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Il razzismo “silenzioso” dell’Asian Hate e il razzismo all’italiana

Il siparietto andato in onda su Striscia La Notizia ci fa ricollegare a un fenomeno molto ampio, che ha conseguenze che non sono affatto silenziose

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Può sembrare paradossale ma esistono forme di razzismo considerate come più quiete o addirittura non vengono neppure considerate tali. Invece ad osservare le cose con più attenzione, ci si accorge che sono un prodotto di qualcosa di più grande, di un sistema in cui è contenuta una violenza. Le modalità di espressione sono diverse ma alla fine la radice è sempre la stessa.

Ma partiamo dall’imbarazzante (non c’è altro modo per definirla) vicenda che ha scatenato questa discussione: pre-serale dello scorso 12 aprile, in una puntata di Striscia La Notizia, Michelle Hunziker e Gerry Scotti introducono un servizio sulla sede Rai di Pechino con uno sketch dall’humor diciamo vagamente stantio, dove mimano in modo ridicolo gli occhi a mandorla e imitano il modo in cui i cinesi pronunciano la lettera -r.

Un momento che poteva sprofondare nel calderone del pre-serale televisivo se non fosse stato ripreso dal content creator Louis Pisano e ripostata dall’iconico account Diet Prada, che smaschera i “crimini” della moda e spesso denuncia fenomeni di razzismo nei media e non solo.

 
 
 
 
 
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Per l’ennesima volta l’Italia si è trovata al centro del dibattito culturale e di certo non sotto una buona luce. E nonostante le scuse, la reazione rabbiosa di chi parla della solita noia del politicamente corretto a tutti i costi” e del fatto che non si possa fare più satira fa pensare.

La satira colpisce con ironia e sarcasmo i poteri forti e le istituzioni, ma in questo caso si parla di una minoranza etnica: e tutto ciò, sorry not sorry è razzismo. Non ha la forza distruttiva della violenza ma spesso è un’anticamera di essa e ha un potere erosivo forse più subdolo, è una violenza di tipo psicologico che attacca un popolo per caratteristiche che sono essenzialmente genetiche e innate, riducendole a qualcosa di comico, a una caricatura che dovrebbe far ridere, ma di certo non fa ridere chi le vive in prima persona.

 
 
 
 
 
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L’Asian Hate è un fenomeno di cui si parla relativamente poco ma che ha una storia tristemente antica. Basti pensare al modo in cui per quasi un secolo Hollywood ha rappresentato le persone asiatiche come caricature, in particolare (che strano) le donne, riducendole a esotiche tentatrici o figure sottomesse senza volontà.

Paesi come Cina, Giappone e Corea vengono spesso confusi e uniti in una specie di maxi-entità, perché tanto i loro abitanti “sono tutti uguali”, creature dagli occhi a mandorla e dalle usanze bizzarre e incomprensibili. E a dimostrazione del fatto che il razzismo culturale è una miccia di cose molto più distruttive, nel corso dell’ultimo anno abbiamo osservato una crescita vertiginosa di crimini d’odio nei confronti di persone asiatiche, che in un incredibile manifestazione di ignoranza, sono state considerate la causa della diffusione del Covid-19.

 
 
 
 
 
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La storia dello sketch comico di Striscia può apparire di poco conto ai nostri occhi occidentali, ma immaginiamo di essere la minoranza straniera e crescere circondata da persone che prendono in giro quello che è il nostro modo di essere. Continueremo a pensare che si tratta di uno scherzo, di qualcosa di poco conto?

Questo razzismo “all’acqua di rose” pare essere un fenomeno tipicamente italiano. Per fare un esempio, negli Stati Uniti il problema della razza è ancora purtroppo estremamente diffuso e ha una matrice estremamente violenta ma da un punto di vista culturale e mediatico, gesti e frasi vengono generalmente condannate pubblicamente (ci sono sempre luci e ombre ovviamente); in Italia ci sono casi di violenze ma allo stesso tempo esiste anche una forma di razzismo culturale, quasi casual, che spesso non viene condannata anzi, viene fatta appunto rientrare nel novero della satira e dell’umorismo.

E invece non è nient’altro che la spia di una mentalità che ancora fa fatica ad accettare una società multiculturale, con tante identità, che non sono nemiche, ma hanno una storia degna di essere valorizzata e non ridicolizzata. Ed è proprio per questo che dobbiamo partire dalle piccole cose.

 
 
 
 
 
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