Cosa significa essere una fotografa, ma soprattutto una fotoreporter donna in Italia?
Quando quest’estate ho conosciuto Irene durante una tappa del suo progetto IT∀LIA, oltre che dalla sua splendida persona sono subito rimasta colpita dai suoi lavori.
Il suo immaginario sa essere così caleidoscopico e paradossale e al tempo stesso così vivo, reale e fluorescente da non potersene dimenticare, forse perché troppo abituati all’idea che alla fotografia al femminile corrispondano solo immagini delicate e satinate (ma soprattutto foto di matrimoni) lasciando quelle più crude ai fotografi uomini.
Così ho deciso di fare quattro chiacchiere con lei approfondendo il discorso, ritrovandola in ogni singola parola delle sue risposte.
Spoiler: non aspettatevi foto dai toni pastello con fiorellini, glitter e zucchero a velo.
Ciao Irene! Descrivi chi sei attraverso le prime parole che ti vengono in mente senza pensarci.
Un’anomalia. Un’aliena. Una groupie di Lady Gaga. Ah già, sono anche una fotografa. ☺
So che fai tantissime cose fra cui la fotografa di personal branding e la docente, ma cosa significa per te essere una fotografa di reportage donna in Italia?
Significa poter essere uno dei volti del cambiamento.
Mal sopporto i tecnicismi fotografici portati avanti da una categoria (appunto quella dei fotografi, per il 90% uomini) che per molti anni è stata autoreferenziale e autocentrata.
Per me fotografia è infangarsi, sporcarsi di vita. Entrare in contatto.
Come pensi che sia la scena italiana del reportage al femminile rispetto a quella maschile?
Io soffro molto poco di “paragonite” quindi mi ispiro molto poco ad altri fotografi perché credo che guardare troppo fuori ti distolga dalla tua arte. Però devo dire che da quando ho conosciuto virtualmente Salento Death Valley e The Rainbow is Underestimated (entrambi uomini) mi sento meno sola nella mia follia. Secondo me nella fotografia è molto importante rivalutare “la bruttezza”. E sono felice, come donna, di poterlo fare. Gabriele e Piero ci sono riusciti ma da me, che sono una ragazza, ci si aspetta sempre un prodotto fotografico più “sugarcoated”, rivestito di zucchero, romantico, tenue. Ecco io voglio sovvertire queste aspettative.
Voglio gridare al mondo: “A me questo palazzo decadente piace. A me questi resti di cibo sul tavolo fanno impazzire”.
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Ti è mai successo di non sentirti presa sul serio per aver scelto un lavoro creativo? Se sì, come hai reagito?
Se avessi un euro per ogni volta che mi è stato detto: “Tu vuoi campare come fotografa? E senza fare i matrimoni? Auguri figlia mia” ad oggi sarei Paperona de Paperoni.
Sinceramente, mi è sempre entrato da un orecchio e uscito dall’altro. Da quando ero bambina disegnavo con le patate sui muri (per la gioia di mia madre) e mi imbambolavo a guardare le pubblicità in TV (non i cartoni, le pubblicità). Ho sempre saputo che lavorare nell’arte e nella comunicazione sarebbe stato nel mio destino. Sarà che sono dei Gemelli?
Un consiglio sincero a chi vuole intraprendere una carriera artistica: occhi sul tuo foglio, and move on.
Percepisci delle differenze fra l’Irene che scatta in Italia e l’Irene che scatta in America?
Si, sicuramente, ma perché io sono diversa a seconda di dove sto. L’Irene americana è molto spirituale, molto centrata e “nel flow”.
L’Irene italiana è mooolto italiana. E lascio volutamente aperta a interpretazioni questa frase.
C’è un’abitudine, un gesto, un rituale particolare a cui non riesci a rinunciare quando stai per scattare?
Accendo Spotify, metto le cuffie nelle orecchie e mi isolo dai rumori esterni. Sembra assurdo, ma per riuscire a vedere meglio il mondo ho bisogno di ascoltare in repeat determinate canzoni. Marracash, Rocco Hunt, Lady Gaga, Ex Otago, Gazzelle. Generalmente canzoni tristi. Ho scoperto Cosmo recentemente e mi fa volare.
C’è qualcosa che desideri fotografare più di ogni altra cosa ma che ancora non sei riuscita a trovare?
Vorrei ri-scattare questa foto. L’ho fatta nel 2013 alla fine di un party house a Los Angeles con una macchina fotografica non-professionale. La vorrei di una qualità migliore.
O forse va bene questa, dimmelo tu. ☺