Un fine settimana a Berlino
Come si fa a definire Berlino? I titoli sicuramente non le mancano: capitale dei giovani, città green d’ Europa, culla della cultura underground e techno, crogiolo multiculturale… . Se è vera la regola per cui esistono infinite e personalissime versioni di una città, pari al numero di chi la vive o la visita, Berlino mi ha colpito per tre elementi: l’ostalgie; gli angoli di Vietnam e Turchia e il panorama culinario veg-vegetariano che offrono.
Ostalgie: ricordi di un vicino passato.
Negli anni Novanta si diffonde questo termine, che identifica la nostalgia per la DDR, da intendersi non come desiderio di restaurazione del passato (anche se qualcuno teorizza un ritorno a quel modello politico), bensì come riscoperta e apprezzamento di estetica, usi e costumi di una parte di Storia della città. La capitale tedesca è piena di rimandi a questa tradizione: nel traffico può capitare di trovarsi incolonnati dietro a una rumorosissima Trabant, l’utilitaria del popolo diventata un simbolo cult dell’Est, mentre si fanno attraversare i pedoni, incalzati dal Ampelmännchen, l’omino dei semafori ormai trasformatosi in brand della città.
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Alzando lo sguardo dalle strade, è nello stile architettonico dei palazzi che la DDR continua a esistere. Per chi ha abitato a ovest della Cortina (o per chi è nato dopo che questo schema è caduto) sembrerà surreale la rigorosità e linearità dei palazzi residenziali, in pieno stile razionalista sovietico, diffusi tanto nei pressi della centralissima Alexanderplatz quanto nei quartieri residenziali periferici, visibili dalla ferrovia che collega l’aeroporto.
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Anche nei monumenti permane il ricordo: al Marx-Engels-Forum sono presenti (e non imbrattate!) due statue raffiguranti gli autori del Manifesto del partito comunista; la facciata dell’Hochschule für Musik Hanns Eisler Berlin, uno dei conservatori più prestigiosi d’Europa, è decorata con bassorilievi raffiguranti Lenin e Marx che parlano alla folla. O ancora: nella hall del Staatsratsgebäude, oggi edificio universitario ma ex sede del Consiglio di Stato della DDR, si può ammirare una vetrata colorata, raffigurante lavoratori e combattenti del popolo: sembra che Berlino non voglia nascondere il suo lato sovietico, ma che invece lo esibisca, con la consapevolezza, forse errata agli occhi di un non-berlinese, di aver fatto i conti con il suo recente passato.
Asse Berlino-Saigon: i sapori vietnamiti.
C’è una linea che collega Vietnam e Germania: entrambe le nazioni, infatti, sono state divise dallo scontro tra il blocco occidentale e quello socialista. Berlino ha rappresentato per anni la meta d’immigrazione del popolo vietnamita: negli anni Cinquanta arrivarono i primi profughi di guerra nordvietnamiti che si insediarono nella parte Est; negli anni Sessanta invece molti studenti sudvietnamiti vennero a studiare nella parte Ovest, dove poi trovarono impiego. Politiche di integrazione decennali ed efficaci e (permessi di soggiorno e di lavoro, corsi di lingua, formazione professionale, aiuti economici) hanno fatto sì che oggi sia una delle comunità straniere più integrate e numerose della città: la loro presenza ne ha modificato e arricchito non solo il panorama, ma anche il sapore!
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Non c’è Straße di Berlino che non ospiti una vetrina di un ristorante vietnamita! Una cucina dai sapori dolci e decisi, con una vasta proposta vegetariana: cinquanta le sfumature di Pho, la zuppa di noodles a base di germogli di soia, menta e lime, che si possono trovare nei take-away della città; imperdibili i Gỏi cuốn, involtini di fogli di riso farciti con erbe profumatissime e verdure croccanti. Il tutto annegato in salse agrodolci o piccanti. Anche la voglia di dolce è soddisfatta: il Bánh da lợn, a base di cocco, fagioli dolci, riso e amido, non può che chiudere la vostra pausa. Per immergersi in quest’esperienza orientale, YO! PHO (a pochi passi dall’Oberbaumbrücke) è il posto ideale: un ambiente moderno e dinamico, nel cuore dello storico quartiere multiculturale di Kreuzberg.
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La capitale turca d’Europa: non solo Döner kebab.
Oltre duecentomila turchi abitano Berlino; un milione e mezzo sono quelli che hanno scelto di vivere in terra tedesca: come si è formata una comunità così grande? Dopo il secondo conflitto mondiale, la ricostruzione della Germania procedeva a rilento poiché la popolazione maschile era stata decimata durante la guerra. Il bisogno di lavoratori richiamò italiani, greci e, appunto, turchi: provenienti dalle zone rurali della Turchia, vennero impiegati nelle industrie tedesche con contratti temporanei. Negli anni Settanta però, molti decisero di rimanere in Germania, ricongiungendosi con le famiglie: questo processo non fu favorito né dalla popolazione locale né dal governo. Con il nuovo millennio però, il melting pot ha preso velocità e oggi si può dire che, come quella vietnamita, la comunità turca rappresenti un’anima vitale e importante di Berlino.
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Anche la cucina turca è ben rappresentata tra le vie della città e, sorprendentemente, offre una vasta scelta di piatti vegetariani! Quindi non solo chioschi di Döner kebab, che stanno al passo con i tempi offrendo anche una versione veg del tipico piatto turco, ma anche ristoranti e bistrot dove si respira l’accogliente clima mediorientale. Poco distante dagli Hackesche Höfe, vivaci cortili liberty comunicanti tra loro, c’è Alay by Hasir: accolti da un lounge bar, ideale per una serata tranquilla, si prosegue verso sale damascate e divanetti di velluto. Fanno da padrone piatti da condividere in tavola: hummus di ceci, Babaganoush di melanzane, Dolma (involtini di foglie di vite), Çiğ köfte (polpette a base di menta e bulgur). Per non parlare dei dolci tipici, in cui regna il pistacchio: baklava affogati nel miele e künefe filanti sono il capolinea dell’avventura gastronomica in Turchia.
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Racchiudere in una definizione le diverse anime di Berlino è impossibile: non darebbe infatti la giusta importanza a ognuno dei suoi singoli elementi che, uniti, la rendono una delle città più affascinanti d’Europa.
Images Federico Ingemi