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Millennial e Gen Z: generazioni di lavoratori a confronto

Tempo di lettura: 3 min.

Work life balance al centro per entrambe le generazioni. Tante anche le differenze, tra socialità, carriera e stabilità

Si sa, il mondo del lavoro è in costante cambiamento: non ci si abitua a una tecnologia o a un metodo che già è tempo di aggiornarli. Se la formazione e lo spirito di adattamento possono colmare, ogni volta e più o meno velocemente, questi vuoti, non si può dire lo stesso per l’approccio al lavoro, messo in discussione soprattutto negli ultimi anni. A voler riscrivere le regole del gioco sono le nuove generazioni di lavoratori: a livello globale, Millennial e Gen Z sono rispettivamente 2,3 miliardi e 250 milioni di persone, di questi ultimi la metà già lavora. Per entrambe le generazioni l’equilibrio tra lavoro e vita privata, continua formazione e lavoro da remoto hanno assunto un ruolo principale come mai si era visto nel passato, o tra chi a quel passato si aggrappa con ogni forza.

Ma quali sono le differenze tra Millennial e Gen Z sul lavoro?

Stabilità e job hopping

La prima non ha bisogno di definizioni; o forse sì, vista la sua rarità. Dicesi invece job hopping la pratica di cambiare posto di lavoro molto frequentemente, per accumulare più esperienze di durata medio-breve. Il turnover frequente è una caratteristica che appartiene a entrambe le generazioni per fattori diversi:vuoi per la scarsità, e conseguente ricerca, di impieghi economicamente più soddisfacenti; vuoi perchè il posto fisso ha perso molto del fascino che ha incantato schiere di boomer. Per un fatto puramente anagrafico, i Millennial sono meno propensi dei Gen Z al job hopping: l’aver costruito una famiglia, o l’ipotesi di farlo, frena maggiormente i nati tra il 1980 e il 1996 dal cambiare posto di lavoro. In poche parole: non è che non l’abbiano fatto anche loro, semplicemente si sentono già troppo vecchi per rifarlo così spesso.

Collaborativi o individualisti?

Se entrambi chiedono flessibilità negli orari e possibilità di lavorare da remoto, l’approccio con i colleghi non è lo stesso. Mentre i Millennial danno importanza alla cooperazione, ai momenti di confronto e ai brainstorming con i colleghi, tutto possibilmente in presenza, i Gen Z preferiscono il confronto uno a uno, svolgono le proprie mansioni individualmente, come anche la propria formazione, preferibilmente asincrona e a distanza. Una caratteristica che probabilmente ha un legame con la pandemia, soprattutto per chi ha vissuto il proprio percorso di formazione a distanza, in solitudine, senza la possibilità di sperimentare il lavoro e lo studio in gruppo. Sempre in merito alle relazioni interpersonali, i Gen Z tendono a non mischiare vita privata e lavoro, riducendo al minimo i punti di contatto tra le due sfere, anche sui social.

Denaro e valori aziendali

Nessuno lavora per la gloria. Tutti, soprattutto queste due generazioni, sentono maggiormente il peso del carovita, anche a causa di un gap salariale rispetto ai loro colleghi boomer. Se è vero che l’avere un buon stipendio è tra le tre condizioni imprescindibili di un lavoro sia per i Millennial che per i Gen Z, non si può dire però che per entrambi sia al vertice dei bisogni. Legato sempre alla stabilità in ottica di progettualità, i primi pensano che un buon stipendio sia fondamentale, meglio se supportato da benefit aziendali. La Gen Z, invece, è disposta a rinunciare a stipendi più alti in favore di un ambiente lavorativo sano e inclusivo, dove al centro dell’azienda sono diversità, equità e inclusione (spesso abbreviati con l’acronimo DEI).

Il lavoro come status symbol

Che la realizzazione personale passi per il lavoro che si svolge, non è purtroppo solo una questione da Boomer. Sembra emergere, velatamente, anche da tutti i report delle agenzie di recruiting che si sono interrogate sul tema generazioni e lavoro: manca un approfondimento sulle tipologie di lavoro svolte dagli intervistati, creando l’illusione che non esistano Millennial e Gen Z impiegati nella grande distribuzione, nel commercio, nell’industria, ma solo professionisti o *inserire qui termine* manager. Come se la realizzazione personale passasse solo dal mondo dei colletti bianchi. Anche le giovani generazioni vivono questo retaggio, con una conseguente grandissima ansia da prestazione e paura del fallimento. “Non si è il lavoro che si svolge” diventa così una bella frase da dire, carica di retorica. Tra Millennial e Gen Z, però, si nota una piccola divergenza a riguardo: mentre i primi sono in linea con le generazioni passate, i secondi stanno provando a scardinare il binomio lavoro = successo, declassandolo solo a mezzo per vivere.

Lontani per certi versi, vicino per altri, Millennial e Gen Z stanno cambiando il mondo del lavoro: se in positivo o negativo, lo lasciamo dire a quelli che verranno dopo e forse li chiameranno dinosauri.

Illustrazione di Gloria Dozio – Acrimònia Studios
2560 1440 Federico Ingemi
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