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Sulla scia di Columbine l’America uccide

Dal massacro alla Columbine High School nel 1999, dove morirono 12 studenti, un insegnante e i tre attentatori, alla strage di Uvalde nulla è cambiato negli USA, anzi!

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Non si può parlare di caso isolato se si nota che dall’inizio dell’anno ci sono state ben 39 sparatorie all’interno di Istituti scolastici e Università americane, mentre l’anno prima si sono registrati 61 casi analoghi. Il dato più raccapricciante è che negli ultimi dieci anni, negli USA, 900 sono stati gli attentati nelle scuole.

Gli esperti ci raccontano che i killer sono quasi tutti maschi, prevalentemente in età adolescenziale, affetti da disagio mentale, per lo più vittime di bullismo e agiscono prevalentemente grazie all’effetto emulazione. Un’analisi basata sulla statistica e su un’elementare “bassa psicologia”, che a nulla serve per prevenire simili episodi.

 
 
 
 
 
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Eppure la strage nella scuola elementare di Uvalde, Texas, poteva essere evitata in tempi opportuni dato che i prodromi della follia in Salvador Ramos, il giovane killer, erano più che evidenti; prima di uccidere 19 alunni, 2 insegnanti e provocato la morte del marito di una delle due per crepacuore, il ragazzo aveva annunciato le sue intenzioni sui social e parlato con frequenza della sua folle idea. Appena compiuto diciotto anni ha investito quattro mila dollari, risparmiati con lavoretti, nell’acquisto di due fucili; solo la nonna ha provato a fermarlo, poco prima che uscisse di casa ed è rimasta gravemente ferita da una fucilata.

Ad aggravare una situazione già tragica di per se c’è la totale imperizia delle forze di polizia, come raccontano i testimoni: C'erano almeno 40 poliziotti armati fino ai denti ma non hanno fatto niente finche' non e' stato troppo tardi”. E’ quello che dice il padre di una delle vittime che aggiunge: “Sono passati almeno 90 minuti tra la prima chiamata ai soccorsi e l'intervento della squadra tattica che ha ucciso Salvador Ramos, mentre fuori dalla scuola la folla incitava gli agenti a entrare, ma nessuno si e' mosso”.

 
 
 
 
 
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Un’ulteriore follia “giustificata” dal fatto che si aspettava il custode con le chiavi per poter entrare!

L’America è così: un ragazzo appena diciottenne può avere problemi per comprare una birra, in alcuni Stati servono ventuno anni, ma può tranquillamente acquistare un’arma, tanto è vero che negli USA girano più armi che automobili.

Come di consueto (!) riparte la solita polemica contro l’industria delle armi che è un po’ come prendersela con l’industria automobilistica di fronte agli innumerevoli incidenti stradali; un modo di vedere la pagliuzza e non la trave! Il problema vero è culturale e di conseguenza legislativo.

L’America non è l’Upper Side di Manhattan o di Boston, non è Beverly Hills o Miami, siti suggestivi per il cinema o le serie televisive ma un composto di circa 330 milioni di abitanti, di diverse etnie da cui derivano enormi problemi razziali, con conseguente disagio sociale e tra i più giovani è sempre più diffuso quello mentale, grazie al covid-19. 

 
 
 
 
 
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Abitanti sparsi per lo più in vasti distretti industriali e ancor più immense zone rurali che in comune hanno l’epopea del vecchio Far West, dove a farla da padroni erano la pistola Colt e il fucile Winchester: “Quando un uomo con la pistola incontra uno col fucile, quello è un uomo morto”! Certo, direte che è solo una battuta cinematografica ma rispecchia in pieno quella che è la visione onirica della cultura popolare americana, da non confondersi con la “cultura pop”, dove un certo tipo di machismo è tutt’ora imperante. 

Secondo lo scrittore texano Lawrence Wright, firma del New Yorker e vincitore del premio Pulitzer, il culto delle armi è stato creato ad arte dai repubblicani; vero è che la destra ha fatto delle armi un elemento di identità ma se fosse solo per questo, negli States girerebbero la metà delle armi in circolazione.

Che la lobby delle armi faccia quanto in suo potere per ottenere leggi favorevoli al commercio è naturale e nel suo pieno diritto, il problema è che le leggi le fanno i politici e nel “gioco democratico” dell’alternanza, democratici e repubblicani, le leggi sono da sempre a favore della libera vendita di qualsiasi arma. 

 
 
 
 
 
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Per il professor Gregory Alegi, docente del Dipartimento di Scienze Politiche di Storia delle Americhe dell’Università Luiss di Roma il problema è tutto nella lettura estremista del secondo emendamento della Costituzione, che recita: Una milizia ben organizzata è necessaria alla sicurezza di uno Stato libero e dunque il diritto dei cittadini di detenere e portare armi non può essere violato”. Nella visione dei padri fondatori, il diritto di portare armi a livello individuale equivaleva a quello del popolo armato perché il popolo in armi è l'esercito del Paese per difendersi contro l'invasore. Nella lettura attuale, invece, dalla sentenza Miller del 2008, è diventato il diritto estremo ed assoluto del singolo di armarsi come vuole e addirittura contro lo Stato.

Chiamateli se volete sofismi giuridici, ma per impedire la vendita delle armi a un diciottenne serve una legge apposita così come serve per la libera circolazione un preciso protocollo che preveda un patentino tramite esame, accompagnato da idoneità psico fisica. Non serve scomodare i padri fondatori per applicare il buon senso. 

I singhiozzi di Obama e Biden di fronte a questa ennesima tragedia, altro non sono che “lacrime di coccodrillo!”

 
 
 
 
 
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