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Ti sei mai chiesto cosa fa un copywriter?

Abbiamo incontrato Noemi Mariani, giovane copywriter, content creator che ci ha spiegato che il vero dilemma non è “cosa fa un copy” ma “come riuscire a smettere di fare il copy”

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È sempre più difficile dare una definizione attuale a professioni che non smettono di cambiare, adattarsi ai tempi, assumere quasi ossessivamente forme diverse.

Il copywriter, poi, è uno di quei lavori che fuori dal contesto in cui si applica è ancora oggi sconosciuto alla maggior parte dei profani. Nessuno sa di cosa si parli nonostante siano, guarda caso, proprio le parole a dargli dignità d’essere.

Per questo e tanti altri motivi ho deciso di incontrare Noemi Mariani, copywriter dal 2015, da poco freelance con un unico e chiaro obiettivo: metterci la faccia.

 
 
 
 
 
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Ciao Noemi, cosa fai nella vita?

Mi piace pensare che quando emetto una fattura, avendo la partita Iva attribuisco a questa azione un’enorme importanza, quello che ho fornito al cliente è prima di tutto un mio pensiero, una mia idea tradotta in parole.

Dice Wikipedia: il copywriter è “la persona che scrive tutte le parole della pubblicità. Lavora all'interno di un'agenzia pubblicitaria e insieme al direttore artistico forma la coppia creativa.” Ma in realtà questa ERA la definizione del copy.

La comunicazione evolve a una rapidità impressionante e chi lavora in questo settore lo sa. Oggi è forse più corretto parlare di “contenuti” più che di “parole della pubblicità”.

Io lavoro soprattutto sui social e nel digital. La coppia creativa è diventata un’assemblea di condominio o un’orgia collettiva, a seconda dei propri mondi di riferimento, dove si trovano anche lo strategist, l’analyst, il social media manager, il grafico, il producer.

Le persone non immaginano quanto lavoro ci sia dietro un singolo post su Instagram. In aggiunta a tutto questo, realizzo contenuti video su @mangiapregasbatty. Di base il brand sono io.

L’obiettivo è quello di diventare una content creator/intrattenitrice digitale. Per essere più chiara: penso ai contenuti, li realizzo mettendoci la faccia, qualcuno mi paga (per ora nessuno ma spero che questo momento arrivi prima o poi) così posso pagare le bollette ed essere felice.

 
 
 
 
 
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Come spieghi ai tuoi genitori cosa fa un copywriter?

Nonostante faccia questo lavoro dal 2015, sono certa che mia madre ancora non saprebbe dire alle sue amiche cosa faccio. Quindi, o sono io che non so spiegare bene le cose – e qui gradirei l’intervento dei lettori, datemi dei feedback! – o è semplicemente colpa di mia madre che, essendo del segno del Toro, fa fatica a concepire come vero tutto ciò che non sia concreto e materiale.

L’esempio che mi piace fare è: hai presente “Coca-Cola, stappa la felicità?” ecco, quello lo scrive un copy. Ma con i miei genitori posso permettermi di essere sbrigativa.

Quello che posso aggiungere per voi, è che un cliente può chiamare un copy per fare un piano editoriale sui social (quindi post e stories), se ha bisogno di comunicare un prodotto/servizio attraverso dei format video o se ha bisogno di scrivere il voice over per un video. Un copy però fa anche altro.

Per esempio scrive i testi dei siti e delle newsletter o, la mia cose preferita in assoluto, trova i nomi di nuovi prodotti/servizi/eventi. 

 
 
 
 
 
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Come si inizia a fare questo lavoro?

La vera domanda è: “come riuscire a smettere di fare il copy?”. Se qualcuno ha la risposta mi scriva in DM. Ovviamente scherzo. Non esiste una vera risposta.

A Milano conosco due opzioni: la scuola politecnica o Accademia di Comunicazione. Io ho frequentato l’Accademia. Ma il mio approdo nel mondo della comunicazione è stato tutto tranne che lineare. Ho studiato psicologia all’università e fino ai 25 anni non sapevo neanche cosa fosse un copywriter.

Mentre ero in Australia ho cominciato a scrivere @mangiapregasbatty (il mio blog ormai defunto, diventato ora pagina Instagram) ed è stato grazie a questo slancio creativo che il mio migliore amico mi ha illuminata con un: “Perché non provi a fare la copywriter?”.

Poi Accademia, come dicevo, stage in agenzia e ora freelance. Non esiste un’unica via. Anzi…

Il mio consiglio è sempre quello di spaziare il più possibile. Un mio compagno di master aveva fatto l’ingegnere per 10 anni e poi aveva deciso di seguire la sua indole.

Attingete da più fonti possibili. Io sono quella che ti sconsiglia di fare “Scienze della comunicazione”. Se avessi studiato questo all’università, avrei scoperto a 19 anni cos’è un copy e mi sarei persa molto altro.

 
 
 
 
 
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Qual è il progetto di cui sei più orgogliosa?

Ho una cartella sul computer con una serie di progetti che non vedranno mai la luce del sole e sinceramente sono più dispiaciuta per questo che orgogliosa di qualcosa che ho fatto. Un’altra grande verità di questo mondo è che sono più le idee che vengono cestinate che quelle che vengono realizzate. Pensando invece a ciò che ho fatto, non posso non citare Goovi, il brand di Michelle Hunziker. Mi sono occupata per quasi due anni della comunicazione social in veste di copy/autrice e devo dire che sono stati realizzati contenuti di cui vado molto fiera.

E soprattutto mi sono divertita molto nel realizzarli, cosa per me fondamentale.

 
 
 
 
 
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E il copy?

I miei copy preferiti sono tutti i nomi che ho dato ai miei progetti personali da “mangiapregasbatty”, al titolo del mio libro su Tinder che si chiama Ma Tinderesso Veramente?” fino ad arrivare al nome della mia società: Zoca Studio.

 
 
 
 
 
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Cosa cambia nel tuo lavoro tra digitale e TV?

Premetto che ho perso il digitale terrestre 2 anni fa e che sono quindi due anni che non guardo la televisione. Parlando del digital, dal momento che esiste una targhettizzazione molto accurata, si può parlare in molti modi diversi.

La comunicazione è più rapida, spesso vive di immagini, l’attenzione delle persone è molto bassa, il nemico numero uno è lo scroll. Però si può sperimentare molto e soprattutto c’è un approccio diretto alla performance: tempo un giorno puoi capire se il contenuto che hai elaborato funziona o no e di conseguenza modulare, cambiare, sperimentare cose nuove.

La tv è più lenta. I prodotti di cui si parla sono quelli che trovi al supermercato. Oppure gli spot delle auto. Un po’ le “classiche” cose da televisione.

 
 
 
 
 
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Che consiglio daresti a chi vuole fare il tuo lavoro?

Quello che mi sento di dire è che bisogna essere creativi. La creatività è un tratto di personalità. Non viene insegnata. Esistono sicuramente delle tecniche, si può migliorare ma dal mio punto di vista ci si nasce. Quindi prima domanda da fare a sé stessi è: sono creativo? Mi piace produrre idee? Mi piace dare nomi alle cose? Se la risposta è sì, siete già a buon punto.

 
 
 
 
 
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Chi è il più grande copywriter in questo momento?

Non ne ho fortunatamente nessuna idea.

Comunque ci tengo a specificare che il copy è come un impiegato. Non è un artista, non è un performer. Anzi, l’80% delle persone, forse anche di più, non ha minimamente idea di cosa faccia un copywriter. Questa cosa deve far riflettere.

Cosa significa comunicare?

Significa fornire una visione. La comunicazione influenza il pensiero ed è come il limo tanto caro agli egizi: rende tutto più fertile, se usata con intelligenza. Comunicare significa predisporre la mente all’apertura e allo scambio. Dalla comunicazione derivano grandi responsabilità.

 
 
 
 
 
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Qual è il processo attraverso il quale crei un copy?

È un processo che a volte procede per inferenze, per assonanze, per metafore, per ossimori. La creatività si muove in tutte le direzioni. Spesso si parla di “pensiero laterale”, significa unire mondi diversi che hanno solo un piccolo punto in comune ed è proprio da quel limitato terreno comune che si parte. Prima nasce l’idea, poi si trovano le parole più giuste per esprimerla.

 
 
 
 
 
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Quando consideri vincente un copy?

Sarà scontato e banale, ma quando te lo ricordi. Nel bene e nel male.

Cosa volevi fare da piccola?

Ho iniziato con la veterinaria, poi mi sono spostata sulla criminologia (pazza) e per un po’ di anni i crimini e i delitti sono stati al centro dei miei interessi, complice una somministrazione senza filtri e censure de “La signora in giallo” sin dalla più tenera età.

 
 
 
 
 
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Cosa vuoi fare da grande?

Voglio fare ridere. La forma attraverso cui la risata può prendere vita è ancora da definire: video, stand up comedy, libri. Non lo so, ma mi piacerebbe molto riuscire nell’intento.

 
 
 
 
 
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Su due piedi: un claim per Acrimònia?

Diamo voce a menti incandescenti.

 
 
 
 
 
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