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Paternità e parità

Paternità e parità: dove siamo arrivati in Italia e in Europa?

Tempo di lettura: 4 min.

Italia un po’ meno mammona: sempre più padri si prendono le proprie responsabilità e questo fa ancora notizia. La strada però è ancora lunga

La Svezia, place to be per antonomasia, dove anche un ministro (un uomo!) può chiedere un congedo parentale. Lo scandalo si è consumato qualche settimana fa, protagonista il ministro dell’agricoltura Peter Kullgren, che ha ottenuto 5 settimane di congedo parentale per seguire la figlia di appena un anno, dichiarando che non si tratta affatto di un gesto politico ma di normali necessità familiari: “un giorno con la mia bimba è intenso quanto uno in governo”, così il ministro ha messo a tacere ogni polemica e stupore.

Se i padri svedesi sono tra i più inclini a usufruire del congedo di paternità (9 padri su 10, per una media di 4 mesi di congedo), qual è la situazione in Europa, ma soprattutto quale a latitudini italiane?

Per prima cosa, è necessario fare una distinzione tra congedo di paternità e congedo parentale: non sono infatti due sinonimi.

Il congedo di paternità è definito dall’art. 27-bis del d.lgs. 151/2001: si tratta di un congedo obbligatorio di 10 giorni, retribuito al 100%, fruibile 2 mesi prima del parto e fino ai 5 successivi alla nascita, durante il congedo di maternità della madre lavoratrice. Sembrano pochi, ma appariranno un ottimo traguardo se si considera da dove si è partiti e soprattutto quando si è iniziato a parlare di paternità in Italia. È solo del 2012 la legge che istituì, per il biennio 2013-2015, un giorno di congedo di paternità obbligatorio, alzato poi negli anni successivi: due nel 2017, quattro nel 2018, cinque nel 2019, sette nel 2020 e infine, dal 2021, dieci. Come riportato dal XXIII rapporto annuale Inps, in dieci anni l’uso di questo strumento è passato da appena il 20% nel 2013 al 64,5% nel 2023: buone notizie insomma, anche se un dettaglio stride. Dei 183 mila padri che hanno usufruito del congedo di paternità nel 2023 (circa il 64,5% dei potenziali beneficiari), quasi la metà ha utilizzato il congedo nel primo mese di vita del bambino, un dato che pone un interrogativo: nei mesi successivi chi si prende cura del neonato?

Per congedo parentale invece si intende l’astensione facoltativa dal lavoro, spettante a entrambi i genitori, entro i primi 12 anni di vita del bambino per un periodo complessivo, tra i due genitori, non superiore a 10 mesi (massimo 6 mesi ciascuno, continuativi o frazionabili). L’indennità non è totale, come per il congedo di paternità: alla madre e al padre spettano ciascuno un periodo indennizzabile di 3 mesi, il primo dei quali all’80% e i restanti al 30%; a entrambi i genitori spetta, in alternativa tra loro, altri tre mesi indennizzati, sempre secondo la logica 80 e 30.

I grafici del rapporto Inps registrano 20mila padri fruitori del congedo parentale, sinonimo di una maggior presenza nella cura dei figli all’aumentare delle tutele economiche dei genitori. Seppur minimo, un cambiamento c’è, legato soprattutto all’esperienza di congedo di paternità: secondo le statistiche, la propensione all’utilizzo del congedo parentale aumenta se si è usufruito della paternità nei primi mesi di vita del proprio figlio. Non si possono però non notare le quasi 80mila fruitrici del congedo e il picco di presenze dei padri durante il periodo estivo: chi si prende cura dei figli per il resto dell’anno, in maniera continuativa e sottraendo tempo al lavoro, sono le donne.

In Europa come siamo messi?

Nel 2019 è stata promulgata la direttiva UE 2019/1158 relativa all’equilibrio tra lavoro e vita familiare che invita gli stati membri ad adottare misure necessarie affinché il padre (il testo parla anche di “secondo genitore equivalente”) abbia diritto almeno a 10 giorni di congedo di paternità retribuiti. L’Italia in questo senso, porta a casa un sei stirato: in linea con la UE, senza grandi sforzi. Riguardo il congedo parentale, fa un po’ meglio: la direttiva infatti esorta a garantire almeno 4 mesi, due dei quali non trasferibili.

In Europa, la situazione è ben diversa e alcuni esempi lo dimostrano:

  • Spagna: il congedo è di 4 mesi, retribuito al 100%, al pari della madre.
  • Finlandia: sono 164 giorni per genitore.
  • Francia: è di 28 giorni, ma il presidente Macron vorrebbe estenderlo a 6 mesi.
  • Svezia: sono 480 giorni che i genitori possono prendere per accudire i figli, senza distinzioni, entro i 9 anni.
  • Germania: non esiste il congedo di paternità ma uno parentale di 12 mesi.

Paternità e parità

Tanta strada è stata fatta e in poco tempo, molta ne resta da fare. L’esistenza di un legge non è automaticamente sinonimo di progresso sociale: un quadro normativo può paradossalmente guardare al futuro lì dove lo sguardo della popolazione è fisso al presente o, peggio, al passato. Quando non sarà necessario indicare una “quota non trasferibile alla madre”, quindi un obbligo alla paternità, quando non ci sarà differenza tra padre e madre nella normativa, quando nessuno si stupirà più che un padre, prima che un ministro, voglia prendersi cura della propria figlia, forse si sarà di fronte a un reale cambiamento. Si goda questi giorni signor Kullgren, lei che può, senza essere un mammo.

Illustrazione di Gloria Dozio – Acrimònia Studios
2560 1440 Federico Ingemi
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