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Glass Generation

La Glass Generation è davvero così fragile?

Tempo di lettura: 2 min.

Gli Alpha, nati dopo il 2010, sono la generazione della fragilità e della trasparenza: quelle della Glass Generation sono viste come qualità o difetti?

Nel gioco del “ai nostri tempi”, le generazioni hanno delineato le proprie caratteristiche in modo che prevalessero una o più virtù: i Boomer sono stati i paladini dell’ottimismo e del benessere economico, gli X quelli dell’intraprendenza; ambiziosi e competitivi i Millennial, digitali e multiculturali i Gen Z (sì, anche loro stanno invecchiando e partecipano a questo gioco inutile). Tutte senza macchia, miopi ai difetti, pronte a prevalere moralmente una sull’altra. Solo una cosa le unisce: l’aria di superiorità verso la generazione Alpha dei nati dopo il 2010 che, nonostante il titolo da capobranco, viene vista come troppo fragile, di cristallo.

Alcuni psicologi dell’educazione usano il termine Glass Generation per riferirsi agli adolescenti contemporanei, dai 13 ai 15 anni, ma si potrebbe applicare anche ai tardo-gen Z. Con glass ci si rifà a tre aspetti: alla fragilità intesa come maggior vulnerabilità psicologica ed emotiva; alla trasparenza rispetto alla capacità di mostrarsi autenticamente, parlando delle proprie emozioni, consapevoli delle proprie difficoltà;  all’iperconnessione, agli schermi, di vetro appunto, di tablet e telefoni.

La loro giovinezza, età della spensieratezza per antonomasia, è stata ed è segnata da profonde crisi a livello mondiale, come la pandemia, la guerra ai confini dell’Europa, i conflitti riaccesi in medio Oriente, i crescenti e apparentemente incontrovertibili rischi ambientali. Un contesto storico in cui sono immersi quotidianamente, che rimbomba anche negli spazi digitali da loro frequentati, fonte di un carico di informazioni travolgente (gli psicologi parlano di infobesità) per il quale non possiedono ancora tutti gli strumenti necessari per gestirlo.

Da questo quadro, emerge una generazione che guarda con preoccupazione e ansia (molta ansia) il suo futuro, percependo una instabilità esistenziale sconosciuta alle generazioni precedenti. Generazioni, quelle dei genitori ad esempio, con le quali non hanno difficoltà a essere trasparenti, a parlare dei propri stati d’animo. La ricezione di queste emozioni varia però a seconda dell’anagrafe dei genitori: maggior ascolto e spesso ulteriore fonte di ansie se sono Millennial (la generazione che vive la genitorialità in modo più apprensivo a quanto pare), minore empatia e minimizzazione per protoMillennial e Gen X. Un comportamento, soprattutto da parte degli X, dettato da una scarsa educazione all’interrogazione interiore e alla manifestazione delle proprie fragilità.

Glass Generation

La questione sulla presunta fragilità dei più giovani, che presuppone in chi lo afferma un senso di superiorità infondata, dovrebbe andare al di là dei derby generazionali citati nel primo paragrafo, anche perché tendenzialmente l’etichetta di generazione peggiore la mette sempre qualcuno che difficilmente vuole ed è in grado di ascoltare veramente le ragioni degli ultimi arrivati. La Glass Generation è davvero così ansiosa o semplicemente è più consapevole? Le generazioni passate non avevano la possibilità di essere così esposti alle informazioni oppure le hanno ignorate? Le avvisaglie della crisi ambientale, i conflitti, le ingiustizie sociali a livello globale, non esistevano oppure si è preferito ignorarle? E ignorandole quanto si è complici del risultato finale lasciato in eredità agli adolescenti di oggi?

Forse sono troppi punti interrogativi per chi distribuisce patenti di fragilità; rispondervi sarebbe un buon esercizio per provare a essere un po’ più trasparenti ogni tanto. Soprattutto con se stessi.

Illustrazione di Gloria Dozio – Acrimònia Studios
2560 1440 Federico Ingemi
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