Una mini-serie che esplora la vita straordinaria di una campionessa di scacchi, divisa tra talento, demoni interiori e la lotta contro un sistema che non la capisce
Che finiscano arse le torri senza fine
e gli uomini rammentino quel volto,
muoviti con la massima leggerezza se devi
in questo luogo deserto.
Lei pensa, una parte donna, tre parti bambina,
che nessuno guardi; i suoi piedi
si esercitano in una danza popolare
presa dalla strada.
Come un insetto dalle lunghe zampe sulla corrente
la sua mente si muove sul silenzio.Questo estratto della poesia “L’Insetto dalle lunghe zampe” di W.B. Yeats si trova nell’apertura del romanzo di Walter Tevis “La Regina degli Scacchi” (titolo originale “The Queen’s Gambit”) e riassume quello che è il tema centrale dell’opera: i meccanismi del genio femminile.
Arriva su Netflix oggi 23 ottobre l’adattamento per il piccolo schermo, una mini-serie in sei episodi che già dal trailer si prospetta carica di pathos, allucinazioni, cinematografia avvolgente e una protagonista decisamente memorabile.
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La regina degli scacchi racconta la storia di Beth Harmon, interpretata dall’intensissima Anya Taylor-Joy, già protagonista dell’ultimo eccellente adattamento di Emma. Beth rimane orfana e finisce in un orfanotrofio, dove sembra essere condannata a una grigia e anonima vita. Tutto cambia quando scopre di avere un talento decisamente raro per gli scacchi: questa enfant terrible, brillante e distaccata, inizia la sua scalata nel circuito professionale degli scacchi, dove trova ad essere unica ragazza in un “club” per soli uomini, divisa tra il suo talento geniale e una serie di dipendenze da cui sembra non poter fare a meno.
Sullo sfondo l’America degli anni ’50 e ’60, tra Guerra Fredda, spinte al tradizionalismo e la nascita dei movimenti femministi e hippy.
Una delle cose che mi ha maggiormente affascinata, quando sono venuta in contatto con questa storia è la caratterizzazione della protagonista. Non so voi, ma ho sempre avuto un’incredibile fascinazione per i personaggi geniali e tormentati, ancora di più quando riescono a farsi strada in un mondo ostile usando la propria forza e talento. Eppure se ci pensiamo, questi “tipi”, complessi, sfaccettati, a volte degli antieroi, vengono quasi sempre declinati al maschile. Sembra che esista ancora uno stigma nel rappresentare donne che non siano del tutto “likeable” e che abbiano delle caratteristiche, di intensità mentale, di personalità anticonformiste, che si discostano dai canoni della società. Forse perché si pensa che non esistano o che sia meglio non esistano.
Beth è un personaggio estremamente sfaccettato: geniale, solitaria, totalmente sconnessa dalle convenzioni sociali del tempo, stilosa e amante della bellezza in un modo tutto suo, tormentata da una dipendenza dai tranquillanti (somministrati sin dai tempi dell’orfanotrofio, per tenere i bambini “tranquilli”) e dall’alcool, si rifugia nelle tranquille caselle della scacchiera, che appaiono nella sua mente e sul soffitto della sua stanza e rappresentano una parvenza d’ordine e di controllo, e di connessione con il mondo, su una mente che lasciata a se stessa teme di sprofondare nella follia.
Una donna così fuori dagli schemi, che si ritrova sola in un ambiente di geni (e presunti tali) estremamente maschilista, dove viene giudicata prima per il suo genere ma vorrebbe semplicemente essere riconosciuta per ciò che è, una giocatrice di talento e basta.
In un’intervista a Tv Insider Anya Taylor-Joy ha dichiarato: “una delle cose più belle di Beth è che è così distanziata dalla società e dalle aspettative che la società ha su di lei che rimane sconcertata per il fatto che le persone parlino di più del suo genere che del suo talento eccellente per gli scacchi. È straordinario avere la sua prospettiva, perché fa realizzare quanto sia ridicolo giudicare le persone in base a categorie, del tipo “oh non puoi essere glamour e giocare a scacchi”. […] Voglio mostrare un essere umano complesso, il fatto che sia un genio non esclude che possa ad esempio amare la moda. Non si possono categorizzare le persone attraverso standard consueti, bisogna accettare tutte le loro sfaccettature”.
La regina degli scacchi è una storia femminista ma in un senso quasi più ampio del termine, dove una donna combatte contro un mondo ostile per essere riconosciuta non in quanto donna, ma in quanto persona.