La campagna elettorale si accende nei toni, soprattutto in Televisione. Più che i politici sono i vari commentatori, la solita “compagnia di giro”, che dibattono tra loro a suon di offese basate sul turpiloquio e i soliti benpensanti si indignano.
In principio fu quel monumento della cultura italiana che era Cesare Zavattini a sdoganare, fuori da qualsiasi ipocrisia, la parola cazzo, pronunciandola in radio. Fu un fatto epocale di fronte al quale il potentissimo, abilissimo e cattolicissimo Ettore Bernabei, padre e padrone della Rai, si trincerò dietro un imbarazzante silenzio. Era Cesare Zavattini, padre del neorealismo italiano. Si fosse trattato di uno dei magnifici quattro: Mike Bongiorno, Pippo Baudo, Corrado o Enzo Tortora, Bernabei non avrebbe esitato ad esiliarli per sempre dall’etere intero.
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Da sempre il turpiloquio è di uso corrente nel gergo popolare, così come la parolaccia da sempre è traino di risate per gli attori, nei loro spettacoli. Fu la damnatio per Lenny Bruce, il grande comico americano, monitorato a vista dall’F.B.I. durante i suoi spettacoli, pronta ad arrestarlo ogni qual volta il monologo diventava eccessivamente scurrile, per la pubblica morale.
La comicità surreale portata in TV da calibri come Enzo Jannacci, Cochi e Renato e pochi altri, declassò gli attori “popolari” a semplici guitti, senza per questo levargli un minimo di successo al botteghino. Anzi!
Il “boccaccesco” trovò al cinema la sua dignità con “Amici miei”, per merito del toscano Mario Monicelli, che rispolverò la vecchia goliardia universitaria, tanto cara a Gabriele D’Annunzio e attingendo a episodi di vita vissuta dal giovane Galeazzo Ciano assieme ai suoi compagni di corso, in quel di Firenze. (vedi gli schiaffi alla stazione)
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In una sorta di compromesso storico tra il non sense e lo scurrile nasce il doppio senso, un modo elegante per sotto intendere, senza esporsi troppo; esilarante Luciana Littizzetto con la sua declinazione degli organi maschili e femminili: “Il Walter” e “La Jolanda”.
Per rimanere in terra di Toscana o meglio tra gli scogli livornesi, “Il Vernacoliere” usa il vernacolo, appunto, come lingua correntemente parlata dal popolo, inserito come intercalare, senza alcuna intenzione di offesa. In realtà svela un mondo che è tutto da ridere, soprattutto nei titoli.
Quello che alla satira non è concesso è quello di deridere la vittima sui propri difetti fisici, questo è insopportabile da sempre, prima ancora che nascesse la mania persecutoria e ossessiva del politicamente corretto.
L’unico che oggi si può permettere, senza incorrere negli strali dei mille movimenti contro il body shaming è il sito di Dagospia, che nei suoi “strilli” non lesina lemmi come: frocio, nano, gobbo e le più astruse posizioni del Kamasutra. Qualsiasi altra testata provasse a farlo sarebbe messa al rogo. Mistero della stampa!
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Che poi, intendiamoci, per offendere qualcuno non si è costretti a ricorrere per forza ad un termine volgare, basta dargli del disonesto o del mentecatto, per fare un esempio; o si può ricorrere a delle citazioni colte, come il professor Giulio Tremonti ha fatto nei riguardi del premier Draghi per ben tre mesi in tutti i Talk Show, citando Carlo Maria Cipolla e il suo testo sulle cinque leggi fondamentali della stupidità umana. Ora che è candidato e il suo capo partito, Giorgia Meloni, ha un filo diretto con Mario Draghi, rimane “intelligentemente” in silenzio.
Sempre in ambito televisivo, poco tempo fa è andata in onda la saga dell’ipocrisia. E’ successo che durante la partita Lazio-Napoli, l’arbitro ha negato un rigore ai laziali, per la verità “grande come una casa”, come si dice in gergo. Maurizio Sarri, allenatore della Lazio, in conferenza stampa ha usato toni durissimi nei confronti dell’arbitro, ben oltre il consueto cornuto. Nella trasmissione “90 minuto”, Rai Due, Marco Tardelli, uno che da immenso calciatore smoccolava peggio di un camallo, si è lanciato con un’infinita intemerata contro Sarri, per i toni usati in conferenza stampa e con lui a seguire il conduttore e gli altri ospiti presenti. Nessuno che sia entrato nel merito della questione. La buona educazione come foglia di fico della disinformatia!
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