accedere a contenuti dedicati.
Dall’altro offriamo a madri e padri supporto. Li aiutiamo nel rivendicare i loro diritti. Nel 2024 lanceremo un percorso di accompagnamento al rientro al lavoro, focalizzato sulle persone che ad oggi sono disoccupate.
Visualizza questo post su Instagram
Chi lavora al progetto?
Oggi siamo 3 donne, tutte abbiamo dato le dimissioni post maternità. Una si occupa di marketing e community, un’altra di partnership e B2B. E io, come founder lavoro a tempo pieno su tutto.
Qual è il vostro modello di business quindi?
È un business B2B (business to business). Un modello a sottoscrizione annuale modulato sulla dimensione dell’azienda cliente. Con il pacchetto Premium offriamo qualcosa, con il Basic qualcos’altro. Attiveremo poi una parte B2C (business to client) con percorsi di supporto mensili per genitori.
Cosa facevi prima?
Lavoravo come product manager in un’azienda, costruivo e gestivo la piattaforma digitale. Il mio lavoro mi ha aiutato ad avere un approccio basato sui dati e a tenere il cliente al centro di ogni ragionamento strategico. Ho lavorato anche in consulenza e prima ancora in un incubatore di startup a San Francisco.
E poi cosa è successo?
Sono rimasta incinta. Ero presa e tesa perché avevo cambiato posizione da poco. Volevo assolutamente ottenere una promozione. Sono andata in maternità con molta ansia, convinta che sarei dovuta tornare attiva in tempo zero.
Una volta partorito ho ripreso contatto con la realtà, mi sono resa conto che le mie esigenze erano cambiate e studiando i dati di occupazione di donne con figli in Italia ho deciso di provare a migliorare la situazione.
Ho fatto quello che sapevo fare: un prodotto digitale.
Cosa si intende per livello di attenzione alla genitorialità nelle aziende?
Il livello di attenzione si basa su 4 aree principali: flessibilità (orari, lavoro da remoto), cultura aziendale (iniziative pensate per far sentire i genitori ascoltati accompagnati e riaccolti), congedi (se maggiorati, per mamme e soprattutto papà), supporto concreto e pratico (convenzione con asili e assicurazione medica).
E ad oggi qual è il livello nelle aziende?
Devo ammettere che il tema è sempre più sentito, anche se la media non è ancora sufficiente. Le aziende si stanno muovendo per mettere le persone al centro. Noi lavoriamo con realtà che da fuori risultano particolarmente attente a queste tematiche.
Come si combatte la disparità di genere?
Dal punto di vista della maternità, lavorando sulla co-genitorialità in casa per rendere la situazione a lavoro più equilibrata. Ho in mente un grafico di Claudia Goldin, Nobel dell’Economia che ha dimostrato il gender pay gap, che mostra il drastico impatto dell’arrivo del primo figlio. La differenza salariale tra madri e padri inizia ad ampliarsi sempre di più proprio da quel momento.
Avendo sposato questa mission valoriale, siete capite? Avete investitori?
Ad oggi siamo nella cosiddetta fase di bootstrapping (prime fasi di avvio di una startup in modo indipendente, facendo uso solo delle proprie risorse senza affidarsi a finanziatori esterni). Non stiamo cercando fondi e non ne cercheremo per i prossimi 12 mesi. Se riuscissimo ad arrivare al breakeven senza investimenti, tanto di cappello.
Avete riscontrato problemi perché vi occupate di gender gap?
Parlando con le aziende ci è capitato di trovare chi non fosse così sensibile al tema. I pregiudizi nel mondo del lavoro sono molti e piuttosto forti. Si tratta però di una parte residuale delle conversazioni che ho avuto.
Riuscite a guadagnarvi da vivere?
Non ancora. Abbiamo lanciato la piattaforma a settembre. Stando al business plan arriveremo al breakeven tra la fine dell’anno prossimo e il 2025. Incrociamo le dita!
Illustrazione di Gloria Dozio – Acrimònia Studios
Foto di Claudine Rollandin