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Quando il post viene prima del momento

Tempo di lettura: 3 min.

3 situazioni in cui la mania di fotografare e condividere rovina l’esperienza del qui ed ora

“Vivere in un mondo dove potremmo ballare” dicono Bob Sinclar e Molly Hammar nel singolo tropical house We Could Be Dancing. Potremmo ballare e invece non lo facciamo, preoccupati più dal far vedere che all’Ushuaïa ci siamo stati, poi che si sia passata l’intera serata col telefono in mano in cerca dell’istante perfetto da postare e non a ballare, è un altro discorso. Proprio di questo ha parlato Bob Sinclar in un video sfogo postato su Instagram, in cui esterna la dipendenza dal cellulare, a discapito dell’esperienza reale: sempre filtrata dallo schermo, in qualche modo anestetizzata.

Quali sono le occasioni in cui spesso questo accade?

Pagare per un concerto in 9:16

Ore e ore macinate su Spotify per imparare a memoria tutti gli album del tuo cantante preferito; altrettante spese in code virtuali per accaparrarsi un biglietto. Ci riesci, il countdown sull’Iphone che avevi settato un mese prima finalmente arriva ai suoi ultimi minuti e sei lì, nel parterre ad aspettare che tutto inizi. Al primo colpo di chitarra, una pioggia di schermi ti si parano davanti, gioco di specchi infiniti degni di una casa degli orrori del peggior luna park. Coinvolto dall’isteria digitale collettiva, anche tu aspetti la strofa perfetta da condividere in una storia, sperando che la strategia di orbiting faccia effetto e possa ricevere un like di speranza dalla tua ex. Forse i fan degli Oasis si godranno il momento che hanno atteso per 15 anni, o forse vorranno immortalare la reunion dei fratelli Gallagher, evento che per rarità fa invidia al passaggio della cometa di Halley.

Il tremendo fenomeno del #foodporn

Al centro dell’iCloud si impone un cumulo di terabyte composto da spritz annacquati, servizi fotografici a infinite distese di cacio e pepe prese da ogni angolazione possibile, nigiri e dragon roll che hanno visto tempi migliori. Sembra la scena finale di Piovono polpette, con l’ammasso di cibo che forma un globo sopra Swallow Marina, però con l’aggiunta del pistacchio, vero e indiscusso protagonista dei social. Se c’è una crociata che il Galateo dovrebbe portare avanti, non è quella del “non si dice buon appetito a tavola” bensì dell’abolizione del tremendo rito della foto ai piatti del ristorante: chissà quanti hanno mai veramente sfogliato la galleria del telefono per rivedere ciò che hanno mangiato.

Non mangiare che devo fare una foto” deve entrare nel registro delle red flag da non ignorare al primo aperitivo di conoscenza.

Overtourism in formato carosello

Anche viaggiare è cambiato da quando storie e caroselli Instagram di fine vacanza sono diventati più importanti del viaggio stesso. La ricerca dello scatto perfetto è diventata fonte di frustrazione: servono scorci e monumenti surreali, al limite della perfezione; nessun passante, nessuna auto. Luce perfetta, ma anche no, perchè tanto la color correction può fare miracoli. Le opere di un museo vengono consumate in un clic, le piazze liquidate in un reel: vittime e carnefici, ci si trova a bloccare altri turisti e a essere bloccati per afferrare il ricordo della vacanza perfetta. Di plastica, ma perfetta. Forse il soft travelling del prossimo futuro sarà vivere un viaggio lontano dai social.

Se la strada è quella di concerti, musei e ristoranti free phone, Bob Sinclar insegnaci la via del mindfulness. Possibilmente con un beat dei tuoi.

Illustrazione di Gloria Dozio – Acrimònia Studios
2560 1440 Federico Ingemi
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