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La TV dei Clan

Tempo di lettura: 3 min.

La politica in televisione

In principio, nel teatro, erano carri di girovaghi che sbarcavano il lunario con spettacoli circensi e racconti di mitologia, nelle piazze dei mercati sparse per i territori. Con l’avvento del potere temporale della Chiesa, furono costretti a sospendere le loro rappresentazioni nel periodo che precede la Santa Pasqua e quindi patire la fame, vivendo di sole offerte. 

Dal momento che i paramenti sacri, nel suddetto periodo, sono di colore viola, ecco che nasce la superstizione verso questo colore che ricorda gli stenti subiti. Inoltre furono condannati ad essere sepolti in una fossa comune, in terra sconsacrata; un’usanza durata secoli.

Poi vennero le botteghe, dove il “master” era il capocomico attorno al quale tutto girava e su tutti comandava. Infine arrivarono le scuole alle quali, tutt’oggi, si appartiene con l’orgoglio tipica di una èlite. Da Shakespeare a Strasberg, da Silvio D’Amico a Gassman, per passare dalla “Compagnia dei Giovani” a Proietti, che si chiamino accademie, laboratori, scuole o botteghe hanno l’impronta tipica della confraternita universitaria: il senso dell’appartenenza e della superiorità intellettuale. Un po’ come quelli che si intendono al volo, nell’aver letto Proust ne: “Alla ricerca del tempo perduto”.

Insomma una sorta di minoranza che si autoprotegge.

Dal Teatro alla Politica, il passo è breve; anche qui c’è una genesi che vede i teatranti deridere il potere, usando lo sberleffo, a volte becero a volte sofisticato ma mai direttamente rivolto al Sire, per non incorrere nelle sue ire. Basta leggere l’italiano “Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno” in contrapposizione al personaggio tedesco del Till Eulenspiegel, che paga con la vita la sua irriverenza, per comprendere quanto fosse sottile all’epoca il confine tra la vita e la morte per i giullari.

Nei tempi moderni, parliamo del Secondo Novecento, si è creata una commistione tra politica e spettacolo, come del resto tra politica e informazione, che si può definire come “Strategia del consenso”, creando delle aree di appartenenza politica. Oggi chiunque faccia spettacolo o informazione viene etichettato politicamente; se non è tragedia è farsa!

Fermo restando che lo spettacolo televisivo e canoro, in Italia è in buona parte controllato dalla malavita organizzata e chi scrive sa di cosa parla, avendone subito le conseguenze in prima persona, resta la sponda politica di gruppi di lavoro, che si possono definire clan, spesso in contrapposizione tra loro anche se della stessa area.

L’Infotainment è il pascolo preferito per imporre la propria strategia di consenso, ovvero la fusione tra informazione e intrattenimento. Monarca assoluto è Fabio Fazio, con il suo “Che Tempo che fa”, ora Rai Tre, dove travestito da giullare, dotato di incommensurabile e finto perbenismo, coinvolge i suoi selezionati ospiti in una messa cantata tutta all’impronta del: “Come siamo bravi e buoni noi che la pensiamo allo stesso modo.” Con quel compiacimento per le affinità elettive che produce una melassa indigesta, che porta la glicemia a livelli clinici da ricovero. 

 
 
 
 
 
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Sullo stesso terreno si muove “Propaganda Live”, La7, figlio spurio di quel gioiello che fu “Gazebo”, Rai Tre. La tipologia di “Clan” è la medesima: non si entra se non della stessa parte politica; ma a differenza del sopra citato Fazio, qui si è in presenza di talento e puro umorismo, tanto da riferirsi a titani del passato come Guareschi, Longanesi, Marchesi fino a Flaiano.

Battute e aforismi, ben lontani dal vernacolo, nascono all’impronta suggeriti dalla cronaca, seguendo il canovaccio dettato dai tweet cercati su internet, senza far sconti a nessuno. Il limite è che si rimane sempre nel campo della politica, quando ben altri mondi andrebbero scoperchiati e messi alla berlina.

Diego Bianchi, in arte Zoro è un talento destinato a rimanere grezzo nonostante abbia “i tempi giusti”, mentre Makkok, Marco Dambrosio è genio puro oltre che fulminante fumettista; possiede il dono di trasformare in poesia una striscia disegnata.

Il giorno che usciranno dall’ombelico della politica per affrontare il mondo reale saranno forse destinati a un grande show.

150 150 Gianfranco Gatta
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