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Salvini sbanda sui 30 km all’ora

Tempo di lettura: 3 min.

Il ministro attacca il sindaco di Bologna e pubblica una direttiva per limitare le zone a 30 all’ora. Era stato lui a dare il via libera. Ma questo non conta: contano i voti.

Stavolta si è incartato. La crociata contro il limite dei 30 km all’ora a Bologna rischia di trasformarsi in una scivolosissima buccia di banana per il ministro delle infrastrutture e dei trasporti Matteo Salvini. Pressato com’è dalla necessità di recuperare consenso menando fendenti contro i comunisti delle due torri e l’imbarazzo nel rinnegare un provvedimento che porta la sua firma. Un decreto del 22 dicembre 2022, con il quale, oltre a benedire il limite di velocità già adottato in molte città europee, stanziava anche 13 milioni di euro di cui 613 mila euro destinati proprio a Bologna. 

Scherzi della memoria. E di quel maledetto giorno in cui si è messo in testa di sorpassare a destra il suo viceministro, Galeazzo Bignami, punto di riferimento bolognese di Fratelli d’Italia, noto soprattutto per una foto con la divisa del terzo Reich e la svastica al braccio che impazza da tempo sul web (per chi non ci crede digitare su Google Galeazzo Bignami, immagini). 

Cosa ha combinato il sottoposto Galeazzo per costringere Salvini ad agitarsi tanto? Semplice: ha deciso di cavalcare il dissenso che l’introduzione dei 30 all’ora ha prodotto nel capoluogo emiliano promettendo un redeferendum per abolirli. Un’ottima idea per guadagnare voti, talmente buona che Salvini ha scelto di spingere sull’acceleratore e andare al di là. 

 
 
 
 
 
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«Costringere un’intera città a bloccarsi a 30 all’ora rischia di essere un danno per tutti, a partire da chi lavora, senza benefici proporzionali in termini di sicurezza e riduzione delle emissioni» ha tuonato il leader della Lega su X (leggasi Twitter). «Sono molto sorpreso che il Comune di Bologna motivi il provvedimento anche con la necessità di non coprire il cinguettio degli uccellini col frastuono dei veicoli. E mi sorprende che l’amministrazione mi rinfacci quanto fatto dal ministro precedente, Enrico Giovannini, che aveva auspicato l’adozione di zone 30». 

Ora, lasciamo stare il riferimento al cinquettio degli uccellini che un ministro della Repubblica si sarebbe anche potuto risparmiare. La domanda è: qualcuno gli ha teso un trappolone? Perché ha citato Giovannini? Perché non è stato avvertito che era stato proprio lui, tre giorni prima del Natale 2022, a firmare il decreto sulle zone 30? Quesiti che scottano. Quesiti congelati in fretta dall’entourage di Salvini che si è buttato a capofitto alla ricerca di una via d’uscita. 

Via d’uscita individuata in pochi giorni: una direttiva con la quale il ministero dei trasporti “commissaria” la rivoluzione a bassa velocità messa in campo dal sindaco dem di Bologna Matteo Lepore, imponendo dall’alto il ritorno al limite dei 50 orari salvo zone particolari. Un’acrobazia legislativa di matrice centralista che Lepore è pronto a contrastare dando il via a una battaglia giudiziaria che verosimilmente ci accompagnerà fino alle consultazioni europee. 

 
 
 
 
 
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Secondo uno studio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, se un’auto investe un pedone a 30 km all’ora esistono 9 possibilità su 10 che lo stesso pedone non perda la vita. Possibilità che scendono a 7 su 10 alla velocità di 40 km all’ora e crollano a 1 su 10 a 50 km orari. Ma questo al ministro evidentemente importa poco. Così come non importa il fatto che, dopo l’apripista Graz, il limite dei 30 è stato introdotto a Londra, Helsinki, Bilbao, Madrid, Barcellona, Amsterdam, Bruxelles, Berlino e molte altre città europee, comprese Olbia e Treviso amministrate dal centrodestra. 

E la bandiera dell’autonomia territoriale? Come si sposa un provvedimento di matrice centralista come quello del ministero di Salvini con la dottrina della Lega? Non si sposa, ma chissenefrega. Contano i voti bellezza. I voti.

 

 

Illustrazione di Gloria Dozio – Acrimònia Studios

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