Per scegliere quali alimenti comperare e mangiare non basta una rapida occhiata agli ingredienti, soprattutto senza un Nutri-Score che ci aiuti
Più o meno tutti sanno quali sono gli ingredienti e le sostanze che sarebbe meglio non ingerire con eccessiva ingordigia, sia per motivi estetici e sociali che per ragioni più profondamente legate alla cura della salute del nostro corpo. E se quindi è relativamente facile, girando tra gli scaffali del supermercato, cercare di evitare confezioni che evidentemente traboccano di zuccheri, grassi di ogni sorta e ingredienti ambigui, meno facile risulta arrivare al secondo step, quello della verifica degli ultra-processed foods (UPF) ossia degli alimenti ultra-processati.
Non trattandosi di questioni che attengono al diritto penale, in questo caso non è stata una giuria a processarli, ma una fabbrica che ha scelto di utilizzare alcune procedure che sulla lunga distanza potrebbero risultare opinabili per la salute umana. Secondo la British Heart Foundation, ad esempio, gli alimenti ultra-processati spesso contengono alti livelli di grassi saturi, sale e zucchero e quando li mangiamo, lasciamo meno spazio nella nostra dieta per cibi più nutrienti. Anche gli additivi presenti in questi alimenti potrebbero essere responsabili di effetti negativi sulla salute. Inoltre una dieta ricca di UPF suggerisce uno stile di vita legato a una salute più precaria e l’alto contenuto di sale, zucchero e grassi saturi consiglia di ridurne il consumo.
Che poi, in concreto, quali sono questi alimenti ultra-processati? Una prima lista, sempre gentilmente fornita dalla British Heart Foundation comprende: gelato, prosciutto, salsicce, patatine, pane prodotto in serie, alcuni cereali per la colazione, biscotti, bevande gassate, yogurt aromatizzati alla frutta, zuppe istantanee e alcune bevande alcoliche tra cui whisky, gin e rum. Insomma, quasi tutto quello che ci appaga nei momenti più difficili dovrebbe sparire dal nostro frigo e dalla nostra dispensa, con ricadute sociali e umorali tutte da valutare.
Alimenti ultra-processati
La selezione alimentare per una vita più sana in alcuni paesi europei (tra cui Francia, Olanda, Croazia, Repubblica Ceca) è resa meno complessa e più immediata dall’adozione del Nutri-Score, ossia di una sorta di semaforo sull’etichetta che indica, in una scala da A ad E, il profilo nutrizionale dei prodotti, per consentire ai clienti dei supermercati di fare scelte di consumo più sane e sostenibili. La prima lettera dell’alfabeto indica quegli alimenti che possono essere acquistati e consumati a cuor leggero (prima e dopo), in quanto contengono accettabili quantità di calorie, grassi, sale e altri ingredienti dannosi se assunti in quantità industriale. Un bella E su campo arancione scuro indica invece che quella merendina che avete in mano dovreste toccarla con i guanti e mangiarla solo una volta all’anno.
Non tutti i semafori rossi indicano però un pericolo imminente. In Italia infatti il Nutri-Score non è stato ancora introdotto perché avrebbe danneggiato, marchiandoli con una D o una E, alcuni dei prodotti tipici più noti, più diffusi e più apprezzati, trasmettendo il messaggio che il loro consumo risulta dannoso per la salute. Se questo sarebbe immediatamente comprensibile infatti per la Nutella – gustosa e curativa per le ferite dell’animo, ma meglio con mangiarla proprio ogni giorno – non sarebbe altrettanto evidente il motivo di rinunciare al consumo quotidiano di altri simboli del made in Italy, dal Chianti alla Porchetta, che pure, a quanto pare, andrebbero centellinati nella dieta di chi ambisce ad arrivare ad una certa età. Giunti alla quale si può finalmente comprare qualunque cosa con la scusa di non riuscire a leggere bene le etichette.