Implicazioni, conseguenze e rischi della norma sul fine vita
La regione Toscana ha scelto, con un atto decisamente “di rottura”, di approvare una legge di iniziativa popolare sul fine vita, che regola tempi e modalità per l’accesso al suicidio assistito. Argomento ovviamente sensibile quanto divisivo, che ha subito generato la consueta battaglia di schieramenti, che partono dall’etica per finire chissà dove. Come prima risultato di questa contrapposizione la legge è stata congelata prima ancora di entrare effettivamente in vigore, dato che i gruppi di opposizione – di centro destra – hanno attivato una procedura di verifica, tecnicamente un “ricorso al collegio di garanzia statuaria per la verifica di conformità”, che ha bloccato l’entrata in vigore del provvedimento fino alla fine della valutazione da parte del collegio.
Si potrebbe dire che in questo modo si è passati da un limbo all’altro. Dall’indeterminatezza dell’assenza di regole e norme all’indeterminatezza di una legge regionale approvata ma sospesa, così come le vite di coloro che attendono di poter accedere alle procedure del fine vita.
Lo scontro oscilla quindi dal campo etico a quello procedurale e viceversa. Coloro che non trovano accettabile che esista una legge che “autorizza” il suicidio si lanciano in analisi giuridiche per dimostrare che solo lo stato nazionale può intervenire sulla materia e non certo una singola regione. Uno schermo burocratico, probabilmente, dietro cui nascondere una avversione etica, religiosa o politica verso la regolamentazione del suicidio assistito.
Suicidio assistito Toscana
Una regolamentazione che, nel caso della Toscana, prevede una procedura per la verifica dei requisiti del malato da parte della commissione multidisciplinare, della durata di massimo 20 giorni dal ricevimento della richiesta. Se l’esito della valutazione è positivo allora il percorso prosegue con l’approvazione o la definizione delle modalità di attuazione del suicidio medicalmente assistito entro 10 giorni, ed entro altri 7 giorni l’azienda sanitaria deve assicurare il supporto tecnico, farmacologico e sanitario.
Al di là delle schermaglie politiche e degli stratagemmi regolamentari appare piuttosto probabile che il Governo provvederà a portare la legge toscana alla Corte Costituzionale, per far disconoscere la capacità della regione di intervenire e riportare la palla sul campo parlamentare, magari ingolfando le procedure tra gli ovattati corridoi di Palazzo Chigi e Palazzo Madama.
Infatti, l’idea che si possa ricorrere al servizio sanitario nazionale per prenotare un suicidio, benché assistito, incontra comprensibili rilievi da chi ritiene che la sacralità della vita non possa essere in alcun modo portata a termine da un pur legalizzato intervento umano. In qualche modo riproponendo lo stesso principio secondo il quale viene ritenuta inaccettabile la pena di morte quale sanzione massima del codice penale. Una visione che, forse, vorrebbe evitare la nascita di una “filiera della morte” nella quale viene anche coinvolto il sistema sanitario pubblico. Ammesso che sull’argomento possano esistere delle risposte giuste, bisogna comunque tenere a mente che la legge sul fine vita non pare rivolta a chi, per incapacità di intendere o per il semplice gusto di farlo, pensa al suicidio. Quanto piuttosto a chi non ritiene di dover proseguire un cammino che si è fatto troppo arduo, faticoso e doloroso. E che forse dovrebbe poter decidere se e quando interromperlo.