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Politically correct, punti di vista e cattive femministe

Tempo di lettura: 3 min.

Si parla tanto di politicamente corretto, ma oggi è possibile darne una definizione univoca? Quando serve e quando invece eccede i limiti?

Una delle più grandi e diffuse tendenze dell’essere umano è quello di catalogare e dividere tutte le cose che stanno al mondo in categorie spesso contrapposte, spesso viste come non comunicanti, bianco e nero, bene e male, c’è sempre un lato giusto e uno sbagliato.

In un mondo complesso (e incasinato aggiungerei) come il nostro, a volte dare una definizione univoca di un concetto risulta difficile. Perché sembra contenere una serie di contraddizioni, perché è possibile esaminarlo da diversi punti di vista e con diversi punti di vista.

Prendiamo ad esempio un topic decisamente attuale, una bella questione che fa girare la testa a tante persone: il politically correct. Un affaire decisamente spinoso e che contiene tante chiavi di lettura. Tutti lo usano, tutti lo citano, ma in che modo?

Dipingiamo il caso più eclatante e più banale in cui sicuramente tutte noi siamo incappate, bazzicando nel favoloso mondo dei commenti sui social: esce una serie tv/un film che contiene, ad esempio, una protagonista donna (scandalo), un cast POC o dei personaggi LGBT+.

Tra i commenti più gettonati possiamo trovarne alcuni di soggetti sempre molto arrabbiati (spesso affini alla deliziosa tipologia degli incel) che provano indignazione nel notare questi cambiamenti e li riducono appunto a una questione di “politicamente corretto”.

 
 
 
 
 
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In questo caso il ragionamento è molto mooolto chiaro: l’ordine del mondo “giusto” è quello di una società patriarcale, dove è tutto immobile e deve rimanere immobile. Il fatto di voler rappresentare un universo più complesso e variegato (che esiste ed è sempre esistito) appare ai loro occhi semplicemente come una pressione da parte delle perfide femministe politicamente corrette.

E anche in questo caso, se giriamo la questione dal nostro punto di vista, non si tratta di politicamente corretto, è semplicemente evoluzione, cambiamento, rilettura di un canone.

Certe scelte possono essere condivisibili o meno, ma questo tipo di “politically correct”, fa spesso più bene che male.

Ora giriamo la questione da un altro punto di vista. Le intenzioni di base spesso sono buone. Quante volte ci è capitato di vedere personaggi pubblici che si esprimono su questioni controverse, con tutte le migliori intenzioni del mondo, ma cadono vittime della cosiddetta cancel culture, poiché dicono qualcosa di sbagliato? E qui la situazione si fa decisamente spinosa.

Per quanto ci possiamo impegnare, saremo sempre, in un certo senso, cattive femministe. Anche se facciamo parte di minoranze, non possiamo umanamente comprendere tutti i punti di vista che esistono al mondo ed è inevitabile che prima o poi, anche inavvertitamente, con le nostre parole, finiamo per offendere qualcuno.

L’importante è riconoscere i propri errori e avere sempre una mente aperta a nuovi punti di vista. In questo caso il politicamente corretto non deve trasformarsi in un arma che distrugge chi sbaglia, perché sbagliamo tutte e non esiste un’attivista perfetta (neanche coloro che si proclamano tali).

Questo discorso si può estendere alla satira. Scopo della satira è essere dissacrante e caustica nei confronti di tematiche varie e comuni. Negli ultimi anni, sull’onda di movimenti come il #metoo e le #blacklivesmatter, la satira è stata messa in un certo senso sotto attacco, per battute che vengono giudicate dal cattivo gusto all’offensivo.

Anche in questo caso il discorso è complesso. Entrano in gioco una serie di fattori, dal tono dell’intervento, dall’identità di chi lo fa (se una persona appartiene o meno alla categoria che sta denigrando), all’identità di chi ascolta e può percepire come più o meno offensiva una battuta. In modo spontaneo mi verrebbe da dire che è tutta una questione di buon senso, ma di nuovo, spesso distinguere cosa sia giusto e cosa sia sbagliato non è facile.

Si tratta di valutare le sfumature e forse pensare che il nostro sistema di valori stia lentamente cambiando. Forse da un certo punto di vista non è possibile conciliare il genere della satira con il politically correct. O forse qualcuno costruirà un nuovo tipo di satira, più affine al mood dei tempi. Only time will tell.

 
 
 
 
 
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Per cercare di arrivare a una conclusione possiamo dire che esistono due facce del politicamente corretto: una faccia che porta a una maggior sensibilità e a portare alla luce voci che prima erano silenziate, dunque più inclusività; dall’altra non dobbiamo cadere nell’errore di diventare censori e condannare a priori chi esprime opinioni apparentemente controverse.

È tutta una questione di intenzioni e saper ascoltare.

 

 

 

Photo by Markus Winkler on Unsplash

150 150 Francesca Parravicini
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