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sabato, 05 Ottobre 2024

Sanremo amore mio

Tempo di lettura: 5 min.

Lo strano specchio dell’Italia di ieri e oggi

La manifestazione nazionalpopolare per eccellenza è una perfetta rappresentazione del nostro paese e delle sue contraddizioni, tra meme e reliquie del passato

 
 
 
 
 
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Un post condiviso da Mahmood (@mahmood)

C’è una settimana in Italia che è diversa da tutte le altre. Una settimana dove apparentemente tutto il paese si ferma e l’attenzione è focalizzata verso un singolo argomento: Sanremo. Nessuno può sfuggire, il Festival è un catalizzatore che cattura le attenzioni del Belpaese e ogni cosa che non è ‘sanremese’ passa in secondo piano.

Citando la celebre poesia di Catullo potremmo dire che i sentimenti degli Italiani nei confronti della manifestazione canora oscillano tra due poli di amo e odio, spesso senza sfumature nel mezzo perché, come vedremo, la natura stessa di Sanremo è estremamente complicata e contraddittoria. E ciò è dovuto alla sua storia.

Sanremo: il bel canto e la generazione Tik Tok

Per chi non lo sapesse, la manifestazione canterina nasce nel 1951, in un mondo completamente diverso da quello che conosciamo: l’Italia del dopoguerra che si affaccia al benessere con un piede nel passato e uno nel futuro, ideali ancora legati a una morale puritana, una TV che si presta al ruolo inedito di fare da “maestra” agli italiani, che a malapena sanno leggere e scrivere.

In questo contesto, una manifestazione come Sanremo, espressione di un varietà classico e anche un po’ ingessato, finestra di una musica ‘leggera’ assolutamente in tono con i tempi, non era assolutamente fuori posto, al contrario.

I tempi sono ovviamente cambiati, gli anni sono passati, eppure Sanremo è rimasto. E negli ultimi anni si è verificato un fenomeno decisamente interessante. Se fino a qualche tempo fa Sanremo era considerata una manifestazione appunto ancorata al passato, con i vari cori che ogni anno ne decretavano la morte, recentemente sta vivendo una sorta di rinascimento.

Merito di una selezione musicale più variegata, che tiene conto anche dei gusti del pubblico più giovane, che cerca la musica sul magico mondo di  internet.

 
 
 
 
 
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Un post condiviso da Elisa (@elisatoffoli)

La selezione dei cantanti sanremesi è diventata così uno strano ibrido e lo possiamo vedere chiaramente analizzando i concorrenti di quest’anno: le immancabili vecchie glorie come Gianni Morandi (a sorpresa terzo, ma chi non vorrebbe la sua energia? Neanche dopo 12 caffè), Iva Zanicchi e Massimo Ranieri, una figura come Elisa, moderna ma allo stesso tempo ricca di una carriera decisamente iconica, i nuovi cantautori impegnati come Fabrizio Moro e Giovanni Truppi, i figli dei talent, da Mahmood ad Emma ad Aka 7even, passando per Michele Bravi e Noemi, fenomeni indie venuti a galla del mainstream, come La Rappresentante di Lista, Ditonellapiaga, Highsnob e Hu e Rkomi, i i figli di SoundCloud e Tik Tok come Blanco e Matteo Romano.

Un impasto di generazioni diverse, media di partenza diversi, in cui ha trionfare è stata la nuova generazione, di Mahmood e Blanco. D’altronde lo scorso anno hanno trionfato i Maneskin: incredibile ma vero Sanremo è sempre più young.

Il pubblico della prima serata è stato composto al 71% da giovani, un dato che fa decisamente riflettere. Ma a portare i giovani verso il mondo di Sanremo è sempre Sanremo, non è stata solo la musica. Anche in questo caso viene in soccorso il magico mondo dell’internet.

 
 
 
 
 
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Un post condiviso da Sapore di male (@sapore.di.male)

Sanremo non è solo un fenomeno televisivo, è un fenomeno social: se avete aperto Twitter durante le serate del Festival, sarete stati invasi da meme geniali, dal megafono di Giusy Ferreri, alla contrapposizione tra la calma di Mahmood e il trollismo di Blanco, alle mitologiche apparizioni di Beppe Vessicchio salutato come una divinità. Il Festival con i suoi momenti nosense e le sue bizzarrie è una fucina per i memizzatori seriali. Di nuovo, magie dell’internet.

E come non citare il gioco del Fantasanremo, l’app che permette di creare delle “squadre” di cantanti, che acquisivano punti sulla base di una serie di frasi/azioni che i concorrenti della propria formazione dovevano pronunciare/fare. E allora abbiamo visto i cantanti, non solo la generazione young, urlare ‘papalina’ e ‘ciao Mara’ per far guadagnare punti ai giocatori, trasformando la visione del Festival in qualcosa di essenzialmente interattivo.

Un guazzabuglio di vecchi e nuovi valori

Non è Sanremo se non ci sono polemiche: ogni anno le aspettiamo e sarebbe veramente strano se non ci fossero.

Polemiche sui cachet, sui cantanti, sui conduttori. Ecco quest’anno la polemica sui conduttori è stata particolarmente ‘frizzante’  e ha messo in luce quale sia una delle caratteristiche fondanti di Sanremo, che esiste tra luci ed ombre.

 
 
 
 
 
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Un post condiviso da Sanremo Rai (@sanremorai)

Al timone della conduzione ancora una volta Amadeus, accompagnato da una rosa di co-conduttrici:  Ornella Muti, Sabrina Ferilli, Maria Chiara Giannetta, Lorena Cesarini e Drusilla Foer. E qui la situazione diventa abbastanza ingarbugliata. Da un lato abbiamo Amadeus, che preferisce usare il termine ‘co-conduttrici’ perché vallette è dispregiativo, ma allo stesso tempo definisce come ‘signore che allietano il palco’.

E viene da chiedersi se nel 2022 sia possibile fare polemiche sulla presenza delle donne, che sono ancora considerate una macro-categoria a parte, che vanno inserite nella mischia a prescindere, proprio perché sono ‘donne’ prima di tutto. Ed è estremamente snervante. Perché si perde l’individualità, l’esperienza, l’unicità.

Le donne sono portate a farsi voce di battaglie, di testimonianze, che sono spesso forgiate nella sofferenza, come l’esperienza con il razzismo di Lorena Cesarini o in forma diversa, la testimonianza di Maria Chiara Giannetta che ha portato sul palco le ragazze e i ragazzi ciechi che l’hanno affiancata nell’interpretare la detective non vedente della fiction Blanca.

Le esperienze sono valide, le sofferenze non si negano, anzi, vanno sempre messe in luce, ma c’è sempre la sensazione che Sanremo voglia trasmettere un’idea di integrazione e progresso ma lo faccia con stilemi datati, retorici e con narrazioni che sono in un certo senso ‘negative’.

C’è questa tendenza, nel linguaggio del Festival, ma in generale nei media italiani, di costruire narrazioni sul ‘diverso’ proprio sottolineando la sua ‘diversità’, credendo così di generare un progresso, ma così si crea una distanza tra noi e gli altri, che vanno sempre compatiti. La potente cassa di risonanza di Sanremo, che in questo è specchio perfetto del nostro paese, un guazzabuglio contraddittorio di passato, presente e un futuro a cui si affaccia spesso goffamente, non dovrebbe mandare in onda una retorica di ideali ma semplicemente storie belle, storie che esistono. È così che ci si affaccia a quella generazione nuova, che nonostante tutto, trash, gaffe e scivoloni, lo guarda e continuerà a guardarlo.

Chiudiamo con due quote che in mezzo a mille polemiche sono solo da prendere ad esempio, rispettivamente di Drusilla Foer e Sabrina Ferilli:

“La parola diversità non mi piace, ha in sé qualcosa di comparativo e una distanza che non mi convince. Ho cercato un termine per sostituirla e ho trovato unicità, mi piace, piace a tutti, perché tutti noi siamo capaci di notare l’unicità dell’altro e tutti pensiamo di essere unici. ma per comprendere e accettare la propria unicità è necessario capire di cosa è fatta, di che cosa siamo fatti noi, certamente delle cose belle, ambizioni, valori, convinzioni, talenti.”

“Allora  ho pensato a problemi più importanti, il femminismo, la body positivity, l’inclusione, ma io penso che per parlare di questi argomenti bisogna che lo faccia chi ci si sporca le mani, studia, conosce e da palcoscenici meno scintillanti di questo. Sono molto rispettosa delle competenze altrui. E invece sui social non c’è persona che non faccia un commento su qualsiasi cosa. Ci sono anche i temi come: il riscaldamento globale, la sovrappopolazione, la disparità salariale… ma perché la presenza mia deve per forza essere legata a un problema grosso, cosmico? Io sto qua per il mio lavoro, le mie scelte, la cosa migliore che mi poteva accompagnare su questo palco è la mia storia, credo che sia la cosa più bella che possa accompagnare le donne ovunque. Non è che non sappia quante cose ci sono da cambiare, da aggiustare, ma io sto nella mia linea, ho scelto la strada della leggerezza. In tempi così pesanti bisogna planare sulle cose con un cuore senza macigni, la leggerezza non è superficialità.”

150 150 Francesca Parravicini
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