venerdì, 04 Ottobre 2024
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venerdì, 04 Ottobre 2024

Un discorso storico e quel che ne consegue

Tempo di lettura: 4 min.

Proviamo a spiegare cosa è successo col cosiddetto “Draghicidio” e con un piccolo gioco di fantasia immaginiamo cosa ci aspetta da qui al 25 settembre, data delle elezioni

Apriamo con un inciso che riguarda chi scrive: le previsioni sul discorso del premier di mercoledi 20 luglio erano tutte rivolte nel solco della Ratio atque Institutio Studiorum, ovvero il metodo scolastico fondato dalla Compagnia di Gesù, di Ignazio di Loyola. 

In parole povere si pensava che mai avrebbe attaccato frontalmente i suoi dirimpettai ma, anzi, li avrebbe ringraziati per il lavoro svolto, riconoscendo come giuste le loro tante pretese, soprattutto (questo lo dice chi scrive) l’assalto alla diligenza a quella che sarebbe stata la prossima legge di bilancio, in vista della futura tornata elettorale. Avrebbe concluso dicendo di sentirsi inadeguato (sic!) nell’accontentarli per un limite dovuto alla sua cultura economica e sociale. Ci si sarebbe aspettato, convinti tanto da metterci la mano sul fuoco, una presa per i fondelli in pieno stile gesuita.

 
 
 
 
 
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E qui, ancora chi scrive, si ritorna alla presentazione che Acrimonia fece del neo eletto premier, diciotto mesi fa, rilevandone la prossemica; si mise in evidenza la sua formazione gesuita, avvertendo che sarebbe stato un aspetto caratteriale da non sottovalutare.

Invece si è assistito, rischiando la fine di Muzio Scevola, ad un emulo di Mike Tyson, al centro del ring con le gambe ben piantate, picchiare come un fabbro ferraio, a suon di diretti, ganci e montanti, prima il Movimento 5 Stelle e poi la Lega (la più determinata nell’assalto alla prossima finanziaria, avendo già chiesto uno scostamento di ben 50 miliardi). 

Gli schiaffoni finali, nella replica alle dichiarazioni dei capi gruppo, sublimavano un discorso storico (by Paolo Mieli) determinando lo stesso punto di caduta che comunque si era previsto da oltre un mese, dimissioni irrevocabili e subito al voto. 

Previsione facile, questa si, dal momento che il Professor Mario Draghi mai avrebbe accettato uno scostamento di bilancio nella finanziaria; sarebbe stato come costringere un vegano a mangiare una “bella fiorentina al sangue” o, peggio ancora, offrire alla mia ex moglie un uovo all’ostrica. Uno shock alimentare ed emotivo!

 
 
 
 
 
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Un post condiviso da Torcha (@torcha)

Ci sono dei dati fattuali nelle prossime elezioni da tenere in considerazione; non si è mai votato in estate, la diciannovesima legislatura sarà la prima formata con il sostanziale taglio dei parlamentari e i partiti avranno tempo fino al 14 agosto per presentare i simboli con conseguente data del 21 agosto per depositare le liste. Un tour de force, sotto il solleone, da non augurare al peggior nemico. 

Ora fissiamo due punti immaginari molto probabili: il primo riguarda una corposa astensione dal voto, il secondo che la maggior parte dei partiti di entrambi gli schieramenti si rifaranno, in campagna elettorale, “all’agenda Draghi”.

Adesso iniziamo il nostro gioco (sforzo) di fantasia analizzando il travaglio di due elettori: uno di centro destra, l’altro di sinistra. Non a caso rappresentanti delle due fasce a più alto rischio di astensione. 

Visto il caldo insopportabile di questa estate, facciamoli scendere negli inferi della scelta elettorale, in una sorta di slalom parallelo. Il primo si dichiara riformista, moderato e liberale, la sua sponda naturale è Forza Italia e ha in Silvio Berlusconi il suo unico leader. Il secondo si dice riformista (chi non lo è?), crede nella centralità dello Stato, mette al primo posto il lavoro e la solidarietà sociale, ma soprattutto non ha nel PD la sua stella polare.

PD che assieme a Fratelli d’Italia, non dovrebbe piangere lacrime e sangue per il già citato taglio dei parlamentari, stando a quel che ci dicono i sondaggi.

 
 
 
 
 
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In questo momento i due nostri elettori sono fermi all’intertempo della loro discesa, trovandosi in una situazione di “stallo alla messicana”.

L’elettore di centro destra si ritrova in un partito che ha appena contribuito, con l’astensione al voto di fiducia, alla caduta del governo del quale il presidente Berlusconi era convinto sostenitore, tanto da rivendicarne la paternità. Il suo dilemma è di dover votare un partito appiattito su posizioni estreme, sovraniste e populiste, con le quali il suo leader ha sempre saputo mediare per proteggere e identificare meglio il proprio elettorato moderato. 

Parallelamente l’elettore di sinistra è chiamato per l’ennesima volta a dover sostenere “il voto utile” a favore del PD che si pone come unico argine contro l’ormai stucchevole “spauracchio delle destre”; per di più dovrebbe votare per un partito che si riconosce nell’agenda Draghi che economicamente non è proprio l’espressione di una centralità dello Stato, con una cultura dedita alla solidarietà sociale. La decisione è se spostarsi al centro, verso una politica economica che tende al liberalismo.

 
 
 
 
 
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Un post condiviso da Mario Draghi (@mario_draghi_official)

Si perché Mario Draghi, che nel suo alveo economico culturale è fuor di dubbio un fuoriclasse, pur essendo stato uno dei migliori allievi del Professor Federico Caffè non si può definire nemmeno un Keynesiano, ma un economista di stampo liberale e neoliberista, come certificato dal Professor Giulio Sapelli; un po’ come il più modesto senatore Mario Monti, altro “salvatore della Patria” dei tempi che furono. 

Quindi, quanto più lontano possibile da un Pensiero di sinistra.

Nel mezzo o nel “vuoto senza pensiero”, esiste un ipotetico centro, con una mezza dozzina di “centrini” provenienti sia da destra che da sinistra che in mancanza di un progetto organico, si rifanno all’agenda Draghi, tirata in lungo e in largo come fosse un elastico. Se in questi pochi giorni sapranno unirsi, creeranno una coalizione con un peso elettorale stimato attorno al 8/10%, in caso contrario ben pochi entreranno in Parlamento.

 
 
 
 
 
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Sotto un infernale sole cocente, i nostri due eroi continueranno a riflettere fino al 25 Settembre, mentre l’intertempo ha già ripreso la sua corsa. Rimane lo “stallo alla messicana”, con lo spettro di un’alta astensione.

150 150 Gianfranco Gatta
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