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Sobrietà generazionale: la Gen Z e il rapporto con l’alcol

Tempo di lettura: 4 min.

Bere analcolico è sempre più cool. Ecco come stanno cambiando le abitudini della generazione Z.

Uno spettro si aggira sulle eccellenze enogastronomiche europee: lo spettro della Gen Z. Le fondamenta dei ministeri dell’Agricoltura non hanno ancora smesso di tremare per il via libera europeo alla possibilità di mangiare insetti che ecco arrivare un altro sciame sismico: i giovani bevono sempre meno alcol. A rivelarlo diverse indagini, condotte da Mintel e l’International Wine & Spirits Research: un fenomeno in forte crescita in Inghilterra e Francia, dal quale non è esclusa l’Italia. Uno scorno troppo grande per le DOP e DOCG del continente. Quali sono le cause? Ma soprattutto: cosa beve la Gen Z?

 
 
 
 
 
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I sondaggi registrano un aumento di persone che decidono di non bere bevande alcoliche, circa un terzo degli intervistati tra i 18 e i 24 anni. Le birre post lavoro ai banconi londinesi di un pub sembrano quindi sul viale del tramonto: che sia questo l’inizio della crisi dell’istituzione più solida del mondo anglosassone, dopo la Corona? Dopo le public house, toccherà allo spritzino post sessione esami?

Non sembrerebbe. In forte aumento è la fascia di bevitori che presta maggiore moderazione al consumo di alcol, limitandolo alle occasioni speciali, preferendo un approccio più consapevole: i restanti due terzi degli intervistati, infatti, dichiarano di preoccuparsi degli effetti psicologici e d’immagine che l’abuso di alcol comporta.

 
 
 
 
 
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Si parla di vera e propria hangxiety: ai noti sintomi fisici post sbornia, l’ansia da hangover aggiunge sensazione di  vuoto, d’imbarazzo per la sera precedente, paranoie, le quali si decuplicano pensando alla possibile diffusione sui social della propria poca sobrietà. Un aspetto rilevante, che porta molti Gen Z a evitare totalmente il consumo di alcolici.

L’apporto calorico è un altro fattore che incide sullo stile di vita alcol free: il 25% dei giovani evita le bevande alcoliche perché fonte di calorie inutili [1gm di alcol equivale a 7 kcal, ndr]. In questo caso non si fanno distinzioni di bevande: l’attenzione alle calorie riguarda tanto gli alcolici quanto bevande gassate e succhi, scelti se poveri di zuccheri.

Infine, anche il portafoglio vuole la sua parte: un terzo afferma di bere analcolico perché più economico rispetto a birra, vino e cocktail.

 
 
 
 
 
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Un post condiviso da JEN HIRST | SOBER COACH (@jenleehirst)

L’interrogativo sorge spontaneo: che si beve la Gen Z?!

Il mercato, si sa, è impossibile che venga colto alla sprovvista; si è adattato subito alla richiesta di bevande ipocaloriche e succhi di frutta dai gusti sempre più ricercati. Anche i barman ringraziano, ormai intolleranti alla ginger ale mania e a ogni richiesta virgin al bancone, o come si preferisce chiamarli oggi, mocktail.

Per chi non vuole rinunciare al gin tonic, l’azienda francese JNPR ha ideato una linea di distillati di ginepro, 100% alcol free e senza zuccheri: stando al loro blog, gli usi e i benefici dei loro prodotti sembrano illimitati! Rimanendo in Italia, Sabatini Gin porta nel bicchiere un blend più mediterraneo con Sabatini 0.0: foglie di salvia, timo, olivo, lavanda e verbena, garantiscono un viaggio tra i profumi della Toscana.

 
 
 
 
 
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Un post condiviso da Sabatini Gin (@sabatinigin)

In Italia, il Trentino Alto Adige sembra essere la regione locomotiva del bere analcolico, nonostante i dati dell’ISS: le province di Trento e Bolzano sono infatti tra le zone italiane più colpite dal fenomeno del binge drinking.

Sul fronte dei succhi di frutta, c’è chi della mela vuole svelare ogni segreto: Kohl, azienda altoatesina che ha deciso, citando il sito, di “lavorare le mele così come si fa con il vino”. Decine di cultivar, conosciute e riscoperte, che non hanno da invidiare nulla ai vini locali in materia di abbinamenti con il cibo. Completa il tutto un packaging elegante e pulito: anche l’occhio vuole la sua parte.

Sempre ai piedi delle Dolomiti, Feral rivoluziona il mondo della fermentazione, producendo bevande analcoliche a base di barbabietola, aromatizzate con spezie, legno ed erbe.

A metà strada tra Trento e Bolzano, Myalcolzero provoca il settore vitivinicolo della penisola, producendo vini analcolici, che non rinunciano a complessi e interessanti bouquet organolettici.

 
 
 
 
 
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Un post condiviso da FERAL – Fermented botanical drinks (no-alcohol) (@feral_drinks)

Anche l’universo delle soft drinks ha risposto alla richiesta di nuovi sapori. NO.AH, startup italiana, propone un readytodrink grintoso, in lattina, con note di peperoncino e zenzero, rinfrescato dall’essenza di menta.

Bevande Futuriste invece, punta su tre principi fondamentali: “bere bene, bere Bio e Made in Italy”. L’azienda trevigiana, oltre a una ricercata selezione di tè verdi freddi e succhi bio, propone Prohibito, una gamma di essenze naturali, ideali anche per la creazione di cocktail innovativi. Un assaggio dei loro prodotti: sciroppo al burro, sciroppo di cipolla rossa di Acquaviva; essenze al rabarbaro, rosmarino e cannella.

 
 
 
 
 
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Un post condiviso da PROHIBITO | The New Way Of Mixing (@prohibito_mixology)

Nel paese in cui la filiera vale, dalla vite al bicchiere, 20 miliardi di euro, 81 mila occupati per 2300 imprese (fonte Nomisma, 2024), le sobrie abitudini della Gen Z possono suonare come un allarme per un settore importante dell’export italiano. Nulla di più distante: questo trend ha aperto e aprirà a nuove possibilità imprenditoriali, colte da giovani startupper in grado di intercettare i nuovi bisogni, senza pregiudizi. 

Cheers! (ognuno con quello che vuole).

 

 

Illustrazione di Gloria Dozio – Acrimònia Studios

2560 1440 Federico Ingemi
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