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Silvio, il re nudo

Tempo di lettura: 5 min.

E’ morto a 86 anni Berlusconi, l’uomo che ha spaccato l’Italia e cambiato il modo di intendere e di volere delle nuove generazioni. Ora la storia può voltare pagina

La sua morte chiude una lunghissima pagina di storia e apre uno scenario pieno di incognite. Una cosa è sicura: senza di lui l’Italia sarà diversa. Berlusconi è certamente colui che nel dopoguerra l’ha cambiata più di ogni altro. Nessun politico ha avuto un impatto pari al suo sulla cultura del paese uscito distrutto dal conflitto ed entrato, nel giro di qualche decennio, nel G7, il club dei paesi più ricchi del mondo. Nessuno. 

Silvio Berlusconi, classe 1936, milanese, è stato tutto e il suo contrario. L’uomo del miracolo televisivo e del crollo finanziario, il presidente del Milan più vincente di sempre e il premier insultato dalla folla al Quirinale dopo le dimissioni che mai avrebbe voluto presentare, il leader capace di convincere George Bush e Putin a stringersi la mano e l’avversario politico più odiato. Ma è stato soprattutto un visionario e un precursore.

 
 
 
 
 
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Quando, nel 1978, rilevò Telemilano annunciando che avrebbe fatto concorrenza alla Rai tutti lo presero per matto come lo presero per matto quando acquistò un Milan agonizzante dichiarando che avrebbe riportato la Coppa del Campioni in piazza Duomo. La sua discesa in campo, poi, anticipò di molti anni il modello comunicativo che attraverso i social diverrà dominante e che oggi è adottato da tutti gli uomini politici. Nel 1994 Twitter, Facebook e Instagram non erano nemmeno allo stato embrionale, eppure il Cavaliere s’inventò il “post”. A diffonderlo non furono i social network ma i suoi tre canali televisivi. La Rai seguì a ruota. Nessun interlocutore, solo microfono e telecamera. Il filtro fatto in casa, una calza di nylon davanti all’obiettivo. I contorni sfumati, il tono della voce confidenziale, lo scenario domestico, scrivania e libreria alle spalle, il livello sociale messo in evidenza dall’abito e dalla solidità degli arredi. “L’Italia è il paese che amo. Qui ho le mie radici, le mie speranze e i miei orizzonti”.

Inizia con queste parole il proclama che si concluderà con l’annuncio dell’ingresso in politica. Un annuncio preparato meticolosamente allo scopo, sostengono gli avversari, di difendere le sue aziende dall’aggressione comunista che si profila all’orizzonte. Il muro di Berlino è già caduto da qualche anno, la sinistra ha tolto il termine comunista dal nome del partito tramutato da Pci a Pds, eppure Silvio picchia duro sul pericolo bolscevico. L’Unione Sovietica si è sgretolata? Chissenefrega. La gente ha bisogno di contenuti, paura, emozioni forti. Prenderà una valanga di voti facendo a pezzi quella che il “comunista” Achille Occhetto aveva definito una gioiosa macchina da guerra.

 
 
 
 
 
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Alle radici della sua ricchezza ci sono gli affari in campo immobiliare. Le ombre sull’origine dei capitali che danno il via all’impero non verranno mai dissipate. C’è chi parla di connessioni con ambienti della Sicilia peggiore. L’ascesa si realizza in fretta e furia. Dal mattone al tubo catodico il passo è breve. Quando entra in politica Silvio Berlusconi è già un uomo molto potente con un forte appoggio nelle fila del partito socialista allora guidato da Bettino Craxi suo testimone di nozze al matrimonio con Veronica Lario.

Attraverso le sue televisioni Berlusconi propone un modello che in poco tempo manda in frantumi gli schemi su cui si regge il modello culturale italiano fondato sulla fatica, lo studio, il sacrificio, la solidarietà. La donna che esce dalla cucina per salire sul palcoscenico viene misurata in base alla sua capacità di attrarre. Culi e tette si moltiplicano dietro lo schermo in un frullato pruriginoso che fa sgranare gli occhi ai nonni, eccita i padri, convince ragazze e mamme che la strada per arrivare non è complicata come quella indicata dai comunisti. La parola d’ordine è banalizzare: il miracolo italiano è possibile, basta seguire l’onda che Silvio cavalca con abilità straordinaria raccontando barzellette. Le regole? Fastidiose. Cosa serve a un ragazzo per arrivare?  Un buon barbiere, un bel vestito e tanto, tanto buonumore.

 
 
 
 
 
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E’ così che in meno di un decennio l’Italia cambia faccia. La caduta del primo governo Berlusconi a opera della Lega, la battuta di arresto subita da Prodi nel 1996 non sono che incidenti di percorso verso la conquista del potere. Nemmeno le martellanti indagini giudiziarie riescono a fermare l’ascesa dell’imprenditore milanese: lo stuolo di avvocati che lo seguono riesce a scardinare le accuse se è vero, come è vero, che dai 20 processi istruiti contro di lui è  sempre uscito assolto, prosciolto o prescritto salvo in un caso. Che si registrerà nella fase discendente quando la condanna per frode fiscale lo costringerà a dimettersi dal Senato.

Ma torniamo indietro. Nel 2001, dopo un quinquennio che vede alla guida del paese un centro sinistra dilaniato dai veleni interni, Silvio Berlusconi stravince le elezioni e dà vita al governo più longevo della storia della Repubblica: 1412 giorni, quasi quattro anni. Gli orizzonti di cui parlava nel “post” del 1994 sono stati raggiunti. Travolti i comunisti, Silvio ha la possibilità di mettere in campo le riforme liberali finora impedite dai comunisti mettendo mano a fisco e giustizia. Ma non ci riuscirà. 

 
 
 
 
 
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Riuscirà invece a gestire in modo inappropriato il passaggio dalla lira all’euro con un’aumento dei prezzi sconsiderato, nettamente superiore a quello registrato negli altri paesi europei. E riuscirà a convincere gli italiani a investire sempre meno nel lavoro e sempre più nelle attività finanziarie. Conflitti di interessi, tuona l’opposizione mettendo in guardia l’Europa che osserva perplessa attraverso la lente del primo ministro tedesco Angela Merkel. “Una culona inchiavabile” la definirà derubricando a barzelletta le preoccupazioni che crescono all’interno dell’Unione e negli ambienti della finanza internazionale. E l’Italia? Spaccata in due. Da una parte chi sta con Silvio, dall’altra chi è contro di lui.

Il suo principale avversario, Romano Prodi, lo batterà ancora nel 2006, ma il governo cadrà di nuovo abbattuto dai colpi bassi degli alleati di sinistra. E così, nel 2008, Berlusconi torna al potere. Seppur invecchiato è un Berlusconi che riesce ancora a fare presa sull’elettorato anche se si muove come un assetato di sesso senza scrupoli. Le cene eleganti, Ruby Rubacuori, le Olgettine: abbandonato dalla moglie, mette in scena uno spettacolo dalle atmosfere sempre più decadenti mentre l’azione politica non registra alcuna impennata. L’impennata decisiva è quella dello spread, il differenziale tra i titoli italiani e quelli tedeschi, che alla luce dalla crisi finanziaria del 2011 sale a livelli mai registrati costringendolo a rassegnare le dimissioni, pena il default dell’Italia.

“Un complotto internazionale” continuerà a ripetere negli ultimi anni della sua vita. Quando, con una vitalità straordinaria e facendo forza su una discreta quota di voti, riuscirà riabilitare la sua figura rientrando in parlamento e a candidarsi, senza successo, alla presidenza della Repubblica dopo il ritorno al potere del centrodestra guidato da Meloni di cui era alleato. Era. 

 
 
 
 
 
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Perché la caccia ad accappararsi i voti dei suoi parlamentari è già partita. In prima fila uno dei suoi puledri preferiti, Matteo Renzi. La storia volta pagina.

 

Illustrazione Acrimònia Studios

1920 1080 Giuliano Riva
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