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La TV del Varietà

Tempo di lettura: 4 min.

“Rai di tutto, di più”

Se le mura di via Teulada, più precisamente quelle dello Studio Uno della Rai, potessero parlare, racconterebbero cose da far tremare i polsi a tante Stars dello spettacolo italiano; capricci, liti, sfuriate, intrighi amorosi, risse, sesso nei camerini o negli ascensori, insomma Rai di tutto, di più”.

Parliamo degli anni d’oro del Varietà. Quello che si vedeva in TV, un mondo in bianco e nero fatto di luci sfavillanti, costumi avveniristici e performance eccezionali, era frutto di un durissimo lavoro durante i giorni di prove prima della registrazione. Nulla era in diretta, tutto si provava e riprovava fino allo sfinimento; naturale che a volte saltassero i nervi o si cercassero brividi pruriginosi.

Gli ingredienti fondamentali di un varietà televisivo, come si sa, sono: una grande orchestra, un sostanzioso corpo di ballo, uno o due “Mattatori” a presentare e ospiti di prestigio, cantanti e comici.

Mina, Raffaella Carrà, Alberto Lupo, Johnny Dorelli, Delia Scala, Loretta Goggi, sono tra i tanti mattatori del passato assieme a comici come Walter Chiari, Gino Bramieri, Nino Taranto e tanti altri. Come non citare Alighiero Noschese e la giovanissima Sylvie Vartan, già moglie del mito francese Johnny Hallyday.

Le gemelle Kessler e le BlueBelles erano il fiore all’occhiello dei balletti, Gorni Kramer, Bruno Canfora, Lelio Luttazzi e altri ancora erano i grandi direttori delle prestigiose tre Orchestre della Rai (Milano, Torino e Roma).

Si racconta che quando Frank Sinatra fu ospite a Milano, arrivò in studio per le prove e si rivolse all’Orchestra meneghina, con arroganza:Signori il mio tempo è prezioso e di solito non sbaglio mai”. Fu buona la prima e “Blue Eyes”, stupito, scese dal palco applaudendo i professori. Non senza portarsi via l’immancabile bottiglia di “Jack Daniel’s”, posta sul pianoforte e pretesa in ogni contratto.

Per gestire un cast fatto da cotanti “pezzi da novanta”, dotati di gran talento e spigoloso carattere, serviva un calibro maggiore in regia, che dettasse i tempi, sapesse imporsi e mediare al tempo stesso, ma soprattutto che sapesse dare eleganza all’insieme; il nome perfetto era quello di Antonello Falqui.

Molti “professori” dicono che, come regista, Falqui stava alla televisione come Fellini stava al cinema, niente di più sbagliato; a parte che ogni paragone è fuori luogo ma se proprio “urge” fare un accostamento, allora l’equazione in questione va fatta con Visconti. Ambedue erano maniaci del dettaglio, perfezionisti fino allo stremo, fedeli al copione, matematici nelle inquadrature. Fellini era altro, era la fantasia al potere!

Una cosa avevano in comune tutti e tre: i loro prodotti costavano tanto, un botto! E se per i due cineasti, il tempo avrebbe ripagato i loro produttori, per Falqui e la Rai il tempo si esauriva con la messa in onda. Con le crisi economiche che si sono succedute, quel tipo di Varietà diventò un costo insostenibile. Così come lo diventarono le tre orchestre, i cori, i corpi di ballo e tante altre figure professionali spazzate via. Un mondo artigianale, che non ha fatto in tempo a farsi industria e non ha lasciato eredi.

I “soliti professori” raccontano che sono cambiati i gusti del pubblico, peccato che a smentirli ci siano programmi come Techetechetè” che di continuo ripropongono ampi spezzoni di quegli spettacoli così pieni di glamour, facendo il pieno di ascolti.

L’evoluzione del classico varietà è: “One Man Show”. Quando si hanno talenti come Fiorello, Massimo Ranieri, Giorgio Panariello e pochissimi altri, si ha la possibilità di concentrare lo spettacolo sulle loro performance e su pochi ospiti, magari qualcuno internazionale, coi quali duettare. Scenografia scarna, orchestra molto ridotta, niente corpo di ballo, al massimo un quartetto per dei brevi siparietti “volta pagina”, uno smoking per costume e musica, tante cover assieme a qualche monologo e a rari momenti di comicità.

Se il chiarore era la dominante cromatica del varietà in bianco e nero, l’oscurità è la dominante di quello a colori; un presagio da “Caduta degli Dei”. Il vero problema è quando cominciano a mancare i Talenti che, da soli, possano reggere uno spettacolo di quasi tre ore, in diretta per giunta.

Ranieri a parte, che ripete la solita scaletta, con Fiorello affaticato e spremuto da Sanremo, con Panariello in totale crisi artistica oggi, in Italia, non c’è nessuno in grado di sostenere un “One Man Show”. I tentativi con Mika e Virginia Raffaele hanno avuto ottime critiche, senza fare il pieno di ascolti; peggio sono andate le “monografie camera e cucina”, su RaiUno, con Fiorella Mannoia, Patty Pravo e Loredana Bertè.

Per non parlare del delirio ruotato attorno al cartone “Adrian” e al presunto e mai realizzato spettacolo di Adriano Celentano, su Canale5.

Ci sarebbe Maurizio Crozza, oggi il miglior attore italiano, che ai tempi de La7, faceva un programma, “Crozza Italia”, che se trasportato su una Rete ammiraglia e con mezzi adeguati, avrebbe potuto coprire un vuoto ormai difficilmente colmabile. Purtroppo ha preso una deriva dalla quale difficilmente potrà tornare indietro.

A volte gli agenti degli artisti, per avidità, sono la loro disgrazia.

Infine c’è l’ultima mistificazione di quei geni di RaiUno che spacciano per Varietà quello che in gergo, da quelli colti, viene chiamato “Emotainment musicale”.

“Canzone Segreta”, venerdì RaiUno, non è uno Show ma solo l’ennesima riproposizione o variante come è di moda dire, di “Caramba che Sorpresa”; a sua volta una particella di quella fucina di idee che è stato “Portobello”, di Enzo Tortora.

Si tratta di un “fritto misto” di ospiti, professionisti famosi e di ogni genere, seduti su una poltrona e usati, attraverso la canzone della loro vita, per suscitare emozioni allo spettatore tramite la loro finta sorpresa nell’osservare un susseguirsi di filmati, fotografie e proiezioni che ripercorrono i momenti più importanti della loro vita.  Il tutto si consuma con dei tempi lunghi imbarazzanti. Un giochino da Talk pomeridiano!

Ed è un peccato aver bruciato un talento come Serena Rossi, ottima attrice e ottima cantante, che si lascia andare a inutili cadenze napoletane tanto per “far carretta”.

A questa direzione mancano proprio i fondamentali su cosa significhi un grande Show: non si manda in video la propria Star, con una pettinatura tipo mocio vileda” e con un vestito nero e le scarpe chiare, come nemmeno al mercato di Piazza delle Erbe.

 

1920 1080 Gianfranco Gatta
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