L’accordo con Tirana non dispiaceva all’Europa, avrebbe rassicurato l’opinione pubblica e sarebbe entrato in gioco alla viglia delle elezioni europee: un capolavoro di marketing politico. Che i giudici di Tirana possono far saltare
Sarebbe stata una grande operazione di marketing politico. Poco importa che i costi fossero elevati e che l’impatto sul fenomeno della migrazione sarebbe risultato marginale. Ciò che contava, a pochi mesi dalla consultazione europea, era la percezione dell’elettore. E su questo fronte il risultato sarebbe stato assicurato. Poi è arrivato lo stop della corte costituzionale di Tirana: possibile violazione della costituzione e delle convenzioni internazionali sui diritti umani. E si è complicato tutto.
La realizzazione di un polo albanese dove confinare i migranti, in attesa di stabilire se abbiano o meno i requisiti per essere accolti, è stata studiata per rassicurare l’opinione pubblica. E ha raccolto consensi anche in Europa, un’Europa sorda di fronte alle grida che giungono dall’Africa e sempre più stanca di dover fare i conti con ondate di sbarchi che paiono incontenibili.
Non c’è dubbio: a livello propagandistico il progetto messo in piedi da Giorgia Meloni era un vero e proprio capolavoro. Impatto limitato se si considerano i flussi, ma non è questo il problema. La cosa importante era fare in modo che il cittadino si sentisse in qualche modo protetto. Il problema sono le toghe albanesi: hanno bloccato l’accordo e si sono prese tre mesi per decidere. Il rischio è che il progetto salti o che l’avvio possa slittare fino al 6 marzo con tempi che diventano terribilmente stretti, visto che il voto per il rinnovo del parlamento europeo è in programma nel secondo week end di giugno.
Il copione era stato scritto in modo magistrale: a partire dalla prossima primavera, proprio alla vigilia delle consultazioni continentali, avremmo visto migranti che non mettono più piede sulle spiagge italiane, ma vengono dirottati in Albania. Con la concreta speranza che si creasse – sussurravano fonti governative – un effetto deterrente, considerando che l’Albania non ha certo la capacità attrattiva dell’Italia e degli altri paesi europei. Lasciamo stare il fatto che l’accordo tra Meloni e Edi Rama – il premier socialista di Tirana – non consideri la possibilità che un solo richiedente asilo entri in territorio albanese. L’importante è che i centri fossero collocati fuori dal nostro territorio: occhio non vede, cuore non duole.
Si diceva dei numeri: dal primo gennaio al primo settembre 2023 si sono registrati in Italia 114526 sbarchi. Una cifra che proiettata al 31 dicembre porta a 171789 il numero degli approdati sulle nostre coste. Il governo Meloni aveva calcolato di trasferire in Albania 3000 migranti al mese, per un totale di 36000 l’anno, prevedendo di espletare le pratiche di accoglienza o respingimento in 28 giorni. Considerato che attualmente si registrano tempi molto più lunghi – ci sono dossier che richiedono fino a un anno – diciamo che in corso di progettazione si è fatto abbondante uso di ottimismo. Anche perché, come scrive Repubblica, i posti a disposizione nella fase iniziale dobrebbero essere 720 e non i 3000 annunciati.
Visualizza questo post su Instagram
In ogni caso, anche facendo la massima professione di fede e dunque calcolando i 36000 migranti l’anno previsti dal governo, nel caso giungesse il via libera non si arriverebbe nemmeno a un quarto degli sbarchi calcolati per il 2023. Senza dimenticare, è non è un particolare da poco, che i profughi destinati all’Albania sarebbero donne e uomini adulti (esclusi i bambini e le donne in gravidanza) raccolti fuori dalle acque europee, in virtù delle normative continentali.
Sensibilmente elevati i costi previsti. Si calcola un esborso iniziale di circa 200 milioni di euro, 30 dei quali destinati alla realizzazione delle due strutture al porto di Shengjin, all’altezza di Bari, e nell’area di Gjader, 20 km nell’entroterra. Luoghi equiparati a zone di frontiera o di transito dove si applicherebbe la giurisdizione italiana. Roma la procura di competenza. Le richieste di asilo verrebbero processate in videoconferenza. Garantito il diritto alla difesa attraverso la nomina di avvocati di ufficio: anch’essi si relazionerebbero con i migranti in call.
Previste 135 assunzioni tra magistrati, assistenti giudiziari, funzionari del Ministero di Grazia e Giustizia, medici e infermieri.
Uno spot perfetto in vista dei un appuntamento chiave: domenica 9 giugno 2024, elezioni per il rinnovo del parlamento europeo. Poi è arrivato lo stop dei magistrati albanesi. E adesso sono guai.
Illustrazione di Gloria Dozio – Acrimònia Studios