Friedkin esonera Mourinho e affida la squadra a De Rossi: finisce nel modo peggiore una straordinaria storia d’amore
Stavolta il pugno allo stomaco gli ha fatto male. Non se l’aspettava José Mourinho, abituato com’è ad anticipare le mosse, a sparigliare le carte, a ribaltare la scena. Certo: la Roma nona in classifica, lo schiaffo del derby perduto, l’addio alla Coppa Italia avrebbero potuto mettere la mosca al naso a uno come lui, vecchio pirata della panchina, 26 titoli in carriera, straordinario incantatore di serpenti capace di stregare calciatori e tifosi come nessun altro.
Alle ultime raffiche verbali di Mou, l’americano della Roma, Dan Friedkin, 59 anni, californiano di nascita ma texano d’adozione, 5600 dipendenti e 12 società che spaziano dal settore delle concessionarie auto, agli alberghi, alla produzione cinematografica e al calcio, ha opposto un silenzio che a poco a poco ha iniziato a fare rumore. Così ha preso la mira e colpito duro. Chiudendo i conti, stanco com’era, si sussurra nell’entourage, dei continui lamenti e della cultura dell’alibi con cui lo Special One continuava a fare la guerra agli arbitri e a prendere le distanze dal rendimento della squadra.
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Racconta, chi lo ha seguito nell’ultimo giorno a Trigoria, di un Mourinho addolorato, scosso, emotivamente provato. Un uomo che, nel giro di una mattinata, si è sentito urlare in faccia da Friedkin che per lui era finita e ha visto smontare davanti ai suoi occhi l’ufficio in cui custodiva gelosamente i ritagli dei due anni e mezzo vissuti alla guida della squadra.
Era arrivato a Roma nel maggio del 2021, in una città ancora fortemente provata dalla pandemia, frutto della prima, vera grande americanata della gestione Friedkin. Il magnate texano, 6 miliardi di dollari il patrimonio stimato da Forbes, aveva rilevato da meno di un anno la Roma da James Pallotta. Dopo un periodo di studio, Dan aveva deciso di giocare pesante. E di mettere in campo il migliore: José Mourinho. Trenta milioni di investimento in 3 anni. Stipendio: 8 milioni netti a stagione.
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Il solo annuncio aveva generato tra i tifosi una scarica elettrica pazzesca. Esplosa dopo il primo tweet del portoghese: “Ringrazio la famiglia Friedkin per avermi scelto a guidare questo grande club e per avermi reso parte della loro visione. L’incredibile passione dei tifosi della Roma mi ha convinto ad accettare l’incarico e non vedo l’ora di iniziare. Daje Roma!“. In quel “Daje Roma” c’era tutto il valore aggiunto dello Special One, la sua capacità di comunicare, di arrivare dritto alla pancia della gente, di creare empatia.
Energia pura per il popolo giallorosso che allo slogan in romanesco di Mourinho aveva risposto con un entusiasmo incontrollato. Un entusiasmo capace di fare registrare nel corso dei due anni e mezzo qualcosa come 46 sold out all’Olimpico. Un entusiasmo che aveva progressivamente contagiato i giocatori e consentito a José di chiudere la prima stagione con il trofeo numero 26 della sua straordinaria carriera, regalando alla Roma, grazie all’1-0 sul Feyenoord firmato da Zaniolo, la Conference League. Era il 25 maggio 2022: il club chiudeva un digiuno che durava dal 2008. Cinquemila giorni senza vincere niente.
@sangueeoro Una squadra, una curva, uno stadio che non molla mai! #asroma #dajeroma #mourinho ♬ som original – ᏆᑎᎢᗴᖇ ᗯᝪᖇしᗞ ᝪᖴᏆᑕᏆᗩし
La seconda americanata di Dan il miliardario era stato l’ingaggio di Paulo Dybala nell’estate dello stesso anno. Un fuoriclasse strappato alla concorrenza dell’Inter dopo che la Juve lo aveva liberato, visto l’improponibile ingaggio richiesto. Grazie a Mourinho, che sui giocatori esercita un fascino irresistibile, l’argentino si era convinto a preferire l’offerta giallorossa a quella dei milanesi. Un grande colpo a costo zero (stipendio escluso, naturalmente) che avrebbe dovuto condurre la squadra al salto di qualità. Salto di qualità che in Europa si sarebbe consolidato con la finale di Europa League persa contro il Siviglia ai calci di rigore, mentre in campionato la squadra non sarebbe riuscita a guadagnare l’accesso alla Champions.
@espnfc Paulo Dybala being unveiled to @AS Roma fans is unbelievable ❤️ #dybala #italy #rome #soccer ♬ original sound – ESPN FC
La terza americanata è stata, la scorsa estate, l’ingaggio di Lukaku, il gigante belga che aveva portato l’Inter a vincere lo scudetto nel 2021. Anche in questo caso l’opera di convinzione di Mou è stata decisiva. Il problema è che, secondo lo Special, a Dybala e Lukaku non sono stati affiancati calciatori di livello per potersi sedere al tavolo dei top team. E così Mou ha iniziato a giocare su due fronti: da una parte ha moltiplicato gli affondo sugli arbitri indicandoli come i principali nemici, dall’altra l’ha buttata sul sentimentale ripetendo in continuazione che della Roma è perdutamente innamorato e sarebbe stato disposto a restare a vita, nonostante la società non gli avesse messo a disposizione una rosa sufficiente per poter competere ad alti livelli. In poche parole: ha tenuto i tifosi dalla sua parte e ha messo all’angolo l’americano.
Il gioco è durato sei mesi: ai risultati modesti si è sommata l’insofferenza della società. A questo punto Dan il texano si è sistemato il cinturone, ha estratto la colt, fatto secco José e affidato la squadra a Daniele De Rossi, ex capitano, l’ultimo idolo giallorosso, l’unico che, voce di popolo, può raccogliere un’eredità così pesante. Anche se, obiettivamente, per lui sarà durissima.
@asroma Roma head coach, Daniele De Rossi #asroma #football #seriea #tiktokcalcio ♬ original sound – AS Roma
De Rossi ha poca esperienza in panchina: ha allenato solo lo scorso anno in serie B. Lo score con la Spal non rassicura: 17 partite, 3 sole vittorie, media punti 0,88 a partita. “L’emozione è indescrivibile, tutti sanno cosa sia la Roma per me. Non abbiamo tempo, né scelta: essere competitivi, lottare per i nostri obiettivi e provare a raggiungerli sono le uniche priorità” le sue prime frasi.
Lo Special invece, ripresosi dallo sberlone, ha salutato con un reel su Instagram. Sulle note di Andrea Bocelli, le immagini più belle: la vittoria in Conference, gli scatti con i giocatori, la finale di Budapest, lo striscione dei tifosi, il tatuaggio con le coppe europee, la corsa sotto la Curva Sud. Sottolineate con dieci parole: «Sudore, sangue, lacrime, allegria, tristezza, amoR, fratelli, storia, cuore, eternità». Siamo sicuri che non abbia vinto ancora?
Illustrazione di Gloria Dozio – Acrimònia Studios