Camera e Senato della Repubblica ambiscono ad attivare decine di Commissioni di inchiesta sugli argomenti più vari. Anche su crimini e delitti di cui invece dovrebbe occuparsi la magistratura.
C’era un tempo in cui l’ordinamento giudiziario italiano prevedeva tre gradi di giudizio, due di merito e uno di legittimità. Riassumendo e semplificando all’estremo: Tribunale, Corte d’Appello e Cassazione. Al termine dei tre gradi un imputato può risultare innocente, colpevole (con varie gradazione e motivazioni), incerto (quando arriva la prescrizione perché sono passati troppi anni dal fatto) oppure morto (per lo stesso motivo di prima). Poi sono arrivati i radiosi anni ‘20 dell’XI secolo e il Parlamento, forse per noia, forse per necessità di protagonismo, forse perché sennò sui social non ti calcola nessuno, ha deciso che le due Camere potevano agevolmente ergersi a Quarto grado. E già l’assonanza con la trasmissione televisiva potrebbe da sola qualificare questa scelta.
Naturalmente non è stata voltata una legge per spiegare che il potere giudiziario era stato attribuito al Parlamento, dato che sarebbero sorti dissidi rispetto alla Costituzione e ad altri dettagli simili. No. Sono state create apposite Commissioni speciali d’inchiesta. OpenPolis ci spiega che “Le commissioni d’inchiesta sono regolate dall’articolo 82 della Costituzione italiana e possono essere create ad hoc per svolgere indagini e ricerche su materie e argomenti di interesse pubblico, con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria”. Durante la attuale Legislatura sono stati presentati 64 disegni di legge per l’istituzione di Commissioni d’inchiesta e già il numero enorme ci parla di uno strumento alquanto inflazionato.
Ma se poi le Commissioni di inchiesta tentano di rubare la scena alla magistratura riaprendo i cold case oppure tornando sulle sentenze passate in giudicato (ossia già arrivate al terzo grado di giudizio) allora si evidenzia una patologia, un’altra, della politica italiana. Potrebbe essere ragionevole che il Parlamento si occupasse di questioni sovranazionali o in cui sono presumibilmente coinvolti Governi stranieri, come la strage di Ustica. Risulta però molto meno chiaro per quale motivo deputati e/o senatori debbano riaprire casi di omicidio, cold case vecchi di decenni, per i quali magari c’è già stata una sentenza che l’opinione pubblica o i singoli Eletti non reputano però corretta.
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Se è del tutto comprensibile l’esigenza di giustizia e di risposte da parte dei familiari delle vittime – cosa che in effetti è anche avvenuta grazie al lavori di qualche Commissione di Inchiesta – è il cortocircuito tra Parlamento e Magistratura ad essere anomalo, anche per il dinamico sistema istituzionale italiano. Viene da chiedersi con quale criterio si possa decidere quali casi riaprire e a quali vittime dare una tardiva giustizia. Ed anche in base a quali competenze Deputati e Senatori possano e vogliano rianalizzare prove, interrogare testimoni, disporre l’analisi di reperti.
Secondo i parlamentari – investigatori attualmente in carica – si dovrebbero istituire Commissioni: sull’omicidio di Piersanti Mattarella (1980), sulla scomparsa di Emanuela Orlandi (1983), sulla violenza politica negli anni tra il 1970 e il 1989, sulla morte di David Rossi (2013), sull’omicidio di Angelo Vassallo (2010), sui fatti accaduti presso la comunità “Il Forteto” (1978), sull’omicidio di Simonetta Cesaroni (1990), sulle responsabilità dell’incidente avvenuto presso Freginals, in Spagna, il 20 marzo 2016, nel quale morirono sette studentesse italiane.
Ultima ma non ultima, si propone una Commissione di inchiesta sull’uso politico della giustizia: la politica si fa tribunale per indagare sull’uso politico della giustizia invece di riflettere sull’uso giudiziario della politica… Per concludere, Legislativo e Giudiziario sono poteri separati e niente porta a credere che dove ha fallito il secondo possa riuscire il primo. Se non nella ricerca di una verità che sia più politica che giudiziaria, sempre e comunque giocando sulla taciuta premessa che i giudici non sanno risolvere i casi mentre gli Sherlock Holmes di Montecitorio sì.
Illustrazione di Gloria Dozio – Acrimònia Studios