Criticare è lecito, mancare di rispetto è un’altra cosa.
Domenica 6 febbraio 2022 in Televisione è andata in onda un’intervista epocale, Fabio Fazio, Rai Tre, ha intervistato Papa Bergoglio. C’è solo un precedente, di tutt’altra natura, quando Papa Wojtyla telefonò a Bruno Vespa, mentre conduceva “Porta a Porta”. Si parla di una trentina di anni fa.
A qualsiasi “grande giornalista”, italiano o straniero, si domandi: “Chi vorresti intervistare?”, la risposta è sempre la stessa: “Il Papa”.
Qualsiasi giornalista, nel mondo, avesse avuto “il colpo” di tale intervista, avrebbe poi ottenuto, senza indugio, il premio Pulitzer. Nel mondo ma non in Italia!
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L’intervista è forse il momento “più alto” nel mondo dell’informazione; se ben fatta riesce a scoprire gli aspetti più intimi dell’intervistato, le sue intenzioni e a volte il lato più oscuro, insomma lo mette “a nudo”. L’intervista, solo il giornalista la può sbagliare è come il rigore nel calcio: è un gol sicuro, solo chi lo tira può fallire.
Fabio Fazio non è un giornalista ma questo è un fenomeno tutto italiano, dal momento che solo in Italia esiste L’Ordine dei Giornalisti, nel resto del mondo chi lavora per una testata giornalistica, qualunque essa sia è un giornalista.
E’ talmente anacronistico tale Ordine, che in passato non sono mancate polemiche sulle interviste fatte da personaggi del calibro di Pippo Baudo e Raffaella Carrà, nei loro programmi; in tempi più recenti è accaduto nei confronti di Barbara D’Urso.
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Perché non vietare ai ragazzi di far domande al Presidente della Repubblica quando riceve o va in visita tra le varie scolaresche, allora?
Solo in Italia può esistere un Ente che si arroga il diritto di chi può porre domande e chi no; alla faccia di tutti i dettami della Costituzione, a cominciare dall’Articolo 21, che garantiscono la libertà di stampa e di espressione a chiunque e non fanno alcuna menzione di un “Ordine dei Giornalisti”.
Detto per inciso, come già scritto, lo stile di Fabio Fazio non è di personale gradimento, ma questo rientra nella sfera del gusto che nulla toglie all’importanza storica, nel campo dell’informazione, della sua intervista. In qualsiasi altra parte del mondo un’impresa simile sarebbe stato un vanto nazionale; solo in un Italia incapace culturalmente di “far sistema” potevano nascere polemiche preventive per l’intervista di Fazio al Papa.
Tra i sorrisetti ironici, intrisi di colatura di bile, direttori e conduttori si domandavano quali domande “vere” avesse posto al Papa, il conduttore di “Che Tempo che fa”. Supportati da un’intervista a Lucetta Scarafia, penna pregiata della cultura cattolica; l’intemerata della scrittrice, in realtà, era rivolta a Bergoglio partendo dal presupposto “dell’inconsistenza” di Fazio come intervistatore: “Se vogliamo svegliare il desiderio di Dio dentro di noi, temo che assistere al programma di Fabio Fazio non ci serva a molto. Il Papa rischia di divenire una celebrity come altre.” Avrebbe detto le stesse cose se si fosse tratto di un giornalista “di chiara fama”, non si ricordano simili parole per le “presunte” interviste di Eugenio Scalfari allo stesso Bergoglio.
Ognuno è libero di porre le domande che meglio crede, autorizzate da un rigido protocollo che, detto sempre per inciso, qualsiasi “grande giornalista” avrebbe accettato; non si sono affrontati grandi temi come la pedofilia, la persecuzione dei cristiani e tanti altri argomenti è vero, ma chi ci dice che le risposte, per ovvi motivi diplomatici e geopolitici, sarebbero state veritiere ed esaustive?
Domandare, ad esempio: “Lei che musica ascolta?”, non è banale come sembra, significa umanizzare la figura del Pontefice, avvicinandolo ancor di più ai giovani. Da laico, ricordo male o la missione primaria della Chiesa è l’evangelizzazione?
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Qui vale la pena ricordare quando gran parte della Curia voleva censurare il Tango, indicandolo come atto contro la morale. Pio X, prima di decidere, volle assistere dal vivo ad una esibizione per poi assolverlo da ogni peccato.
Parliamo dei primi anni del Novecento.
Inutile dire che l’intervista televisiva ha registrato ottimi ascolti e questo ha fatto imbestialire ancor di più i Twittaroli di turno; criticare è lecito, mancare di rispetto è tutt’altra cosa ma, per buona pace di tutti gli invidiosi, come dice quel detto francese: “D’abord, fais le!”(Intanto fallo!).