Il rapporto di molti credenti italiani con l’universo dei Santi è piuttosto curioso, fatto di aspettative esagerate, riti ancestrali e manifestazioni dai contorni piuttosto laici
In ogni città e borgo d’Italia ci sono Santi patroni e protettori che vengono venerati in modo più o meno singolare e sincero. In alcuni casi ci sono grandi manifestazioni pubbliche, falò, strane corse o ricette dedicate. Col passare dei secoli storie e leggende hanno creato intorno ai Santi auree mistiche e bizzarre tradizioni, di cui non sempre si riesce a cogliere l’origine e il senso moderno.
Sfogliando il calendario, il 17 gennaio si festeggia il Santo protettore di animali e contadini, ossia Sant’Antonio Abate: un eremita egiziano che abbandonò ogni cosa per trasferirsi sulle rive del Mar Rosso. All’inizio i suoi miracoli erano legati al fuoco di Sant’Antonio appunto, malattia che avrebbe curato apponendo lardo di maiale sulla pelle. Da allora è passato molto tempo e nei secoli il rapporto con gli animali si è evoluto ed è migliorato tanto che proprio in quella occasione i quadrupedi più o meno pelosi, ma anche i bipedi con le stesse caratteristiche, possono essere condotti all’interno dei luoghi sacri per essere benedetti.
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A conferma delle contaminazione tra sacro e profano, pare che proprio nella notte tra il 16 e il 17 gennaio gli animali domestici abbiano la possibilità di parlare: un miracolo che porterebbe fortuna anche agli umani, ma solo a quelli che non origliano le conversazioni di cani, gatti, consigli, scoiattoli e affini.
La ricorrenza del 3 febbraio, festa di San Biagio a Milano, è doppiamente dedicata alla gola, per una reinterpretazione della leggenda originaria. E rappresenta anche una specie di celebrazione attiva delle politiche contro lo spreco alimentare, visto che in quella occasione, e sotto l’alto patronato del Santo, vengono smaltiti tutti i panettoni avanzati, nelle dispense casalinghe così come nei supermercati. Tradizione e leggenda vogliono infatti che, in un tempo indefinito nel passato, un frate non trovò il tempo di trattare il panettone a lui consegnato da una fedele affinché fosse benedetto.
Il frate, visto che la proprietaria del dolciume natalizio pareva essersi dimenticata della consegna, se lo mangiò tutto. Quando infine la fedele tornò a reclamare il panettone – pare fosse proprio il 3 febbraio – il religioso scoprì che all’interno della confezione era comparso un nuovo, enorme, dolce lievitato. E questo spiega solo uno di richiami alla gola, intesa in questo senso come desiderio di cibo gustoso. L’altro riferimento, quello alla salute e al mal di gola, rimanda alla parte più antica della storia di Biagio non ancora Santo: un vescovo martire armeno, che avrebbe salvato un bambino che aveva una spina di pesce in gola. Gola che poi appunto avrebbe nei secoli assunto anche un significato più ampio e prettamente legato al desiderio alimentare.
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Sempre il 3 ma anche il 5 febbraio si celebra il bis dei patroni di Venaus, in Val di Susa. Qui i santi patroni San Biagio e Sant’Agata vengono onorati con le consuete processioni e funzioni religiose a cui però si affianca un momento di folclore del tutto peculiare: la danza delle spade, che no, non è la mazurka della spada di Pugsley della famiglia Addams. In questo caso si tratta di 4 danzatori con un caratteristico cappello fiorito, corpetti decorati con damaschi e nastri, camicie bianche e pantaloni neri. Armati di lunghe spade gli Spadonari della Valle di Susa si prodigano in una particolare coreografia, incentrata su quattro movimenti: punta, quadri, cuori e salto. Il legame tra tutto questo scintillare di lame (a metà strada tra lo spadone medievale e la katana giapponese) e i 2 santi non è del tutto ovvio e la danza delle spade pare faccia riferimento alle scorrerie saracene del X secolo.
Il secondo mese dell’anno è ricco di feste e Patroni. Infatti il 14 febbraio si festeggia anche San Valentino, Santo dell’amore che secondo la leggenda fu il primo a celebrare l’unione tra un legionario romano e una donna cristiana. Valentino è il Patrono di Terni e ogni anno decine di coppie partecipano alla celebrazione della promessa d’amore dei fidanzati nella basilica di San Valentino. Quest’anno la celebrazione potrà contare su un ulteriore aggiornamento, su una lettura aggiornata diciamo. Il nuovo sindaco ha infatti spiegato, durante una seduta del Consiglio Comunale, che normalmente un uomo, quando passa una bella donna, le guarda il cxxo, ci prova e se ci riesce la tromxx pure.
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Il rapporto tra Santi, animali e credenti anima anche i rituali per la festa di San Domenico, celebrata a Cocullo, in Abruzzo. Al centro dell’evento e delle celebrazioni religiose ci sono i serpenti e i serpari. Leggenda e tradizione riferiscono di un sant’uomo che, prima di lasciare il paese – evidentemente colpito dal flagello dei rettili velenosi – donò agli abitanti un suo dente molare e un ferro della sua mula, quale protezione da veleno e attacchi ferini vari.
San Domenico diviene così il protettore e guaritore dai morsi velenosi e delle bestie rabbiose: durante la celebrazione del 1 maggio la statua del Santo, adornata di serpenti vivi, viene portata in processione. A seguire donne, uomini e ragazzi fanno la fila per prelevare terriccio da una piccola grotta situata dietro l’altare e poi afferrano con i denti una cordicella per far suonare tre volte la campana della chiesa.
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Sempre in quel mese, il 15 maggio, a Gubbio si svolge la storica e sentitissima festa/processione, ossia la Corsa dei Ceri, di cui protagonisti sono Sant’Ubaldo (patrono dei muratori), San Giorgio (protettore dei merciai) e Sant’Antonio Abate (protettore degli asinari e dei contadini).
Grandi e pesanti macchine, sovrastate dalle statue dei Santi, vengono portate a spalla e di corsa per le vie della città fino alla Basilica di Sant’Ubaldo, sulla vetta del monte Ingino. La peculiarità della manifestazione, affollata e molto colorata, è che non si tratta di una vera corsa, nel senso che l’ordine di partenza sarà lo stesso dell’arrivo, salvo infine misurare con opportuni rituali di quanto il primo distanzia gli altri.
Come succede anche in altre situazioni, l’originale senso religioso della ricorrenza si è leggermente sbiadito nel tempo e una buona parte dei peccati capitali possono facilmente essere riscontrati, nei dialoghi e nelle azioni, durante lo svolgimento della Corsa.
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Nessuna corsa ma un lento, lentissimo incedere per Santa Lucia, che a Siracusa si festeggia con andata e ritorno, il 13 e 20 dicembre, 2 giornate dedicate alla patrona martirizzata il 13 dicembre 304. Leggenda vuole che per accontentare un pretendente che si era invaghito di lei e della bellezza dei suoi occhi, Lucia se li cavò e gliene fece dono ricevendone per grazia altri 2, più belli di quelli dei quali si era privata. Questo portò però alla sua uccisione durante la persecuzione di Diocleziano. La processione delle Reliquie che attraversano la città dura molte ore e il dettaglio forse più singolare della tradizionale manifestazione siracusana è che il corteo che accompagna la carrozza è agghindato con abiti settecenteschi, con parrucca e livrea. Probabilmente la processione prosegue fino a Versailles.
Illustrazione di Gloria Dozio – Acrimònia Studios