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La TV degli antipatici

Tempo di lettura: 3 min.

Provocatori e caporali

In un mondo che… ci vuole tutti rassicuranti, politicamente corretti, possibilmente belli biondi e con gli occhi azzurri, i provocatori” sono visti come antipatici e fastidiosi; per parafrasare un vecchio film: “Brutti, Sporchi e Cattivi”.

In Televisione interpretano un ruolo in commedia, proprio per rispettare l’ipocrisia della Par condicio: un pro e un contro per affrontare qualsiasi argomento. Rimane impressa nella memoria l’ottusità di quella dirigente di un programma televisivo che, trattando l’argomento “OGM”, pretendeva che presente in studio ci fosse qualcuno a parlare in favore degli organismi geneticamente modificati, nei tempi dove nessuno nell’intero mondo scientifico e politico italiano era favorevole.

Si risolse con l’intervento di un alto prelato del Vaticano che spostò il problema sulla fame nel mondo, parafrasando una qualsiasi aspirante Miss Italia. Per dire che “gli antipatici” esistono anche “dietro le quinte”.

Per quanto possano essere sinonimi, l’antipatico non va confuso con il cattivo, l’antagonista del protagonista e che spesso è il ruolo più ambito dagli attori. Per fare un esempio nel calcio: Erik Cantona era un giocatore “cattivo”, veramente cattivo, ma la stragrande maggioranza del pubblico lo adora tutt’ora.

In questo gioco delle parti spesso, i provocatori, quando non sono demagogici, sono i più interessanti e riescono a conquistare l’attenzione del pubblico; personaggi come Giuseppe Cruciani, Selvaggia Lucarelli e Vittorio Sgarbi, tanto per citarne alcuni, sanno argomentare con arguzia e sofismo, tanto da risultare se non simpatici quanto meno più incisivi dei loro interlocutori.

Uno dei primi opinionisti antipatici in Tv fu lo storico Giordano Bruno Guerri, uso ad argomentare con ferocia e sprezzo verso gli interlocutori. Da quando gli è nato un figlio ed è diventato presidente della “Fondazione Vittoriale degli italiani”, non solo è diventato istituzionale e bipartisan ma ha fatto suoi atteggiamenti di cortesia e galanteria. Potenza dei bambini!

Tornando ancora indietro nel tempo, il primo vero antipatico in televisione fu il professor Kranz, interpretato da Paolo Villaggio, negli anni 60. Era un prestigiatore pasticcione, che usava toni aggressivi, tipici dello “stupido e autoritario”, nei confronti del pubblico in sala. Ebbe un grandissimo successo a dimostrazione che il pubblico ama i cattivi.

L’etimologia insegna che antipatico è “contro il pathos” ovvero mancanza di empatia e la Televisione è piena di personaggi che pur fingendo simpatia e cortesia, del proprio prossimo non interessa assolutamente nulla, essendo presi solo dal loro egocentrismo.

Quando “il personaggio” prevale sulla “persona” accade quella mutazione che Alberto Arbasino declinava con: “Giovane promessa, solito stronzo, venerato Maestro”.

Una citazione, a parte e doverosa, la merita Fabrizio Frizzi che nella vita, come in Televisione è sempre stato una bella persona mai un personaggio.

In un gruppo, che sia un posto di lavoro o di altra entità sociale, si trova sempre chi distingue per la sua arroganza, per la sua mancanza di empatia o, peggio ancora, per essere mellifluo; insomma l’antipatico di turno. Totò ne fece un film capolavoro: “Siamo uomini o caporali”.

Ed è sul solco di Totò che nasce “TV Talk”, RaiTre, che fin dal titolo fa capire l’aria che tira: un talk televisivo che parla di televisione ovvero il massimo dell’autoreferenzialità. Un programma zeppo di “caporali” a cominciare dal gruppo di analisti, studenti e giovani laureati che vorrebbe dibattere sulla settimana televisiva appena conclusa, ma formulano domande scritte dagli autori con un piglio da primi della classe.

Caporali di giornata: Cinzia Bancone e Sebastiano Pucciarelli. La prima si occupa del Web e rivolge all’ospite di turno la domanda “più interessante” che proviene dalla Rete, della serie: la piaggeria corre sul filo. Il secondo ha il ruolo del polemista, per finta, con l’aria sussiegosa da professor universitario.

Poi c’è tal Silvia Motta, detta “nostra signora degli ascolti”, che analizza i dati Auditel e si auto definisce “audience voice di tv talk”, (?) facendo intendere per suo un lavoro, quello del rilevamento dati, compiuto da terzi.

Leggere i numeri non significa analizzarli, prendendo ad esempio Alessandra Ghisleri, la vera signora dei sondaggi per competenza e lucidità di analisi, senza bisogno di leggere. In questo programma, a parte gli ospiti, tutti leggono il copione scritto, non c’è un solo momento spontaneo e di connessione con quel che dice l’interlocutore. Più Fiction che Talk!   

Si passa per gli opinionisti, ospiti a rotazione, dove spicca il “professor associato di giornalismo radiofonico e televisivo”, Giorgio Simonelli. Uno che non ha mai girato un metro di pellicola in vita sua e che va in televisione, il sabato alle tre di pomeriggio, a parlare di prossemica senza spiegare cosa sia. Ma dai! Come se il Professor Odifreddi, matematico, ospite di Marzullo alle due di notte, parlasse di stocastica.

Infine il caporal maggiore, Massimo Bernardini. Di lui si può dire quel che Enzo Biagi disse di Berlusconi: “Se avesse una punta di tettine farebbe anche l’annunciatrice!” La sua compiacenza nello stare in video lo porta a confondere la conduzione di un Talk con quella di un Varietà, quando deve presentare un ospite lo fa con il piglio di una soubrette, con voce stridula come quella di una gazza ladra.

Quando rientra nei panni del giornalista composto, timorato di Dio, inanella una serie di intercalari tipo: “come dire”, “lasciami dire”, “fammi dire”, “devo dire”, senza mai farsi mancare la ormai stucchevole citazione di Umberto Eco, “coniugare l’alto con il basso”.

Unbearable!

 

 

 

 

 

 

 

 

150 150 Gianfranco Gatta
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